La metà dei bambini non scolarizzati vive nei 36 Paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici
In Sud Sudan e nelle Filippine scuole chiuse per caldo estremo
[5 Aprile 2024]
Secondo Save the Children, «Circa la metà dei bambini o adolescenti non scolarizzati vive nei Paesi maggiormente esposti alla crisi climatica». Per arrivare a questa conclusione, l’ONG ha utilizzato i dati dell’UNESCO sui bambini che non frequentano la scuola primaria e secondaria e li ha confrontati con il punteggio del rischio di cambiamento climatico di ciascun Paese in termini di capacità di migliorare la resilienza, secondo l’indice della Global Adaptation Initiative dell’Università di Notre Dame (ND-GAIN), disponibile per 181 Paesi. A Save the Children spiegano che «Abbiamo diviso i Paesi in quintili in base al loro livello di rischio climatico, quindi abbiamo calcolato quanti bambini non scolarizzati si trovano in ciascun gruppo di rischio (quintile). Il Sud Sudan, che non era coperto dall’ND-GAIN, è stato inserito nel nostro quintile più alto in quanto è uno dei Paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici a livello globale, secondo l’indice ND-GAIN».
La nuova analisi esamina quanti dei circa 250 milioni di bambini e adolescenti in tutto il mondo che non frequentano l’istruzione primaria o secondaria (dai 5 ai 19 anni) vivono nei luoghi più vulnerabili ai cambiamenti climatici e ne è emerso che «Il 50% dei bambini e degli adolescenti che non frequentano la scuola vive nei 36 Paesi che sono maggiormente esposti al rischio degli effetti negativi della crisi climatica e meno in grado di adattarsi. tuttavia, in questi Paesi vive solo un quarto dei bambini in età scolare». Si tratta di Afghanistan, Angola, Burundi, Benin, Burkina Faso, Bangladesh, Ciad, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Congo, Comore, Eritrea, Etiopia, Micronesia, Guinea, Gambia, Guinea-Bissau, Haiti, Kenya, Liberia, Madagascar, Mali, Myanmar, Mozambico, Malawi, Niger, Nigeria, Pakistan, Papua Nuova Guinea, Sudan, Sierra Leone, Sud Sudan, Siria, Ciad, Uganda, Yemen e Zimbabwe.
Save the Children sottolinea che «A livello globale, i Paesi più vulnerabili agli effetti della crisi climatica sono quelli più poveri o più fragili, dove i bambini avevano già maggiori probabilità di non frequentare la scuola a causa di conflitti, povertà, disabilità e disuguaglianza di genere. I cambiamenti climatici, inoltre, rendono ancora più probabili eventi meteorologici estremi e disastri naturali che hanno un impatto sulla frequenza scolastica. Dal 2020, circa 62 milioni di bambini e adolescenti in 27 Paesi hanno subito delle interruzioni dell’istruzione a causa di shock climatici, con importanti conseguenze di lungo periodo sul loro apprendimento, dovute sia alla chiusura delle scuole sia all’aumento delle ondate di calore».
Lo studio “Heat and Learning – Faculty Research Working Paper Series” pubblicato nell’aprile 2018 da un team di ricercatori statunitensi ha rilevato che, «In assenza di aria condizionata, ogni aumento di 1°F della temperatura durante l’anno scolastico riduce l’apprendimento di un punto percentuale». E per i bambini dei Paesi più poveri del mondo l’aria condizionata è pura fantascienza. In Sud Sudan, dove le temperature hanno raggiunto i 45° C, il governo ha ordinato la chiusura delle scuole per due settimane. Nelle Filippine, secondo le previsioni, le temperature raggiungeranno o supereranno i 42 °C, circa il 20% in più delle medie di aprile, in almeno dieci delle 17 regioni del Paese e anche qui il governo ha chiuso le scuole.
Kelley Toole, direttrice globale ad interim di Save the Children per la povertà infantile, il clima e le aree urbane, evidenzia che «La crisi climatica è una crisi dei diritti dell’infanzia e i suoi effetti sul diritto all’istruzione dei bambini lo evidenziano chiaramente. L’emergenza climatica minaccia la possibilità di accesso all’istruzione e ha conseguenze potenzialmente di lungo periodo sui bambini, che ancora una volta sono costretti a pagare il prezzo di una crisi di cui sono i minori responsabili. Se non agiamo per difendere l’educazione dagli effetti negativi del cambiamento climatico, l’impatto sul futuro di questi bambini, che già vivono in alcuni dei Paesi con i tassi di abbandono scolastico più alti, potrà solo peggiorare. Non possiamo permetterci ulteriori disuguaglianze e ingiustizie».
Più di un miliardo di bambini, circa la metà dei 2,2 miliardi di bambini del mondo, vive in Paesi altamente vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico. Gli shock climatici e gli eventi meteorologici estremi, come cicloni, inondazioni e incendi, spesso danneggiano o distruggono le scuole e possono portare allo sfollamento dei bambini in età scolare o costringerli ad andare a lavorare per sostenere le loro famiglie. Le bambine sono le più colpite, perché hanno meno probabilità di tornare a scuola dopo un disastro o uno shock climatico.
Save the Children fa parte dell’iniziativa Building the Climate Resilience of Children and Communities through the Education Sector (BRACE), che fornisce finanziamenti per sostenere i sistemi educativi dei Paesi vulnerabili nella costruzione di scuole verdi e resilienti ai cambiamenti climatici, nell’integrazione dei cambiamenti climatici nei programmi scolastici e nella fornitura di sistemi di allerta precoce nelle scuole. Partecipa anche all’iniziativa Climate Smart Education Systems per rafforzare la resilienza dell’istruzione rispetto ai cambiamenti climatici e al degrado ambientale. Inoltre, il Comprehensive School Safety Framework, approvato da oltre 70 governi di tutto il mondo, è al centro del suo approccio per affrontare i cambiamenti climatici e garantire la continuità dell’apprendimento a tutti i bambini e le bambine.
Save the Children chiede «Una maggiore comprensione dell’impatto dei cambiamenti climatici sull’educazione, più attenzione all’educazione come parte dell’azione per contrastare il cambiamento climatico e maggiori investimenti per il clima e l’educazione a livello globale, anche in Africa, dove l’Unione Africana ha dichiarato il 2024 Anno dell’Educazione».