L’ambientalismo e la sinistra dopo Parigi. Ricominciare a sognare un mondo migliore

Il sogno che vogliono spegnere le cento guerre mondiali e gli attentati di Parigi

[16 Novembre 2015]

Ad Antalya, in Turchia, dove si sta svolgendo un G20 che ormai sembra aver raggiunto le vette di inutilità e ipocrisia del G8/G7, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ha chiesto alla comunità internazionale di «formare un fronte unito per lottare contro il terrorismo […] La Cina pensa che debbano essere formate delle forze congiunte  per lottare contro il terrorismo e che dovrebbero essere affrontati tanto i sintomi che le cause primarie del terrorismo. I “due pesi e due misure” non devono essere permessi. Il ruolo dirigente che svolge l’Onu dovrà essere utilizzato al massimo per combattere il terrorismo, e a questo riguardo dovrebbe essere formato un fronte unito».

La Cina naturalmente ce l’ha con gli indipendentisti del Movimento islamico del Turkestan orientale, gli uiguri musulmani che compiono attentati nel Xinjiang Uigur colonizzato dai cinesi, che paragona all’Isis, ma l’approccio di Pechino – che somiglia molto a quello di Mosca – vale ovunque qualcuno metta in discussione un governo costituito, anche se è una dittatura o se è nato da un golpe sedimentatosi e diventato regime. E’ l’approccio che ha consentito alla Cina di sfondare in Africa non ponendo mai questioni di tipo “democratico” per fare affari, ma è un approccio non dissimile da quello della Russia putiniana e dell’Occidente democratico, a cominciare dal nostro primo ministro che vola in Arabia Saudita per vendere armi a una monarchia assoluta alla quale vengono mosse accuse per aver finanziato e armato prima i talebani in Afghanistan, poi i salafiti che hanno disintegrato la Libia e i miliziani islamisti e qaedisti in Siria che si sono trasformati nello Stato islamico/Daesh. E’ la stessa Arabia Saudita che ha quasi subito smesso di bombardare le milizie nere islamo-fasciste del Daesh – così ideologicamente affini alla dinastia regnante a Riyadh – per scatenare una guerra contro gli sciiti houithi nello Yemen che, con la complicità del mondo e l’aiuto di una coalizione araba e statunitense, sta uccidendo centinaia di civili e che è accompagnata dalle bombe di Al Qaeda dello Yemen che seminano il terrore nelle moschee, facendo in uno dei Paesi più poveri del mondo continue stragi come quelle di Parigi.

E’ chiaro che, come al tempo del nazi-fascismo, il mondo deve far fronte all’islamo-fascismo, come lo ha chiamato il Segretario di Stato Usa John Kerry e come lo chiamano da sempre le milizie progressiste kurde siriane; è chiaro che nessun democratico e progressista può ritenersi escluso da una battaglia che riguarda i fondamenti stessi della democrazia e della giustizia sociale. Ma nella visione dei cinesi, dei russi, degli statunitensi e delle cancellerie europee c’è il tentativo, l’illusione conservatrice di pensare che da questa tempesta sanguinosa, da questa terza guerra mondiale spezzettata in 150 conflitti, guerriglie, guerre civili, se ne esca conservando lo status quo, se ne esca ristabilendo un equilibrio che hanno rotto le stesse forze, le stesse scelte politiche-economiche-ideologiche che si vorrebbero mantenere inalterate.  Non successe con la prima guerra mondiale, non successe con la seconda, dalla quale emersero blocchi e divisioni invalicabili che portarono alla guerra fredda, non potrà succedere nemmeno con questo mondo multipolare della guerra asimmetrica e diffusa, dei droni che colpiscono matrimoni in Afghanistan, dei kamikaze che seminano la morte in un mercato di Beirut, dei kalashnikov che sparano nei teatri e nei caffè di Parigi o in un’università o in un supermercato in Kenya.

Di questo debbono essere consapevoli il movimento ambientalista, quel che resta della sinistra, ma anche chi crede nella funzione sociale e pacificatrice delle religioni: il nemico comune che abbiamo di fronte è il fascismo islamista incarnatosi nello Stato Islamico e che ha sparso mille frammenti velenosi in giro per il mondo, rinvigorendo anche una destra fascista, identitaria, altrettanto ideologica e fondamentalista, fino nel cuore dell’Occidente democratico. Per combatterlo, per batterlo, dobbiamo creare una vasta alleanza che, come avvenne nella seconda guerra mondiale, comprenda anche chi non condivide tutti nostri valori.

Ma se chi ha idee di progresso sociale e di pace non vuole che il risultato di questa inevitabile battaglia per i cuori e i cervelli sia quello che sta già avvenendo, ovvero lo scontro tra una destra tecnocratica liberista – pressata da una destra identitaria e populista – e una destra integralista che usa la religione come arma ideologica, bisogna mettere in campo il rinnovamento, dimostrare davvero che un mondo diverso è possibile.

Infatti, nessuna di queste due destre che si contendono il Medio Oriente e ridisegnano il mondo con guerre dimenticate per le risorse, ha voglia e interesse a cambiare il mondo, a mutarne gli assetti economici, a produrre più giustizia sociale, a salvare il pianeta da una crescita scellerata e dalla distruzione climatica. Il G20 in Turchia, nella Turchia che reprime la libertà di stampa e l’opposizione e bombarda i kurdi fuori e dentro i suoi confini, è la plastica dimostrazione di questa ipocrisia conservatrice globale, dalla quale se ne esce solo prospettando un’alternativa, un mondo più giusto, più democratico, che è poi quello che terrorizza lo Stato Islamico/Daesh e tutti gli integralisti del mondo, di qualsiasi fede religiosa e di qualsiasi esercito o regime facciano parte. Forse bisognerebbe fermarsi un momento ad ascoltare cosa hanno da dirci le donne e gli uomini del Rojava, i kurdi siriani che con le armi in mano sognano la pace, sognano di ricostruire le loro città ridotte in macerie, sognano un futuro di giustizia e armonia in mezzo alla distruzione e alla morte,  come facevano i nostri dimenticati partigiani sulle nostre montagne.

La sinistra e il movimento ambientalista, che hanno fatto fatica ad individuare l’enorme pericolo del fascismo islamista, devono chiedere, lavorare per imporre con democratica e determinata allegria, questo cambiamento, che in Medio Oriente passa per il riconoscimento dei diritti dei Kurdi e dei Palestinesi e per la fine della guerra infinita tra sciiti e sunniti e che nel resto del mondo – paesi arabi compresi – passa per un ampliamento della democrazia multipolare, passa da un mondo nuovo, dove gli uomini e le merci abbiano lo stesso diritto di spostarsi, dove il frutto delle risorse ambientali venga condiviso, dove la resilienza e la condivisione siano il futuro dell’uomo e degli altri esseri viventi.

Il complottismo non serve, le recriminazioni e le giustificazioni della violenza nemmeno: nessuna scusa per chi usa la religione per uccidere e creare stati teocratici, ma nessuna scusa nemmeno per chi usa l’ortodossia economica liberista per puntellare dittature e per distribuire armi, morte, distruzione. Il nuovo e necessario radicalismo democratico passa da una nuova idea di mondo, dalla difesa e dall’ampliamento delle conquiste democratiche, da uomini e donne con vite e lavori dignitosi, da un’economia che non uccide l’ambiente e il futuro. Un mondo nel quale restiamo e ci riconosciamo umani. Tutti e tutte.

E’ difficile, è un sogno, ma è proprio il sogno che vogliono spegnere le cento guerre mondiali e gli attentati di Parigi. E’ il vecchio sogno della rivoluzione francese e dei diritti dell’uomo, che ogni giorno muore nell’incubo dei campi profughi del mondo e trafitto nel filo spinato dei nuovi muri alle frontiere della democrazia.  E’ il nuovo sogno che bisogna ricominciare a sognare.

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