Niente di fatto a Madrid: la notte non porta consiglio alla Cop25 Unfccc
I piccoli Stati insulari: Lo spirito e gli obiettivi dell'Accordo di Parigi vengono erosi clausola per clausola, discussione per discussione
[14 Dicembre 2019]
Un riassunto di cosa (non) è successo alla 25esima Conferenza delle parti dell’Unfccc lo fa l’Italian Climate Network nel suo ultimo bollettino da Madrid: «Come consuetudine ormai i negoziati si protraggono oltre il tempo limite, dopo un’ultima giornata che ha visto numerosi bilaterali susseguirsi nel tentativo di sbloccare alcuni nodi importanti. La presentazione del Green New Deal europeo non ha avuto quell’ effetto trascinante sperato dai negoziatori, infatti Cina, India, Brasile e Sud Africa hanno dichiarato di aver raggiunto il livello massimo di ambizione. A proposito di ambizione, 73 Paesi (di cui 11 europei) hanno dichiarato di voler rafforzare i propri Contributi Determinati a livello Nazionale entro il 2020, nonostante la mancanza di impegno da parte di alcuni tra i grandi inquinatori. Sul fronte diritti umani sembrano esserci deboli riferimenti al Preambolo di Parigi nei testi di decisioni cruciali sull’articolo 6 dei mercati di carbonio e nel dibattito sul loss&damage. Si festeggia tuttavia l’approvazione del Gender Action Plan (GAP), ovvero il Piano d’Azione per assicurare la parità di genere nell’implementazione dell’Accordo di Parigi».
I negoziati che dovevano concludersi ieri, come è ormai abitudine, stanno continuando anche oggi e non è servito nemmeno l’ultimo disperato appello del segretario generale dell’Onu António Guterres: «Oggi è l’ultimo giorno della COP25 a Madrid e ho chiesto ai delegati di tutti gli Stati membri di trasmettere un messaggio di ambizione al mondo».
Guterres ha esortato tutti i Paesi ad «allineare i loro obiettivi alla scienza per assicurare che le temperature non superino un aumenti di 1,5 gradi Celsius alla fine del secolo».
Mentre le delegazioni si scontravano sui soliti temi irrisolti e sui soliti impegni non mantenuti, Guterres sosteneva che «E’ necessario uno spirito di compromesso per una regolamentazione di successo dei regolamenti legati alla messa in opera dell’Accordo di Parigi 2015», che è stato firmato da 193 Paesi che si sono impegnati a limitare i danni causati dal riscaldamento globale. Ma mentre piazze e strade di tutto il mondo si riempivano di milioni di giovani preoccupati del loro destino, Donald Trump portava fuori gli Usa dall’Accordo di Parigi, spalleggiato più o meno platealmente da Paesi vassalli come Arabia Saudita, Brasile e Australia e dalla Polonia che si appena rifiutata di aderire al Climate Deal dell’Unione europea.
Il pericoloso stallo di Madrid è figlio di queste politiche sovraniste – e allo stesso tempo neoliberiste e protezioniste – che stanno portando il mondo verso il baratro climatico che ribolle all’orizzonte. Per non parlare del cattolicissimo governo polacco che se ne frega di quel che dice il Papa e straccia metaforicamente l’Enciclica Laudato SI’. Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha detto che l’obiettivo climatico dell’Ue «Lo raggiungeremo al nostro ritmo», che non è quelle di cui ha bisogno il pianeta, ma quello di Trump.
Per i piccoli Stati insulari, così viene minato lo spirito dell’accordo di Parigi e Carlos Fuller, capo negoziatore per l’Alliance of small island states (Aosis) ha dichiarato di «essere sconvolto dallo stato dei negoziati e dalla mancanza di progressi. In questa fase, ci stanno mettendo alle strette. Temiamo di dover fare concessioni su troppe questioni che minerebbero l’integrità dell’accordo di Parigi».
Il ministro dell’ambiente di Grenada, Simon Steil, ha duramente criticato «Quei Paesi politicamente corretti che dicono la cosa giusta ma le cui parole sono disconnesse dalle loro azioni all’interno delle sale di negoziazione. Lo spirito e gli obiettivi dell’Accordo di Parigi vengono erosi clausola per clausola, discussione per discussione».
A nulla sembra essere valso l’appello di Guterres a «mostrare un impegno molto forte e un’ambizione molto forte in materia di azione climatica». I leader climatici hanno 16 anni e gli adulti che governano il mondo hanno ancora una volta dimostrato di essere degli afolescenti malcresciuti con un’idea del mondo vecchia, superata e pericolosa per l’umanità e il pianeta vivente- al capo dell’Onu non è restato altro che complimentarsi con l’Unione europea per l’impegno preso per la carbon neutrality entro il 2050 e così quel che avrebbe dovuto essere il risultato minimo della COP25 è diventato l’esempio virtuoso da «seguire in tutto il mondo». Secondo il suo portavoce, Guterres non si è dato per vinto fino all’ultimo e ha continauato a incontrare fino all’ultimo diverse delegazioni presenti alla COP25.
La gestione della conferenza è apparsa fin dall’inizio disastrosa – culminata con l’incredibile cacciata finale delle ONG – e il coordinatore della presidenza cilena della COP25, Andres Landerretche, non può certamente cavarsela ricordando a tarda notte che «La gente ci guarda» o che «I negoziati sono sempre stati molto difficili. Le nostre priorità sono ancora un appello all’ambizione e fare maggiori sforzi per l’attenuazione e l’adattamento». Poi ha ammesso che le questioni di base non risolte sono state l’elemento chiave che hanno impantanato i negoziati finali. «Alcuni gruppi chiedono più finanziamenti per andare avanti con i piani di azione climatica, in particolare per il trasferimento delle tecnologie e il rafforzamento delle capacità».