Non risolveremo la crisi climatica se non cambiamo modo di mangiare
Ma per farlo non dovremo necessariamente diventare tutti vegani
[9 Novembre 2020]
Secondo lo studio “Global food system emissions could preclude achieving the 1.5° and 2°C climate change targets”, pubblicato su Science da un team di ricercatori statuinitensi e britannici guidato da Michael Clarck dell’Oxford Martin School and Nuffield Department of Population Health cdell’università di Oxford, «Anche se le emissioni di combustibili fossili si interrompessero immediatamente, da sole le emissioni del sistema alimentare globale potrebbero aumentare le temperature globali di oltre 1,5 ° C».
Lo studio ritiene naturalmente la riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili essenziale per raggiungere gli obiettivi climatici globali, ma questo obiettivi non saranno raggiungibili «a meno che non venga trasformato anche il sistema alimentare globale». I ricercatori di Oxford dicono che la ricerca dimostra che «Se vogliamo raggiungere l’obiettivo dell’accordo di Parigi sul clima di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5° C o 2° C sopra i livelli preindustriali, ciò che mangiamo, quanto mangiamo, quanto viene sprecato e come viene prodotto il cibo dovrà cambiare drasticamente entro il 2050. Se le tendenze attuali continuano, le emissioni dei sistemi alimentari supererebbero l’obiettivo di 1,5° C entro 30 – 45 anni e potrebbero superare l’obiettivo di 2° C entro 90 anni, anche se tutte le altre fonti di emissioni di gas serra si fermassero immediatamente. Se altre fonti di emissioni di gas serra raggiungessero lo zero entro il 2050, l’obiettivo di 1,5° C verrebbe superato in 10 – 20 anni e l’obiettivo di 2° C entro la fine del secolo».
Clarck fa notare che «Le discussioni sulla mitigazione del cambiamento climatico si concentrano in genere sulla riduzione delle emissioni di gas serra dalla combustione di combustibili fossili, ad esempio, dai trasporti o dalla produzione di energia. Tuttavia, la nostra ricerca sottolinea l’importanza di ridurre le emissioni dal sistema alimentare globale. La buona notizia è che, se si agisce velocemente, ci sono molti modi realizzabili rapidamente per ridurre le emissioni da cibo. Queste includono sia l’aumento dei raccolti che la riduzione della perdita e dello spreco di cibo, ma la cosa più importante è che le persone si spostino verso diete prevalentemente vegetali».
Lo studio chiarisce che la riduzione delle emissioni di gas serra prodotte dai sistemi alimentari richiederà un’azione coordinata tra l’industria del cibo e i governi nazionali ma anche che «I cambiamenti avrebbero ulteriori vantaggi, ad esempio riducendo l’inquinamento e la scarsità dell’acqua, aumentando la biodiversità e riducendo il tasso di incidenza di condizioni fisiche e malattie legate all’alimentazione come obesità, diabete e malattie cardiache».
Lo studio, utilizzando l’indice GWP sviluppato di recente dall’Oxford Martin School, ha anche previsto come cambierebbero le emissioni di gas serra secondo 5 possibili scenari e percorsi per il sistema alimentare globale. Un indice che consente di riportare in modo più accurato il ruolo dei diversi gas serra nei cambiamenti di temperatura globale, riflettendo la differenza tra l’anidride carbonica a vita lunga e il metano a vita breve, prodotto dalla coltivazione del riso e dai ruminanti allevati come le mucche e uno degli autori, Jason Hill del Department of bioproducts and biosystems engineering dell’università del Minnesota, evidenzia che «Il mondo intero non deve rinunciare alla carne per raggiungere i nostri obiettivi climatici. Possiamo mangiare cibi migliori e più sani. Possiamo migliorare il modo in cui coltiviamo gli alimenti. E possiamo sprecare meno cibo».
Infatti, I ricercatori hanno scoperto che passare quasi completamente a una dieta ricca di vegetali in tutto il mondo potrebbe tagliare quasi 720 miliardi di tonnellate di gas serra (650 miliardi di tonnellate); Se quasi tutti mangiassimo il giusto numero di calorie in base alla nostra età, circa 2.100 calorie al giorno per molti adulti, si taglierebbero circa 450 miliardi di tonnellate di gas serra; Se l’agricoltura diventasse più efficiente in termini di emissioni di carbonio, utilizzando meno fertilizzanti, gestendo meglio il suolo e migliorando la rotazione delle colture, taglierebbe quasi 600 miliardi di tonnellate di gas serra; Se le aziende agricole potessero aumentare le rese attraverso la genetica e altri metodi, taglierebbero quasi 210 miliardi di tonnellate di gas serra; Se le persone sprecassero meno cibo a casa, al ristorante o donandolo alle persone nei Paesi più poveri, si eliminerebbero quasi 400 miliardi di tonnellate di gas serra.
Ma anche se il mondo facesse ognuna di queste 5 cose ma solo a metà, le emissioni calerebbero di quasi 940 miliardi di tonnellate e questo, insieme ai tagli alle emissioni di combustibili fossili, darebbe al mondo la possibilità di evitare tra 0 0,3 e 0,7 gradi Celsius di riscaldamento globale, restando dentro le previsioni dell’Accordo di Parigi.
Commentando lo studio in un’intervista all’Associated Press, Hans-Otto Pörtner, a capo del Working Group II dell’Ipccc ha detto traccia i molti percorsi per ottenere le riduzioni delle emissioni necessarie: »Ci sono molte innovazioni possibili con lo stop allo spreco alimentare e a pratiche insostenibili come il taglio delle foreste tropicali per la produzione di soia e la sua esportazione come mangime. Non si può ignorare che ridurre il consumo di carne a livelli sostenibili sarebbe importante».
Hill fa notare che per salv arci dalla catastrofe climatica non bisognerà diventare tutti vegani: «Il trucco sarebbe una dieta mediterranea, con meno carne e grassi animali, insieme al taglio delle porzioni, e renderebbe le persone più sane».
Anche secondo il direttore climatico del Breakthrough Institute, Zeke Hausfather (che non ha partecipato allo studio) «Qualcosa come convincere il mondo intero a diventare vegano sarebbe qualcosa di impossibile. Questo studio dimostra che un mix di diverse soluzioni comportamentali e tecnologiche può fare davvero la differenza”.
John Roy Porter, che insegna agricoltura all’università di Montpellier ha criticato lo studio dicendo che in alcuni casi ha conteggiato due volte le emissioni, cosa che Hill contesta, ma Porter è preoccupato perché «Le uniche persone che trarranno realmente profitto da un paper del genere saranno la lobby dei combustibili fossili che potranno distogliere l’attenzione dai pozzi petroliferi ai campi degli agricoltori».
Ma Hill non vuole passare per complice della lobby dei combustibili fossili e conclude ribattendo che «Mentre la maggior parte dei gas serra del mondo provengono dalla combustione di carbone, petrolio e gas naturale, da un quarto a un terzo dei gas serra provengono dall’agricoltura»,
Quindi il problema c’è ed è bello grosso, anche se non dovremo diventare tutti vegani.