La siccità ha portato Attila ad attaccare l’impero romano, lo suggeriscono gli anelli degli alberi

Gli unni migrarono verso attraverso l'Eurasia, passarono dall'agricoltura alla pastorizia e divennero predoni

[15 Dicembre 2022]

Da quando sono iniziate le misurazioni meteorologiche, l’Ungheria ha appena vissuto la sua estate più secca che ha devastato terreni agricoli solitamente produttivi. Il nuovo studio “The role of drought during the Hunnic incursions into central-east Europe in the 4th and 5th centuries CE”, pubblicato sul Journal of Roman Archaeology dall’archeologa Susanne Hakenbeck e del geografo Ulf Büntgen dell’università di Cambridge suggerisce  che, nel V secolo, condizioni simili potrebbero aver incoraggiato i pastori a diventare predoni, con conseguenze devastanti per l’impero romano.

Lo studio sostiene che «I periodi di estrema siccità degli anni 430 – 450 d.C. sconvolsero gli stili di vita nelle province di frontiera del Danubio dell’impero romano orientale, costringendo i popoli unni ad adottare nuove strategie come buffer contro gravi sfide economiche». La Hakenbeck e Büntgen sono giunti a queste conclusioni dopo aver valutato una nuova ricostruzione idroclimatica basata sugli anelli degli alber e prove archeologiche e storiche.

All’università di Cambridge ricordano che «Le incursioni unne nell’Europa centrale e orientale nel IV e V secolo d.C. sono state a lungo viste come la crisi iniziale che ha innescato le cosiddette “grandi migrazioni” delle “tribù barbariche”, portando alla caduta dell’impero romano. Ma da dove provenissero gli Unni e quale fosse il loro impatto sulle province tardo romane non era chiaro».

I nuovi dati climatici ricostruiti dagli anelli degli alberi forniscono informazioni sui cambiamenti climatici annuali negli ultimi 2000 anni e dimostrano che nel IV e V secolo l’Ungheria ha vissuto episodi di estati insolitamente secche. La Hakenbeck e Büntgen sottolineano che «Le fluttuazioni climatiche, in particolare i periodi di siccità dal 420 al 450 d.C., avrebbero ridotto i raccolti e i pascoli per gli animali oltre le pianure alluvionali del Danubio e del Tibisco».

Büntgen è convinto che «I dati sugli anelli degli alberi ci offrono una straordinaria opportunità di collegare le condizioni climatiche all’attività umana anno dopo anno. Abbiamo scoperto che i periodi di siccità registrati nei segnali biochimici negli anelli degli alberi hanno coinciso con un’intensificazione dell’attività di incursione nella regione».

Una recente analisi isotopica degli scheletri della regione, realizzata anche dalla Hakenbeck, suggerisce che «I popoli unni hanno risposto allo stress climatico migrando e mescolando diete agricole e pastorali». La Hakenbeck aggiunge: «Se la scarsità di risorse fosse diventata troppo estrema, le popolazioni stanziali potrebbero essere state costrette a spostarsi, diversificare le loro pratiche di sussistenza e passare dall’agricoltura all’allevamento mobile di animali. Queste avrebbero potuto essere importanti strategie assicurative durante una recessione climatica».

Ma lo studio sostiene anche che «Alcuni popoli unni hanno cambiato radicalmente la loro organizzazione sociale e politica per diventare violenti predoni».

Gli attacchi unni alla frontiera romana si intensificarono dopo che Attila salì al potere alla fine degli anni ’30. Gli Unni chiedevano sempre più pagamenti in oro e alla fine una striscia di territorio romano lungo il Danubio. Nel 451 d.C. gli Unni invasero la Gallia e un anno dopo invasero l’Italia settentrionale.

Tradizionalmente, gli Unni sono stati i barbari violenti per antonomasia, «Guidati da una sete infinita per l’oroz. Ma, come sottolinea lo studio, «Le fonti storiche che documentano questi eventi furono scritte principalmente da romani dell’’élite che avevano poca esperienza diretta dei popoli e degli eventi che descrivevano».

La Hakenbeck fa notare che «Fonti storiche ci dicono che la diplomazia romana e unna era estremamente complessa. Inizialmente prevedeva accordi reciprocamente vantaggiosi, con il risultato che le élite unne ottenevano l’accesso a grandi quantità di oro. Questo sistema di collaborazione si è rotto negli anni 440, portando a regolari incursioni nei territori romani e a crescenti richieste di oro».

Lo studio sostiene che «Se l’attuale datazione degli eventi è corretta, le più devastanti incursioni unne del 447, 451 e 452 d.C. coincisero con estati estremamente secche nel bacino dei Carpazi». La Hakenbeck ribadisce che «La perturbazione economica indotta dal clima potrebbe aver richiesto ad Attila e ad altri unni  di alto rango di estrarre oro dalle province romane per mantenere le bande di guerrieri e mantenere lealtà tra le élite. Gli ex pastori di animali da equitazione sembrano essere diventati predoni».

A quell’epoca, le fonti storiche descrivono gli Unni come un gruppo altamente stratificato con un’organizzazione militare difficile da contrastare, anche per gli eserciti romani. Lo studio suggerisce che «Uno dei motivi per cui gli Unni attaccarono le province di Tracia e Illirica nel 422, 442 e 447 d.C. era per acquistare cibo e bestiame, piuttosto che oro», ma aggiunge che sono necessarie prove concrete per confermarlo. Gli autori dicono che «Attila avrebbe  richiesto una striscia di terra “larga cinque giorni di viaggio” lungo il Danubio perché questo avrebbe potuto offrire un pascolo migliore in un periodo di siccità». Ma entro il 450 d.C., a pochi decenni dalla loro comparsa nell’Europa centrale, gli Unni erano scomparsi. Lo stesso Attila morì nel 453 d.C.

La Hakenbeck conclude: «Il clima altera ciò che gli ambienti possono fornire e questo può portare le persone a prendere decisioni che influenzano la loro economia e la loro organizzazione sociale e politica. Tali decisioni non sono semplicemente razionali, né le loro conseguenze hanno necessariamente successo a lungo termine. Questo esempio storico dimostra che le persone rispondono allo stress climatico in modi complessi e imprevedibili e che le soluzioni a breve termine possono avere conseguenze negative a lungo termine».