Paradossi del disastro
Le guerre in Medio Oriente hanno migliorato la qualità dell’aria
Ma in Libano aumentano inquinamento e crisi economica e salta la raccolta dei rifiuti
[25 Agosto 2015]
Le migliaia di migranti che stanno tentando di forzare i confini dell’Europa in Italia, Grecia, Macedonia, Serbia e Ungheria sono in gran parte il frutto delle disastrose guerre scatenate dall’Occidente in Medio Oriente, delle primavere arabe spesso abortite in un mostruoso integralismo sanguinario e della crisi economica e ambientale che ha travolto regimi che si credevano eterni, ma ora lo studio “Abrupt recent trend changes in atmospheric nitrogen dioxide over the Middle East” svela un altro aspetto di questa immane catastrofe politica ed umanitaria mediorientale: i disordini politici ed i conflitti armati hanno avuto la conseguenza non voluta di rendere l’aria più pulita.
Il team di cinque ricercatori del Max-Planck-Institut für Chemie, del Cyprus Institute e delle università saudite King Saud e King Abdullah, dicono che in paesi come la Siria e l’Iraq, i livelli di inquinanti atmosferici sono calati da drasticamente: dall’inizio della guerra civile, a Damaco la quantità di biossido di azoto (NO2) è scesa del 50%. Secondo gli autori dello studio pubblicato su Science Advances dal loro lavoro si potrebbero trarre importanti insegnamenti per realizzare proiezioni più accurate sule emissioni globali di gas serra.
Grazie all’Ozone Monitoring Instrument, montato a bordo del satellite Aura della Nasa, dal 2004 gli scienziati sono stati in grado di monitorare con grande precisione gli inquinanti atmosferici, il nuovo studio ha utilizzato i dati satellitari per quali impatti abbiano avuto negli ultimi 10 anni le attività economiche, i disordini politici e le guerre in Medio Oriente.
Osservando i livelli degli ossidi di azoto (NOx) prodotti dalla combustione di combustibili fossili, in particolare dai trasporti, il team di scienziati ha scoperto una situazione complessa e imprevedibile. Se in Paesi come la Siria, dove milioni di persone dal 2001 sono fuggite e tentano di fuggire dalla guerra, i livelli di NO2 sono crollati a Damasco e Aleppo, nel vicino Libano, in questi giorni in piena crisi politica, c’è invece stato un drastico aumento, fino al 30%, dello stesso inquinante, dovuto proprio all’imponente afflusso di rifugiati siriani. Ma nello stesso periodo nel piccolo Libano la crescita economica è diminuita in modo significativo. Mentre in Grecia (ma anche in Arabia Saudita ed Israele) è proprio la crisi economica ad aver provocato un veloce calo delle emissioni inquinanti.
Dei 4 milioni di profughi siriani 1,2 milioni sono finiti in Libano, 350.000 nella capitale Beirut, e questo esodo di massa è una delle ragioni delle proteste che stanno bloccando il Paese ed hanno innescato una pressione ambientale che ha fatto completamente saltare il primitivo sistema di raccolta e smaltimento di rifiuti, rivelando la corruzione su cui si reggeva, che coinvolge diversi esponenti del governo di unità nazionale. .
Il principale autore dello studio, Jos Lelieveld del Max Planck Institute, ha detto alla BBC News: «E’ impressionante. Si può vedere dove stanno andando le persone dalla Siria, è possibile identificare i campi nel nord della Giordania, ma si sono anche trasferite in città come Tripoli e Beirut. Il consumo di energia è aumentato, il traffico, più auto, costituiscono una grande percentuale della crescita».
Anche in Iraq, l’avanzata dello Stato islamico/Daesh può anche essere vista chiaramente nei dati di qualità dell’aria: «A Karbala, a sud di Baghdad, una zona prevalentemente sciita, l’aumento delle sostanze inquinanti continua – spiega Lelieveld – Ma se si guarda alla zona a nord-ovest di Baghdad, dove è al potere lo Stato islamico, si vede che le cose stanno andando in un’altra direzione. Ci sono storie molto specifiche in ogni Paese».
La tragedia diffusa in Medio Oriente e l’impatto delle guerre e dei disordini politici sui diversi inquinanti atmosferici potrebbe voler dire che bisogna rivedere le proiezioni globali sulle emissioni di gas serra. Gli autori dello studio fanno notare che lo scenario del cambiamento climatico comunemente accettato, che prevede un aumento continuo delle emissioni di NOx in Medio Oriente tra il 2005 e il 2030 «Si discosta dalla realtà» e Lelieveld aggiunge: «Per molti Paesi per i quali abbiamo poche informazioni, gli scenari delle emissioni fanno ipotesi molto semplici, queste sicuramente non funzionano in Medio Oriente dato che vanno in tutte le direzioni. Per esempio, in Iran il consumo di energia e la CO2 sono continuati a crescere, ma il NOx e l’anidride solforosa sono diminuiti. Non c’è una regola generale che è possibile applicare agli scenari delle emissioni. E’ difficile usare la tecnologia per avere un quadro definitivo. Ci può essere meno NOx nell’aria, ma la gente per il riscaldarsi può aver fatto ricorso a combustibili più sporchi e meno costosi.
Altri scienziati hanno accolto lo studio, dicendo che fa seguito a una precedente ricerca condotta durante la guerra in Iraq. Dicono che mette in evidenza il ruolo fondamentale delle informazioni satellitari accurate. Si evidenzia inoltre la portata della distruzione in tutto il Medio Oriente e l’enorme impatto sulle persone».
I ricercatori fanno notare che «Altre regioni di crisi, per esempio, in Europa orientale e in Africa, in genere non sono associate a cambiamenti nell’NO2paragonabili. In Medio Oriente, l’NO2 è aumentato notevolmente nel periodo 2005-2010, mentre nella maggior parte dell’are in seguito è calato» un calo che corrisponde sulla mappa a gli spostamenti di massa di Medio Oriente e all’esodo dei profughi dalla Siria e dall’Iraq.
Gli scienziati sottolineano che «Evidentemente questi cambiamenti relativamente a breve termine non possono essere individuati dagli inventai dell’inquinamento atmosferico e dalle proiezioni delle emissioni future, compresi i Representative Concentration Pathways (RCPs), utilizzati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (…) Ad esempio, lo scenario RCP4.5 assume emissioni di Nox costanti per la regione». Il tam di ricercatori conclude: «Poiché le reti di misurazione della qualità dell’aria a terra sono state stabilite in poche aree del globo, il monitoraggio atmosferico dallo spazio può aiutare a fornire informazioni ai policy makers. La presente analisi dimostra che è possibile collegare i trends dei parametri atmosferici al cambiamento della società. Purtroppo, il Medio Oriente non è l’unica regione del mondo colpita dalla recessione economica e da sconvolgimenti a causa della guerra, anche se i cambiamenti geopolitici sembrano essere più drastici che altrove. E’ tragico che alcuni dei trend negativi di NO2 osservati di recente siano associati a catastrofi umanitarie».