La proposta del Fondo monetario internazionale per aumentare i prezzi globali del carbonio
Tariffe differenziate tra Paesi ricchi, emergenti e poveri potrebbe risolvere il problema dell’equità delle carbon tax
[21 Giugno 2021]
Per rispettare l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C, m nel prossimo decennio le emissioni di gas serra devono essere tagliate tra un quarto e la metà e, secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), «Il modo più rapido e pratico per raggiungere questo obiettivo è creare un accordo internazionale sul prezzo minimo del carbonio».
Secondo Vitor Gaspar, direttore Fiscal affairs department dell’FMI, e Ian Parry esperto di politica fiscale ambientale dello stesso dipartimento FMI, «Questo è importante perché il cambiamento climatico presenta enormi rischi per il funzionamento delle economie mondiali. Le giuste politiche climatiche possono affrontare questi rischi e anche portare enormi opportunità per investimenti trasformativi, crescita economica e posti di lavoro verdi, tanto che il nostro Consiglio ha recentemente approvato proposte per includere il cambiamento climatico nella nostra regolare country economic surveillance e nel nostro financial stability assessment program. Al centro delle nostre discussioni politiche con i Paesi membri c’è il prezzo del carbonio, ora ampiamente accettato come lo strumento politico più importante per ottenere i drastici tagli alle emissioni di cui abbiamo bisogno. Rendendo le fonti di energia inquinanti più costose delle fonti pulite, il prezzo del carbonio fornisce incentivi per migliorare l’efficienza energetica e per reindirizzare gli sforzi di innovazione verso le tecnologie verdi».
Ma il prezzo del carbonio deve essere sostenuto da un più ampio pacchetto di misure per migliorarne l’efficacia e l’accettabilità, compresi gli investimenti pubblici nelle reti tecomn<nologiche pulite (come gli adeguamenti della rete per assorbire le energie rinnovabili) e le misure per assistere le famiglie, i lavoratori e le regioni vulnerabili.
«Tuttavia, a livello globale, entro il 2030 sono necessarie misure aggiuntive equivalenti a un prezzo del carbonio di 75 dollari o più per tonnellata», fanno notare Gaspar e Parry.
In vista della 26esima Conferenza delle parti dell’Unfccc che si terrà a Glasgow a novembre, l’FMI osserva «Promettenti segni di crescente ambizione climatica. Molti Paesi hanno dichiarato nuovi obiettivi climatici: 60 Paesi si sono già impegnati a essere a carbon neutral entro la metà del secolo e alcuni, tra cui l’Unione Europea e gli Stati Uniti, hanno offerto impegni più forti a breve termine. E’ importante sottolineare che i carbon pricing schemes stanno proliferando: più di 60 sono stati implementati a livello globale, comprese iniziative chiave di quest’anno in Cina e Germania».
Ma non basta ed è essenziale un’azione più forte e più coordinata nel prossimo decennio:. I due esperti dell’FMI ricordano che «Mentre alcuni Paesi stanno avanzando in modo aggressivo, l’ambizione varia da Paese a Paese facendo in modo che i quattro quinti delle emissioni globali rimangano senza prezzo e il prezzo medio globale delle emissioni sia di soli 3 dollari per tonnellata. Come effetto a catena, alcuni Paesi e regioni con prezzi del carbonio elevati o in aumento stanno prendendo in considerazione la possibilità di imporre tasse sul contenuto di carbonio delle importazioni da luoghi senza schemi simili. Da una prospettiva climatica globale, tuttavia, tali adeguamenti del carbonio alle frontiere sono strumenti insufficienti poiché il carbonio incorporato nei flussi commerciali è in genere inferiore al 10% delle emissioni totali dei Paesi». L’FMI si riferisce evidentemente alla carbon tax alle frontiere dell’Unione europea.
Per Gaspar e Parry, «In parte, il progresso più lento riflette quanto possa essere difficile per i Paesi aumentare unilateralmente le politiche di mitigazione per soddisfare i loro impegni per l’Accordo di Parigi, non da ultimo a causa delle preoccupazioni su come ciò possa influire sulla loro competitività e delle preoccupazioni che altri potrebbero non corrispondere alle loro azioni politiche. La partecipazione quasi universale dei Paesi all’Accordo di Parigi, così cruciale per la sua legittimità, non facilita i negoziati».
Quindi, come possiamo portare il prezzo del carbonio al punto in cui dovrebbe essere entro 10 anni? Nel nuovo documento “Proposal for an International Carbon Price Floor Among Large Emitters”, destinato alla stafff dell’FMI e ancora in discussione con il consiglio di amministrazione e i membri dell’FMI, viene proposta la creazione di un accordo internazionale sul prezzo del carbonio che integri l’Accordo di Parigi e che dovrebbe essere: 1. Lanciato dai più grandi emettitori. Se non verranno intraprese nuove azioni di mitigazione, nel 2030 la Cina, l’India, gli Usa e l’Ue rappresenteranno quasi i due terzi delle emissioni globali di CO2 previste nel 2030. Se si include l’intero G20 si arriva all’85%. Una volta avviato, il programma potrebbe gradualmente espandersi fino a comprendere altri Paesi. 2. Ancorato a un prezzo minimo del carbonio. Si tratta di uno strumento politico efficiente, concreto e di facile comprensione. Un’azione simultanea tra i grandi emettitori per aumentare il prezzo del carbonio fornirebbe un’azione collettiva contro il cambiamento climatico, affrontando contemporaneamente in modo decisivo i problemi di competitività. Il focus su un prezzo minimo del carbonio è parallelo all’attuale discussione su un minimo per l’aliquota fiscale nella tassazione internazionale delle società. Più in generale, l’armonizzazione internazionale attraverso le aliquote ridotte ha una lunga tradizione in Europa. 3. Progettato in modo pragmatico. L’accordo deve essere equo, flessibile e tenere conto delle responsabilità differenziate dei paesi date, tra gli altri fattori, emissioni storiche e livelli di sviluppo. Un modo per farlo è avere due o tre diversi livelli di prezzo nell’accordo che variano a seconda delle misure accettate dello sviluppo di un Paese. L’accordo potrebbe anche accogliere i Paesi in cui la tariffazione del carbonio non è attualmente fattibile per motivi politici interni, purché ottengano riduzioni delle emissioni equivalenti attraverso altri strumenti politici.
Il rapporto fa l’esempio di un rafforzamento degli impegni dell’Accordo di Parigi con un prezzo minimo a tre livelli riguardante solo Canada, Cina, Unione europea, India, Regno Unito, Usa, con prezzi 75 dollari per i Paesi ricchi, 50 dollari per i Paesi emergenti e 25 per quelli a basso reddito che, in aggiunta alle politiche attuali, potrebbero aiutare a raggiungere entro il 2030 una riduzione del 23% delle emissioni globali al di sotto del valore di riferimento. «Questo è sufficiente per allineare le emissioni con il mantenimento del riscaldamento globale al di sotto dei 2° C», assicurano all’FMI.
Un prototipo di tutto questo è l’applicazione del carbon pricing in Canada, dove il governo federale richiede alle province e ai territori di attuare un prezzo minimo del carbonio che aumenta progressivamente da 10 dollari canadesi per tonnellata nel 2018 a 50 dollari canadesi nel 2022 e a 170 canadesi nel 2030. Le diverse amministrazioni sono libere di soddisfare questo requisito attraverso carbon tax o sistemi di scambio di emissioni.
A livello internazionale, un accordo sul prezzo del carbonio ben progettato produrrebbe vantaggi sia per i singoli Paesi che per la collettività. Tutti i partecipanti riuscirebbero a stabilizzare meglio il sistema climatico globale e i singoli Paesi godrebbero di benefici ambientali dovuti alla riduzione della combustione di combustibili fossili e dalla diminuzione delle morti dovute all’inquinamento atmosferico locale.
Gaspar e Parry concludono: «Non c’è tempo da perdere per mettere in atto un simile accordo. Immaginatevi nel 2030. Assicuriamoci di non guardare indietro al 2021 solo per rimpiangere l’occasione mancata di un’azione efficace. Guardiamo invece indietro con orgoglio ai progressi globali verso il mantenimento del riscaldamento globale al di sotto della soglia dei 2° C. Abbiamo bisogno di un’azione coordinata, ora, e dovrebbe essere incentrata su un prezzo minimo internazionale del carbonio».