L’insostenibile consumo di suolo aumenta il rischio clima
In Italia il cemento cresce al ritmo di 8 mq al secondo
[4 Dicembre 2013]
Alla vigilia della giornata mondiale dei suoli che si celebra il 5 dicembre, Legambiente torna a chiedere al Presidente del Consiglio Enrico Letta a ed al Parlamento ed al governo una corsia preferenziale per discutere e approvare in questa legislatura «Una legge che fermi il consumo di suolo e premi, invece, la riqualificazione edilizia, energetica e antisismica del patrimonio edilizio esistente, per avviare il cambiamento verso la rigenerazione urbana, secondo un nuovo modo di concepire il territorio e gli spazi urbani in chiave sostenibile».
Secondo gli ambientalisti, «Per dire basta alle vittime delle alluvioni, degli effetti dei cambiamenti climatici e del dissesto idrogeologico dobbiamo prendere atto che non è possibile continuare a cementificare il territorio. L’impermeabilizzazione dei terreni impedisce il naturale defluire delle acque e aumenta significativamente i rischi e i pericoli legati alle alluvioni Affinché non si ripetano tragici eventi, come quelli avvenuti recentemente in Sardegna come a Pescara e per salvare il paesaggio italiano, diciamo basta al consumo di suolo».
E’ infatti l’impermeabilizzazione una delle cause più evidenti dei disastri “naturali”: «Un suolo pienamente funzionante immagazzina fino a 3.750 tonnellate per ettaro o circa 400 mm di precipitazioni (in altri termini, un metro cubo di suolo poroso può trattenere tra 100 e 300 litri di acqua) – spiegano al Cigno Verde – . L’impermeabilizzazione riduce l’assorbimento di pioggia nel suolo, in casi estremi impedendolo completamente, con tutta una serie di effetti diretti sul ciclo idrogeologico, ma anche alcuni effetti indiretti sul microclima a livello di temperatura e umidità del suolo per il rischio di frane, ecc».
Il consumo di suolo è una delle più insidiose ed irreversibili forme di degradazione del suolo: si verifica ogni volta che un’area agricola, seminaturale o naturale viene trasformata in area urbanizzata. Legambiente lo definisce così: «È un fenomeno trasversale che interessa, con intensità variabili, qualsiasi Paese del mondo. In Europa ad esempio, nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2006, è stata “sacrificata” un’area più di 600 mila ettari ad una velocità di più di 100 mila ettari all’anno. Ciò implica che ogni anno in Europa è stata costruita una città come Berlino. In Italia ad esempio, a fronte di una crescita demografica ed economica quasi nulla, le aree urbanizzate continuano a crescere al ritmo di diverse decine di ettari al giorno».
Un rapporto pubblicato dalla Commissione europea nel 2011 stima che «Lla quota rilevata d’incremento di terreno occupato nell’Ue fra il 1990 e il 2000 fosse circa 1000 km2 l’anno, pari a una superficie maggiore della città di Berlino, ovvero 275 ettari al giorno; dal 2000 al 2006, l’incremento della quota di terreno occupato è scesa a 920 km² l’anno (252 ettari al giorno), ma non si sa ancora se questa tendenza possa dirsi confermata per il futuro. Il risultato è che nel 2006 ogni cittadino dell’Ue aveva un’impronta di occupazione del territorio di circa 390 m2, vale a dire 15 m2 in più rispetto al 1990. Di questi 390 m2, circa 200 m2 sono effettivamente impermeabilizzati, cioè coperti da cemento o asfalto, per un totale di 100 000 km2, ovvero il 2,3% del territorio dell’Ue».
Per quanto riguarda l’Italia, secondo i dati dell’Agenzia europea dell’ambiente, la percentuale di territorio cementificata è del 2,8%, quindi al di sopra della media europea, e l’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (Ispra) stima un consumo di suolo di 8 m2 al secondo. Meno comunque degli anni ’90, quando in Italia si raggiunse la cifra record di quasi 10 m2 al secondo, ma Legambiente avverte che «il ritmo degli ultimi cinque anni si conferma comunque accelerato, con una velocità superiore agli 8 m2 al secondo. Questo vuol dire che ogni cinque mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quella di Milano e Firenze. In termini assoluti, l’Italia è passata da poco più di 8 000 km2 di consumo di suolo del 1956 ad oltre 20.500 km2 nel 2010, un aumento che non si può spiegare solo con la crescita demografica: se nel 1956 erano irreversibilmente persi 170 m2 per ogni italiano, nel 2010 il valore raddoppia, passando a più di 340 m2».
Di consumo di suolo si discute oggi a Roma al convegno alla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, dove viene presentato il libro “L’insostenibile consumo di suolo” (Edicom Edizioni), di Ciro Gardi, Nicola Dall’Olio e Stefano Salata, che presenta una panoramica dei processi di consumo di suolo, partendo da una descrizione di ciò che avviene a livello globale, per arrivare ad analizzare in dettaglio la situazione Italiana. Il libro descrive anche le cause della cementificazione e le sue conseguenze sulla sicurezza alimentare e idraulica, il cambiamento del clima e altro ancora. Vengono presentate le possibili azioni correttive, sia dal punto di vista normativo che da quello vista tecnico. Gli autori dimostrano «Quanto sia necessario oggi governare il processo di conversione degli usi del suolo in atto a scala planetaria, europea ed italiana, fino ad individuare nella responsabilizzazione all’uso locale della risorsa uno dei temi più importanti per limitare, mitigare o compensare i futuri consumi di suolo».
La panoramica dei processi di consumo di suolo in corso valuta lo stato di avanzamento dell’attività di rilevazione delle variazioni d’uso del suolo in Italia e gli impatti che questo fenomeno determina in alcuni contesti regionali italiani. Infine, nel volume viene presentata «Una rassegna delle azioni e delle buone pratiche che possono essere intraprese ai differenti livelli amministrativi per ridurre, e nel lungo termine azzerare, il consumo di suolo in coerenza con l’obiettivo comunitario di consumo netto pari a zero».
Il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha concluso:«Il suolo è un bene comune e una risorsa limitata e non rinnovabile. C’è bisogno di una legge per fermare il consumo di suolo intervenendo sulle cause che lo determinano, che vanno dalla bolla finanziaria intorno all’edilizia all’uso distorto degli oneri di urbanizzazione. Se vogliamo fermare il consumo di suolo, è obbligatorio favorire la rigenerazione urbana: occorre intervenire sul patrimonio esistente, trasformare le periferie in ecoquartieri, ripensare la mobilità urbana e periurbana. Lo si può fare sviluppando un nuovo equilibrio tra fiscalità e incentivi che renda attraente, efficace e più semplice l’investimento nella città già costruita, impedendo che si producano anonime urbanizzazioni e piastre commerciali ai danni di campagne, coste e spazi aperti».