Gli 1,5 miliardi di euro promessi contro il dissesto idrogeologico non sono risorse nuove, ma già previste e non spese
Le azioni del governo Renzi di fronte al report Ipcc sui cambiamenti climatici
[2 Aprile 2014]
L’ Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), il gruppo intergovernativo di studio dell’Onu sui cambiamenti climatici, ha pubblicato un nuovo rapporto sulle conseguenze del riscaldamento globale sull’ambiente e sull’economia.
Il report è l’ennesima conferma scientifica sulle disastrose conseguenze dei cambiamenti climatici in tutti i continenti e negli oceani, conseguenze già in atto e che saranno progressivamente più catastrofiche se non interverremo, riducendo le emissioni. E’ un’apocalisse per il nostro pianeta e per il genere umano: alluvioni, siccità, carestie, carenza di acqua, guerre per accaparrarsi le risorse naturali sempre più scarse, migrazioni climatiche di intere popolazioni, aumento delle disuguaglianze.
E’ una lotta contro il tempo, che non possiamo far scorrere restando inerti, perché le conseguenze dell’inazione si pagano in vite umane; eppure, nonostante il quadro drammatico che ci viene consegnato dalla scienza, non si fa ancora abbastanza, ne per quanto riguarda le misure di mitigazione del rischio ne per le misure di adattamento.
Un accordo “ambizioso” e vincolante a livello globale, per la ridurre le emissioni, è ormai rinviato alla COP21 nel 2015 a Parigi, sprecando l’occasione offerta dalla precedente COP20 che si terrà quest’anno a Lima.
Anche il livello europeo sta perdendo tempo, rinunciando per il momento al ruolo leader per l’assunzione di decisioni forti e stringenti nel tempo. Infatti, dopo che il Parlamento Europeo aveva votato tre obiettivi al 2030 (riduzione delle emissioni, efficienza energetica e rinnovabili) e invece la Commissione aveva deciso solo per due target (riduzione emissioni e efficienza) lasciando aperta la porta all’uso del carbone e del nucleare, il Consiglio Europeo, che si è tenuto il 20 e 21 marzo ha rinviato ogni decisione a ottobre.
L’Italia (del governo Letta) faceva convivere le posizioni del Ministro dell’Ambiente con quelle del Ministro dello Sviluppo Economico, rispettivamente vicine a quelle del Parlamento e della Commissione.
La posizione del governo Renzi sembra essersi compattata sulle posizioni più modeste dei due soli target, lasciando ai singoli Stati la possibilità di decidere con quale mix energetico raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni. A questo proposito, fra l’altro, nella recente audizione alla Camera sulla SEN (strategia energetica nazionale), il vice Ministro allo Sviluppo Economico De Vincenti ha confermato che fra le scelte strategiche di politica energetica del nostro paese c’è posto anche per l’estrazione di idrocarburi.
Per quanto riguarda le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, va ricordato che nell’ultima legge di stabilità sono stati stanziati, per interventi straordinari di difesa del suolo, solo 180 milioni di euro in tre anni e che quando Renzi parla di 1,5 miliardi di euro per la tutela del territorio, non sono risorse nuove, ma sono risorse già previste sulla contabilità speciale per il dissesto idrogeologico e da vecchie delibere CIPE del 2012, non ancora spese. Praticamente niente se si pensa a quanto si spende nel nostro Paese per gli interventi di ricostruzione dopo frane e alluvioni, sia in termini economici (in media 3,5 miliardi all’anno) ma sopratutto in termini di vite umane.
E’ troppo poco quello che si sta facendo nel nostro Paese, a livello europeo e globale. Il contrasto ai cambiamenti climatici è una necessità improrogabile per salvare il pianeta, le popolazioni attuali e le future generazioni, allo stesso tempo è un’occasione irripetibile per cambiare drasticamente un modello di sviluppo che ha creato ingiustizia sociale e disuguaglianze insopportabili. Le politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, oltre a rispondere all’emergenza climatica, sono le basi per un modello economico alternativo che offre una grande opportunità occupazionale, nei settori delle rinnovabili, dell’efficienza energetica, nella tutela del territorio, nel riciclo dei materiali e in tutti i settori ambientalmente sostenibili. E’ una sfida economica, sociale e ambientale che va colta e non può essere più rinviata.