La scomparsa dei ghiacciai africani mostra la velocità del cambiamento climatico
Dall’inizio del XXI secolo, I ghiacciai del Monte Kenya, del Kilimajaro e del Ruwenzori si sono dimezzati
[28 Febbraio 2024]
I pochi ghiacciai presenti in Africa sono da tempo diventati un importante indicatore della rapidità e della gravità dei cambiamenti climatici che stanno modificando il nostro pianeta. Il ghiaccio sulle alte vette del continente sta rapidamente scomparendo, entro la metà di questo secolo in africa potrebbero scomparire le cime innevate. Lo studio “Tropical glacier loss in East Africa: recent areal extents on Kilimanjaro, Mount Kenya, and in the Rwenzori Range from high-resolution remote sensing data”, pubblicato recentemegte su Environmental Research da un team di ricercatori tedeschi, neozelandesi, statunitensi e austriaci dimostra quanto velocemente i ghiacciai si stanno riducendo e che «I giacimenti di ghiaccio in Africa si sono più che dimezzati dall’inizio del XXI secolo».
La principale autrice dello studio, Anne Hinzmann dell’Institut für Geographie della Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nürnberg (FAU), sottolinea che «Con il nostro studio, il team ha colmato una lacuna. Non disponevamo di dati precisi degli anni precedenti».
La superficie del ghiacciaio sul Monte Kenya, alto 5.199 metri, è stata misurata l’ultima volta nel 2016, dati comparabili per il Kilimanjaro, alto 5.985 metri, nel nord della Tanzania, erano disponibili solo dal 2011, mentre le aree dei ghiacciaio nei monti Ruwenzori, alti 5.109 metri, al confine tra Uganda e Repubblica Democratica del Congo, non venivano misurate dal 2005.
Allla FAU evidenzino che «Queste tre regioni glaciali uniche in Africa sono particolarmente interessanti perché si trovano nel mezzo dei tropici, non lontano dall’Equatore. Il ghiaccio si forma lì solo in circostanze naturali perché le cime sono molto alte, e quindi nelle regioni fredde. Se in queste zone il ghiaccio si ritira, questo non dovrebbe essere direttamente correlato all’aumento delle temperature in queste zone, a differenza, ad esempio, del caso nelle Alpi europee».
Come scoperto diversi anni fa dai ricercatori, tra i quali Thomas Mölg della FAU e il suo gruppo. quel che è cambiato in questa regione sono le precipitazioni: nell’Africa orientale le piogge cadono principalmente durante due stagioni da ottobre o novembre a dicembre e da marzo a maggio, mentre le piogge sono scarse per il resto dell’anno. Solo una piccola parte delle forti precipitazioni durante le stagioni delle piogge cade ad altezze elevate, dove si trasformano in neve.
I ricercatori spiegano che «Se le temperature medie alle alte quote del Kilimanjaro, del Monte Kenya e dei Monti Ruwenzori rimangono sotto lo zero, questa neve resta sul terreno e si ricopre di un nuovo strato bianco al più tardi nel successivo periodo piovoso. Col tempo, sempre più neve preme sugli strati più profondi, trasformandoli in ghiaccio e provocando la formazione di un ghiacciaio. Se le precipitazioni diminuiscono, il ghiaccio non si ricostituisce e il ghiacciaio inizia a ritirarsi».
Ed è proprio quel che sta succedendo: i periodi piovosi hanno cominciato a diminuire a partire dalla fine del XIX secolo e da allora i ghiacciai africani hanno cominciato a ridursi.
Utilizzando immagini satellitari ad alta risoluzione scattate quotidianamente di ciascuna area, la Hinzmann ha cercato di scoprire quanto velocemente sta procedendo questo processo, ma avverte che «Non tutte le immagini sono adatte al nostro utilizzo. Ad esempio, nei climi caldi spesso sulle alte montagne si formano le nuvole che impediscono la vista delle masse di ghiaccio. Tuttavia, l’analisi dei dati è relativamente complicata anche quando splende il sole, perché ad esempio i campi di neve devono essere differenziati dai campi di ghiaccio e perché l’ombra proiettata dal sole, soprattutto quando è basso nel cielo, distorce le immagini».
Comunque, dopo l’analisi, i dati mostrano un quadro davvero preoccupante: «Da quando i ghiacciai vennero mappati per la prima volta all’inizio del secolo, tra il XIX e il XX secolo, oltre il 90% della loro superficie è scomparso», dice la Hinzmann.
Nel 1899 il Monte Kenya aveva ancora una superficie ghiacciata di 1,64 chilometri quadrati, ma nel 2021/2022 si era ridotta a 0,07 km2. Nei Monti Ruwenzori, il ghiaccio si è ridotto dai 6,51 km2 del 1906 a soli 0,38 km2, e anche il più grande ghiacciaio dell’Africa, sul Kilimangiaro, è diminuito da 11,4 km2 nel 1900 a 0,98 km2 tra il 2021 e il 2022.
La Hinzmann sottolinea che «Gli indicatori dei ghiacciai delle regioni tropicali non solo mostrano che il cambiamento climatico è iniziato da tempo, ma anche che sta procedendo a una velocità vertiginosa. Una diminuzione su questa scala è allarmante. I ghiacciai in Africa sono un chiaro indicatore dell’impatto del cambiamento climatico».
E i ricercatori concludono: «I cambiamenti nelle precipitazioni nella regione svolgono un ruolo importante. Non solo ci sono meno nuvole piovose, ma ci sono anche più giorni senza nuvole, esponendo così i ghiacciai a più sole. Anche se le temperature rimangono sotto lo zero, il sole può trasformare il ghiaccio direttamente in vapore acqueo e umidità, corrodendo il ghiacciaio. Questo non avviene in modo uniforme. Negli avvallamenti c’è meno sole e in sito così protetti il ghiaccio rimane più a lungo. La situazione è simile per i ghiacciai dei versanti occidentali, che possono essere esposti a molto sole nel pomeriggio, ma sono più spesso coperti dalle nubi rispetto ad altre zone. Sono esposti meno all’energia solare e il ghiaccio viene attaccato più lentamente. A parte questi casi, i pochi campi di ghiaccio ai tropici mostrano in modo particolarmente chiaro quanto velocemente stia procedendo il cambiamento climatico già oggi».