L’ondata di caldo estremo del Sahel non si sarebbe verificata senza il cambiamento climatico

Ha colpito duramente la popolazione altamente vulnerabile alla fine del Ramadan

[19 Aprile 2024]

Alla fine di marzo e all’inizio di aprile 2024 una regione del Sahel e dell’Africa occidentale ha sperimentato un caldo estremo, con temperature massime nel Sahel che secondo l’Agenzia meteorologica del Burkina Faso hanno superato i 45° C <, mentre le minime sono state di 32° C. Il 3 aprile a Kayes, in Mali, sono stati registrati 48,5° C.

Ma temperature estreme sono state segnalate in tutto il Sahel tra  Senegal, Guinea, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria e Ciad. In molti di questi paesi si sono verificate interruzioni di corrente durante l’episodio di caldo estremo, rendendo particolarmente difficile per la popolazione far fronte alle temperature altissime.

Gli scienziati di  World Weather Attribution ricordano che « Le ondate di caldo sono probabilmente il tipo più mortale di eventi meteorologici estremi e mentre il bilancio delle vittime è spesso sottostimato e non noto fino a mesi dopo l’evento, un aumento dei ricoveri ospedalieri e dei decessi è stato segnalato dall’ospedale Gabriel Touré di Bamako, in Mali, tra l’1 e il 4 aprile. Nell’arco di quattro giorni l’ospedale ha registrato 102 decessi, un numero decisamente superiore al previsto: nell’aprile 2023 l’ospedale ha registrato 130 decessi nell’arco dell’intero mese. Sebbene non siano state riportate statistiche sulle cause di morte, circa la metà aveva più di 60 anni e l’ospedale riferisce che il caldo probabilmente ha avuto un ruolo in molti dei decessi. Inoltre venerdì 5 aprile dopo il servizio settimanale in un cimitero di Bamako sono stati sepolti fino a 44 corpi».

Scienziati di  World Weather Attribution provenienti da Mali, Burkina Faso, Mozambico, Paesi Bassi, Svezia, Stati Uniti e Regno Unito hanno valutato  in che misura il cambiamento climatico indotto dall’uomo ha alterato la probabilità e l’intensità del caldo estremo nel Sahel e spiegano che «La nostra analisi si concentra in dettaglio sui Paesi che hanno registrato le temperature più elevate, soprattutto anche di notte, e il numero elevato di vittime segnalate: la parte meridionale del Mali e il Burkina Faso. Qui esaminiamo le temperature massime e minime su 5 giorni rispettivamente nella stagione da marzo a maggio e in aprile. Inoltre analizziamo le temperature massime di 5 giorni da marzo a maggio su una regione più ampia che comprende le parti più colpite del Senegal, Guinea, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria e Ciad».

I risultati dello studio sono inequivocabili e dimostrano ancora una volta che Paesi poverissimi che hanno contribuità minimamente all’emissione di gas serra sono quelli pòpiù colpiti dalla ricadute del riscaldamento globale cai usato soprattutto dai Paesi ricchi e industrializzati

World Weather Attribution  sottolinea che «Sebbene Burkina Faso e Mali siano entrambi paesi con popolazioni acclimatate alle alte temperature, la durata e la gravità di questa ondata di caldo hanno reso difficile per le persone farvi fronte, come evidenziato dall’aumento dei ricoveri e dei decessi segnalati. Le ondate di caldo sono tra i pericoli naturali più mortali: migliaia di persone muoiono ogni anno per cause legate al caldo e molte altre soffrono di altre gravi conseguenze sulla salute e sui mezzi di sostentamento. In molti luoghi non esiste una buona registrazione dei decessi legati al caldo, quindi i dati attualmente disponibili sono probabilmente sottostimati. Questa ondata di caldo ha coinciso con il Ramadan (digiuno) e con le interruzioni di corrente, che hanno aggravato il rischio per i gruppi vulnerabili e anche per quelli non tradizionalmente considerati vulnerabili. Anche le temperature minime, durante la notte, sono rimaste relativamente elevate, facendo sì che le persone non prendessero tregua dal caldo. Le interruzioni di corrente hanno ulteriormente reso difficile l’utilizzo del sistema di raffreddamento meccanico, riducendo così la loro capacità di far fronte».

I ricercatori  fanno notare che «Anche nel clima odierno, che dall’epoca preindustriale si è riscaldato di 1,2° C a causa delle attività umane, il caldo estremo osservato nella regione del Mali/Burkina Faso è ancora raro. Mentre le temperature giornaliere erano estreme, con un tempo di ritorno di circa 100 anni, le temperature massime di 5 giorni erano particolarmente insolite con un tempo di ritorno di 200 anni. Le temperature minime erano meno estreme ma comunque rare con un tempo di ritorno di 20 anni nel Mali/Burkina Faso. Per la regione del Sahel il tempo di ritorno delle temperature massime di 5 giorni è di 30 anni».

Per stimare l’influenza che il cambiamento climatico di origine antropica ha avuto sul caldo estremo da quando il clima era più freddo di 1,2° C, gli scienziati hanno combinato i modelli climatici con le osservazioni e dicono che «Sia le osservazioni che i modelli mostrano che le ondate di caldo della magnitudo osservata a marzo e aprile 2024 nella regione sarebbero state impossibili senza il riscaldamento globale di 1,2° C fino ad oggi. Se gli esseri umani non avessero riscaldato il pianeta bruciando combustibili fossili, Il caldo massimo estremo di 5 giorni, raro come l’evento osservato sul Mali/Burkina Faso, sarebbe stato più freddo di 1,5° C e di 1,4° C nella più ampia regione del Sahel. Per le temperature minime sul Mali/Burkina Faso la variazione di intensità è ancora maggiore: in un clima più fresco di 1,2° C le temperature notturne sarebbero state di 2° C più fresche».

World Weather Attribution  avvertono che  «Questi trend continueranno con il riscaldamento futuro. Sul Mali/Burkina Faso un’ondata di caldo come quella osservata sarebbe di 1° C più calda in un mondo più caldo di 0,8° C (riscaldamento globale di 2° C dall’epoca preindustriale). Un evento della stessa portata osservato nel 2024 non sarebbe più molto raro, ma si verificherebbe 10 volte più frequentemente che nel clima odierno».

I ricercatori hanno anche alutato se l’attuale evento di El Niño abbia avuto un’influenza sulle temperature estreme e hanno scoperto che «Sebbene vi sia un certo contributo, è piccolo rispetto al cambiamento climatico indotto dall’uomo, spiegando circa 0,2° C dell’evento di caldo di 5 giorni osservato. La rapida urbanizzazione e la perdita di spazi verdi in città come Bamako e Ouagadougou hanno aumentato l’effetto isola di calore urbano. Insieme all’elevata vulnerabilità, questo evidenzia la necessità di una pianificazione urbana sostenibile che integri spazi verdi e progetti di edifici che tengano conto delle alte temperature. Le infrastrutture critiche come l’elettricità, l’acqua e i sistemi sanitari devono essere rafforzate per adattarsi alla crescente frequenza e intensità del caldo estremo, richiedendo maggiori investimenti per garantire un accesso affidabile e la fornitura di servizi».