La scienziata ucraina dell’IPCC: i legami tra guerra, combustibili fossili e cambiamento climatico

Svitlana Krakovska la guerra sta chiudendo la finestra di opportunità per prevenire i peggiori impatti dei cambiamenti climatici

[4 Marzo 2022]

Svitlana Krakovska, a capo dell’Applied Climatology Laboratory e senior scientist dell’Ukrainian Hydrometeorological Institute e del National Antarctic Scientific Center, è una scienziata dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e, in un’intervista su Zoom con BBC News dalla sua casa a Kiev, ha detto: «E’ incredibile come il popolo ucraino si sia unito contro un nemico. Se ci uniamo tutti contro il cambiamento climatico, possiamo sopravvivere come civiltà».

La Krakovska stava prendendo parte alle fasi finali dell’approvazione dell’ultimo rapporto del Working Group II  dell’IPCC, “Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability”, quando l’invasione russa s dell’Ucraina le ha impedito di continuare il suo lavoro. «Tutto si è fermato –  ha detto – Non posso pensare al cambiamento climatico, perché non posso pensare a nient’altro che cercare di sopravvivere». Ma, pur definandosi come facente parte dell’«esercito dei divani», ha aggiunta che «Sto facendo il possibile da casa mia, dove sono rifugiata con la mia famiglia, per parlare della situazione in Ucraina».

E la Krakovska dalla sua casa assediata in Ucraina manda a dire ai governi occidentali quel che dicono inascoltate da giorni le associazioni ambientaliste europee e statunitensi: «I combustibili fossili e la dipendenza dell’Europa dalle esportazioni di petrolio e gas dalla Russia finanziano la guerra. Stanno usando i soldi investiti nei combustibili fossili contro di noi. Contro la libertà. Contro l’umanità».

La scienziata ucraina sembra avere un quadro della situazione di quello che hanno i politici italiani ed europei che hanno praticamente ignorato quanto detto il 2 marzo dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sulla dipendenza dell’Europa dalla Russia per l’energia, sollecitando na transizione più rapida verso le energie rinnovabili: «Semplicemente non possiamo fare affidamento così tanto su un fornitore che ci minaccia esplicitamente».

La Krakovska ha sottolineato che «Gli scienziati hanno fornito le prove della necessità di effettuare tale transizione per decenni. Per me è ovvio. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo farlo». Ma ha aggiunto che «La finestra di opportunità per ridurre drasticamente le emissioni – passando, in parte, a quelle fonti di energia low-carbon e rinnovabili – si sta chiudendo molto rapidamente. Questa guerra rende questa finestra di opportunità ancora più stretta, perché ora dobbiamo prima risolvere questo problema».

La Krakovska è una veterana della scienza climatica: ha viaggiato in tutto il  mondo per comprendere l’impatto dell’aumento delle temperature globali. Nel 2021 ha ricevuto un premio dal presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy per la sua partecipazione a una spedizione in Antartide.

Nelle ultime settimane, mentre le truppe russe si ammassavano al confine ucraino e poi lo oltrepassavano ha ricevuto molte chiamate da colleghi di tutto il mondo che le offrivano posti come ricercatrice in prestigiose istituzioni scientifiche, ma ha preferito restare in Ucraina: «Non ce la faccio proprio. Questa è la mia patria».

La Krakovska guidava una delegazione di 11 persone nei negoziati per approvare il “summary for policymakers” che accompagna il rapporto IPCC ed era la prima volta che l’Ucraina veniva rappresentata da una delegazione così numerosa, consentendo agli esperti di portare la loro prospettiva regionale dal Paese più grande d’Europa (a parte la Russia euroasiatica). «Prima ero sola – ricorda In un’altra intervista a Chloé Farand di Climate Home News – Speravo che un importante rapporto scientifico che dimostrasse che il cambiamento climatico sta causando perdite sempre più irreversibili alla natura e all’umanità avrebbe dominato i titoli dei giornali di tutto il mondo questa settimana. Non la minaccia esistenziale che il mio Paese sta affrontando. Ci siamo svegliati in un mondo diverso».

Ma il completamento del rapporto dell’IPCC era fondamentale fino a che la guerra non ha bussato alle porte di Kiev. La Krakovska aveva detto durante la plenaria della riunione dell’IPCC, «Finché avremo Internet e nessuna bomba cadrà sopra la nostra testa, continueremo a lavorare». Poi i razzi russi hanno colpito la capitale e la delegazione ucraina è stata costretta a ritirarsi dalle discussioni: «Non è possibile fare scienza quando sei sotto attacco – dice la scienziata – Sono triste perché, invece di presentare i risultati chiave di questo rapporto in Ucraina, dobbiamo lottare per l’esistenza del nostro Paese».

Madre di quattro figli, Krakovska è nata a Kiev e ha deciso di rimanere in città con la sua famiglia e sottolinea: «Una guerra in Europa nel 2022 non è accettabile,  ma non ci facciamo prendere dal panico, restiamo forti». E ha ribadito a Climate Home News che « Esiste una connessione molto diretta tra il cambiamento climatico e la guerra. La Russia ha molti soldi dai combustibili fossili e questi combustibili fossili rendono possibile questa guerra. E’ probabile che anche i problemi della scarsità d’acqua nell’Ucraina orientale e meridionale abbiano avuto un ruolo. L’accesso all’approvvigionamento idrico nella Crimea occupata dalla Russia è diventato un problema importante e ha portato a crescenti preoccupazioni per le minacce militari russe a seguito della diffusa siccità nel 2018, 2019 e 2020. 10 degli ultimi 12 anni hanno visto precipitazioni al di sotto dei livelli normali. Nel 2020, i livelli dell’acqua nei fiumi e nei bacini idrici ucraini hanno raggiunto i livelli più bassi dall’inizio della raccolta dei dati nel 1885. Nelle regioni di Donetsk e Luhansk, dove le forze separatiste sostenute dalla Russia sono in conflitto con l’esercito ucraino dal 2014, i problemi legati all’acqua sono stati esacerbati dai bombardamenti e dai danni alle infrastrutture».

Tuttto quello che sta succedendo in Ucraina conferma gli avvertimenti del rapppoto IPCC: «La siccità indotta da livelli più elevati di riscaldamento globale, aumentando la vulnerabilità, influenzerà sempre più violenti conflitti intrastatali». Per la Krakovska, «La guerra della Russia contro l’Ucraina mostra che questo può diventare un problema transfrontaliero».

La Krakovska conosce bene la Russia. E’ nata in Unione Sovietica, ha studiato meteorologia a San Pietroburgo e ha partecipato a diverse spedizioni per studiare la modellazione delle nuvole in tutta la Russia. E’ entrata a far parte dell’Istituto di idrometeorologia ucraino, dove ora dirige il laboratorio di climatologia applicata, nel settembre 1991, pochi giorni dopo la dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina dall’Unione Sovietica. E ha visto di persona per la prima volta i segni del cambiamento climatico durante un viaggio nell’Artico russo nell’ottobre 1991, quando le temperature miti fecero sì che il mare non si fosse ancora ghiacciato all’inizio dell’autunno. Alla fine degli anni ’90, è stata una delle prime donne ucraine ad andare in Antartide per una spedizione scientifica. Una visita al Max-Planck-Institut für Meteorologie ha portato la sua ricerca in una nuova direzione: è in Germania che  ha incontrato un team di scienziati che lavorano sulla modellazione climatica regionale e ha così iniziato a lavorare sulle proiezioni climatiche per l’Ucraina, che da allora sono state utilizzate per pianificare misure di adattamento in tutto il Paese.

Durante la sessione plenaria di chiusura della sessione di approvazione del rapporto dell’IPCC, il delegato russo Oleg Anisimov si è scusato con lei per l’invasione dell’Ucraina da parte del suo Paese, rischiando di incorrere nell’ira del suo governo.

Il climatologo Jean-Pascal van Ypersele, della delegazione belga. Ha twittato: «Il coraggio della delegazione dell’Ucraina, che ha continuato a contribuire alle nostre deliberazioni è straordinario. La scienza non ha confini».

Ma il futuro dell’Ucraina e della sua comunità scientifica è incerto. L’11 febbraio, in occasione della rivoluzione nazionalista del 2014 (che i russi chiamano colpo di Stato) che ha interrotto i legami dell’Ucraina con la Russia, gli scienziati ucraini hanno scritto su Nature che la spesa nazionale per la scienza è bassa, i finanziamenti del governo sono stati utilizzati in modo inefficiente e i bassi salari degli scienziati scoraggiano gli studenti dall’intraprendere una carriera di ricercatore. Ora è probabile che anche quel piccolo budget venga reindirizzato alla difesa.

Ma la Krakovska non si lamenta: «Siamo il Paese più povero d’Europa e siamo davvero dei poveri scienziati, se devo essere onesta. Ma ora sono davvero felice che utilizzino questo finanziamento per rafforzare il nostro esercito».

La Farand evidenzia che «La guerra è una minaccia diretta per gli istituti di ricerca ucraini. In Crimea, quelli che in precedenza erano gestiti dall’Accademia nazionale delle scienze dell’Ucraina sono stati trasferiti sotto controllo russo. Dal 2014, il conflitto nell’est ha portato 18 università a trasferirsi in altre parti del Paese, con molti ricercatori che hanno perso casa e laboratori».

La Krakovska conclude: «Spero che sopravviveremo e che continueremo a fare scienza come scienziati ucraini in un’Ucraina indipendente. Spero che la mia voce possa fare la differenza».