L’aumento delle temperature accelererà la migrazione di richiedenti asilo in Europa
Perché anche la destra europea dovrebbe opporsi al negazionismo climatico di Donald Trump
[27 Dicembre 2017]
Lo studio “Asylum applications respond to temperature fluctuations” pubblicato su Science da Anouch Missirian e Wolfram Schlenker della Columbia University prevede che, se continueremo a emmettere gas serra in atmosfera al ritmo attuale, entro il 2100 i migranti che richiederanno asilo nell’Unione europea potrebbero quasi triplicare rispetto alla media degli ultimi 15 anni. Secondo ,lo studio «il taglio delle emissioni potrebbe parzialmente arginare la situazione, ma anche in uno scenario ottimistico, l’Europa potrebbe vedere le domande di asilo aumentare di almeno un quarto».
Schlenker, un economista dell’ Earth Institute della Columbia Universitye del 3National Bureau of Economic Research, sottolinea che «L’Europa è già in conflitto sul numero di rifugiati da ammettere. Anche se i Paesi più poveri nelle regioni più calde sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici, i nostri risultati evidenziano la misura in cui i Paesi sono interconnessi e l’Europa vedrà aumentare il numero di persone disperate in fuga dai loro Paesi d’origine».
Schlenker e Missirian, della School of international and public affairs (Sipa) della Columbia University, hanno confrontato le domande di asilo presentate nell’Ue da persone provenienti da 103 Paesi tra il 2000 e il 2014, con le variazioni delle temperature nei Paesi di origine dei richiedenti e hanno scoperto che «più le temperature nella regione agricola di ciascun Paese deviavano dia 20 gradi Celsius (68 gradi Fahrenheit) durante la stagione vegetativa, più le persone erano più propense a cercare rifugio all’estero». Le colture crescono meglio a una temperatura media di 20° C e quindi non sorprende che con temperature più calde del normale siano aumentate le domande di asilo di persone provenienti da Paesi più caldi, come l’Iraq e il Pakistan, e che siano calòate quelle provenienti da posti più freschi, come la Serbia e il Perù.
Mettendo insieme i dati delle domande di asilo con le proiezioni del riscaldamento futuro, i ricercatori hanno scoperto che «un aumento delle temperature medie globali di 1,8° C – uno scenario ottimistico in cui le emissioni di carbonio si livelleranno globalmente nei prossimi decenni per poi diminuire – farebbe aumentare le richieste di asilo del 28% cento entro il 2100», cioè 98.000 richieste in più ogni anno nell’Ue. Ma xse le emissioni di CO2 proseguiranno lungo la loro attuale traiettoria, »con le temperature globali che saliranno tra i 2,6 e i 4,8° C entro il 2100, le richieste di asilo potrebbero aumentare del 188%», cioè 660.000 richieste in più presentate ogni anno.
Il nuovo studio aggiunge un crescente numero di prove a precedenti ricerche che dimostrano che gli shock meteorologici possono destabilizzare le società, alimentare i conflitti e costringere le persone a fuggire dai loro Paesi d’origine.
Quindi la decisione di Donald Trump di uscire dall’Accordo di Parigi, che prevede di tagliare emissioni di CO2 per limitare il riscaldamento a un massimo di più 2° C entro il 2100 rispetto ai livelli pre-industriali – visto che gli Usa sono il più grande emettitore di CO2 del mondo – mettendo a repentaglio tale obiettivo, mette l’Europa davvero di fronte a un rischio di un’inarrestabile ondata di migranti ambientali. Forse la destra xenofoba e anti-immigrati farebbe bene a occuparsi delle conseguenze del negazionismo climatico del suo idolo americano, invece di prendersela con chi fugge dai disastri provocati dalle sue politiche e dallo sfruttamento liberista delle risorse. SE vogliamo davvero “aiutarli in casa loro” bisogna che “casa loro” sia vivibile, altrimenti, proprio come fecero milioni di italiani, andranno a cercarsene un’altra.
La Germania ha accolto la maggior parte dei richiedenti asilo provenienti dalla Siria e da algtri Paesi in preda a conflitti, ma come l’Italia – che è soprattutto Paese di sbarco e transito e sbarco- scontra sempre più spesso con elettori preoccupati per la difficoltà di assimilare i nuovi arrivati e per la possibile perdita di posti di lavoro. In Europa l’ondata xenofoba anti-immigrati ha portato al potere governi di destra in Ungheria, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca e Austria che vogliono costruire inutili muri come quello di Trump per tenere lontani i profughi, ma ha anche pesato molto sulla decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione europea. Secondo Salomon Hsiang, ora professore di economia all’Università della California – Berkeley, che non è stato coinvolto nello studio, la ricerca di Schlenker e Missirian «E’ un “wake-up” incredibilmente importante. Avremo bisogno di costruire nuove istituzioni e sistemi per gestire questo flusso costante di richiedenti asilo. Quando veniamo presi di sorpresa, come abbiamo visto dalla recente esperienza in Europa, ci sono enormi costi, sia per i rifugiati che per i loro ospiti. Dovremmo pianificare in anticipo e prepararci».
Anche il climatologo Colin Kelley, dell’International research institute for climate and society della Columbia UNiversity, che per primo ha collegato il cambiamento climatico alla guerra in Siria, ha elogiato il nuovo studio: «Non è chiaro quanto riscaldamento in più si verificherà tra oggi e la fine del secolo, ma lo studio dimostra chiaramente quanto il cambiamento climatico agisca come un moltiplicatore di minacce. I Paesi più ricchi devono aspettarsi di subire gli effetti diretti e indiretti degli shock meteorologici causati dai cambiamenti climatici causati dall’uomo nei Paesi più poveri e meno resilienti».
Lo studio è stato realizzato su richiesta del Joint Research Centre (Jcr) della Commissione europea e anche con finanziamenti del Il Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti e Juan-Carlos Ciscar, dell’Economics of climate change, energy and transport unit del Jrc, conclude: «Questi risultati saranno particolarmente importanti per i responsabili politici poiché dimostrano che gli impatti climatici possono andare oltre i confini di un singolo Paese, portando forse a flussi migratori più elevati. Ulteriori ricerche dovrebbero esaminare i modi in cui i Paesi in via di sviluppo possono adattare le loro pratiche agricole ai cambiamenti climatici».