L’Indonesia salva altri 232 profughi alla deriva nel Mar delle Andamane
Ma il 2022 è stato un altro Annus horribilis: 100 milioni di sfollati, «Un record che non avrebbe mai dovuto essere stabilito»
[28 Dicembre 2022]
L’UNHCR, l’Agenzia Onu per i rifugiati, si è detta «Lieta di vedere più di 200 disperati portati a terra in salvo, nel nord-ovest dell’Indonesia, negli ultimi giorni. Molti di loro sarebbero stati alla deriva per almeno un mese, senza alcun aiuto prima di essere soccorsi.
Infatti, i pescatori indonesiani e le autorità locali hanno salvato e fatto sbarcare due gruppi di profughi, uno di circa 58 persone il 25 dicembre e l’altro di 174 il 26 dicembre, la maggior parte donne e bambini.
La rappresentante dell’UNHCR in Indonesia, Ann Maymann, ha dichiarato: «Accogliamo con favore questo atto di umanità da parte delle comunità e delle autorità locali in Indonesia. Queste azioni aiutano a salvare vite umane da morte certa, ponendo fine a torture per molte persone disperate».
I profughi soccorsi erano esausti e disidratati dopo un mese alla deriva in mare i sopravvissuti del gruppo sbarcato lunedì hanno riferito all’UNHCR che, a causa delle terribili condizioni a bordo, circa 26 persone sono morte durante questo lungo viaggio. L’UNHCR, insieme alle autorità locali e al personale dei partner umanitari, sta assistendo i profughi portati a terra, molti dei quali richiedono cure mediche urgenti per stabilizzare la loro condizione. L’agenzia Oni sta inoltre aumentando velocemente le forniture e il personale per aiutare le comunità locali e le autorità locali a sostenere le persone soccorse.
Quest’anno più di 2,000 persone disperate hanno intrapreso rischiosi viaggi in mare nel Mare delle Andamane e nel Golfo del Bengala e quasi 200 sono morte. L’UNHCR ha anche ricevuto segnalazioni non confermate secondo le quali un’altra imbarcazione con circa 180 persone risulta ancora dispersa, con tutti i passeggeri presumibilmente morti.
Nelle ultime 6 settimane, l’Indonesia ha contribuito a salvare 472 persone su 4 barche, dimostrando il suo impegno e il rispetto dei principi umanitari di base per le persone che affrontano persecuzioni e conflitti. L’UNHCR «Esorta altri Stati a seguire questo esempio. Molti altri non hanno agito nonostante le numerose suppliche e appelli di aiuto. Gli Stati della regione devono adempiere ai loro obblighi legali salvando le persone sulle barche in difficoltà per evitare ulteriori sofferenze e morti».
I profughi soccorsi dall’Indonesia sono quasi tutti Rohingya che continuano a fuggire dal Myanmar. Più di 5 anni fa, centinaia di migliaia di Rohingya sono stati costretti a fuggire dalle loro case in Myanmar, dopo una campagna persecutoria messa in piedi dall’esercito e dalla destra buddista nazionalista birmana. Quasi un milione di Rohingya vive nell’erme campo profughi di Cox’s Bazar oltre il confine, nel vicino Bangladesh. A marzo, le Nazioni Unite hanno lanciato il loro nuovo piano di risposta, chiedendo oltre 881 milioni di dollari per i rifugiati e le comunità vicine (più di mezzo milione di bengalesi), anch’esse fortemente dipendenti dagli aiuti.
Quest’anno, i Rohingya hanno continuato a lasciare il Myanmar, molti tentando di attraversare il Mare delle Andamane, uno delle rotte più mortali al mondo. Quando a fine maggio almeno 17 profughi Rohingy, compresi bambini, morirono in mare al largo delle coste del Myanmar, la direttrice UNHCR per l’Asia e il Pacifico disse che «Questa tragedia ha dimostrato il senso di disperazione che provano ancora i Rohingya in Myanmar e nella regione. E’ scioccante vedere un numero crescente di bambini, donne e uomini intraprendere questi viaggi pericolosi e alla fine perdere la vita».
E purtroppo i Rohingya sono solo una goccia in un mare di disperazione: in tutto il mondo, per i profughi il 2022 è stato un altro Annus horribilis a maggio 100 milioni di persone erano state costrette a lasciare le loro case. Una cifra enorme che comprende coloro che fuggono da guerre, violenze, violazioni dei diritti umani che il capo dell’UNHCR, Filippo Grandi, ha definito «Un record che non avrebbe mai dovuto essere battuto».
Si tratta di 10 milioni di profughi in più che nel 2021 e dovuta soprattutto al deflaglare o all’acuirsi di guerre in molte parti del mondo, comprese Ucraina, Etiopia, Burkina Faso, Siria e Myanmar. L’UNHCR ricorda che «Migliaia di migranti disperati guardano all’Europa come meta privilegiata, mettendo la propria vita nelle mani dei trafficanti di esseri umani e partendo per pericolosi viaggi attraverso il Mediterraneo. Troppo spesso questi viaggi sono finiti in tragedia».
Il triste bilancio fatto dall’Onu a fine 2022 inizia con il peggioramento delle condizioni dei migranti in Yemen dove sono passati ormai più di 7 anni dall’inizio della guerra tra una coalizione filogovernativa sunnita guidata dall’Arabia saudita e i ribelli sciiti Houthi e i loro alleati al potere a Sana’a. Una guerra di invasione che ha portato al potere al sud un governo fantoccio e che ha provocato una catastrofe umanitaria e ha costretto più di 4,3 milioni di persone a lasciare le proprie case. A maggio, l’International Organization for Migration (IOM) e l’European Civil Protection and Humanitarian Aid Operations (ECHO) hanno annunciato che stavano intensificando gli sforzi per rispondere ai bisogni di oltre 325.000 sfollati a causa della guerra, compresi i migranti e le comunità che li ospitano. Christa Rottensteiner, a capo della missione IOM in Yemen, ha denunciato che «La situazione sta peggiorando anche per i migranti nello Yemen, in particolare le donne, che vivono in condizioni terribili nello Yemen con scarso controllo sulla propria vita». Ma, nonostante la terribile situazione interna. Lo Yemen resta una destinazione e un punto di transito per i migranti che lasciano i paesi del Corno d’Africa. Dopo essere arrivati nello Yemen, i migranti affrontano viaggi ancora più pericolosi, attraversando le zone di guerra – a rischio di subire gravi violazioni dei diritti umani, come detenzione, condizioni disumane, sfruttamento e trasferimenti forzati – diretti verso le monarchie petrolifere del Golfo in cerca di lavoro e dove vengono trattati come schiavi.
In Siria, dove la guerra civile e internazionale continua da 11 anni e dove quasi 5 milioni di bambini non hanno mai conosciuto la pace. Più di 80.000 siriani vivono nell’enorme campo di Za’atari, in Giordania, e molti di loro potrebbero non poter più tornare nel loro paese per il prossimo futuro. A luglio Dominik Bartsch , rappresentante dell’UNHCR nella capitale giordana Amman, ha ammesso: «Le prospettive di ritorno per il momento non sembrano promettenti. in Siria non vediamo un ambiente che favorisca i rimpatri». In tutto la Giordania ospita circa 675.000 rifugiati siriani registrati e la maggior parte di loro vive nelle sue città e villaggi tra le comunità locali: solo il 17% vive nei due principali campi profughi, Za’atari e Azraq.
A 10 mesi dall’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio e destinata a continuare nel 2023, i dati UNHCR mostrano che, a dicembre risultano registrati in tutta Europa oltre 7,8 milioni di rifugiati ucraini. Subito dopo l’inizio della guerra, le agenzie Onu si sono mobilitate per fornire supporto. L’ UNHCR ha coordinato la risposta dei rifugiati insieme alle altre agenzie e ai partner consociati delle Nazioni Unite, a sostegno delle autorità nazionali. Nella vicina Polonia, ad esempio, il personale Onu ha aiutato le autorità a registrare i rifugiati e a fornire loro alloggio e assistenza. Grandi ha elogiato i Paesi europei per la loro disponibilità ad accogliere gli ucraini, la maggior parte dei quali ha cercato rifugio nei Paesi vicini e ha espresso il suo dolore per l’Ucraina e i suoi cittadini: «Le famiglie sono state insensatamente fatte a pezzi. Tragicamente, a meno che la guerra non venga fermata, lo stesso varrà per molti altri». Tuttavia, questa generosità non è stata altrettanto evidente e generosa, quando si è trattato di assistere i profughi di comunità minoritarie. A marzo, Grandi ha denunciato «La discriminazione, il razzismo e la violenza che hanno dovuto affrontare» e ha testimoniato «La brutta realtà che alcune persone di colore e di colore che fuggono dall’Ucraina – e da altre guerre e conflitti in tutto il mondo – non hanno ricevuto lo stesso trattamento dei rifugiati ucraini». Preoccupazioni riprese a luglio, dal relatore speciale Onu sui diritti umani dei migranti González Morales: «Nel mondo esiste un doppio standard su come vengono trattati i rifugiati di Polonia e Bielorussia, in particolare quando si tratta di persone di origine africana e di altre minoranze razziali ed etniche».
In Etiopia, nonostante l’accordo di pace tra governo e indipendentisti tigrini, milioni di persone sono ancora sfollate nel Tigray a causa del conflitto iniziato il 3 novembre 2020 tra forze nazionali etiopi appoggiate da truppe eritree, milizie Amhara e di altre etnie e le forze fedeli al Tigray People’s Liberation Front. A gennaio l’UNHCR aveva denunciato fermamente il deterioramento delle condizioni umanitarie: i rifugiati nella regione stavano lottando per avere abbastanza cibo, medicine e acqua pulita e rischiavano la morte e, parlando dei campi profughi, il portavoce dell’UNHCR Boris Cheshirkov aveva detto che «La situazione disperata in questi campi è un chiaro esempio dell’impatto della mancanza di accesso e di rifornimenti che colpisce milioni di sfollati e altri civili in tutta la regione». I rifugiati sono stati attaccati: a febbraio, ad esempio, migliaia di eritrei sono stati costretti a fuggire da un campo nella regione di Afar, dopo che uomini armati – probabilmente dell’esercito eritreo – hanno fatto irruzione, rubando e ammazzando. Ad agosto, le agenzie Onu hanno lanciato un appello urgente per ottenere finanziamenti per aiutare più di 750.000 persone in cerca di rifugio in Etiopia. Il World food programme ha avvertito che, a meno che non ricevessero i finanziamenti, molti rifugiati non avrebbero avuto nulla da mangiare. La fragile sembrava reggere, con il ritorno degli aiuti nelle regioni settentrionali che sono state inaccessibili per mesi e molti profughi stanno tornando a casa per ricostruire le loro vite distrutte.
Secondo una triste statistica pubblicata dall’UNHCR ad aprile. «Tra il 2022 e il 2021, il numero di persone morte o disperse nel tentativo di raggiungere l’Europa in barca è raddoppiato, superando le 3.000 unità. Il portavoce dell’UNHCR Shabia Mantoo, ha sottolineato che «La maggior parte delle traversate in mare ha avuto luogo in gommoni stipati, non idonei alla navigazione, molti dei quali si sono capovolti o si sono sgonfiati causando la perdita di vite umane». Questo non ha dissuaso i profughi disperati a mettere a rischio la propria vita tentando la traversata marittima. A marzo, in un solo naufragio sono morti almeno 70 migranti al largo delle coste libiche. Ad agosto, al largo dell’isola greca di Karpathos, sono morte decine di persone e a settembre sono stati recuperati più di 70 corpi dopo un naufragio al largo della costa siriana.
In questo gigantesco dramma umano, il 6 dicembre c’è stato quello che l’UNHC ha definito un raggio di speranza: «Insieme a un impegno di 400 milioni di dollari da parte dei partner del settore privato dell’UNHCR – un gruppo di ONG indipendenti note come National Partners – in Argentina, Australia, Germania, Giappone, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti, nel 2023 gli impegni totali sono pari a 1,53 miliardi di dollari. i governi di tutto il mondo hanno promesso circa 1,13 miliardi di dollari, una cifra record».
Grandi ha concluso: «A seguito della guerra, dell’emergenza climatica e di altre crisi, gli sfollati in tutto il mondo devono affrontare bisogni senza precedenti. Fortunatamente, i generosi donatori dell’UNHCR continuano a sostenerli durante questi terribili giorni, creando speranza per un futuro migliore. Sono angosciato per i tagli che siamo stati costretti a fare quest’anno ai programmi salvavita perché i fondi non sono stati all’altezza delle necessità. Viviamo in tempi turbolenti. I conflitti irrisolti, l’aumento dei prezzi e gli eventi climatici più dannosi stanno accumulando pressione sui più vulnerabili. Il finanziamento annunciato oggi contribuirà ad alleviare alcune delle difficoltà, ma è necessario molto di più durante tutto l’anno».