Nuovo pacchetto Ue clima-energia, Legambiente e Greenpeace: inadatto a fronteggiare l’emergenza climatica
Per essere in linea con la soglia critica di 1.5° C, l’Europa deve ridurre le emissioni del 65%
[14 Luglio 2021]
Secondo il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani «Il nuovo Pacchetto legislativo Clima-Energia “Fit for 55” adottato oggi dalla Commissione europea è inadeguato a fronteggiare la sempre più preoccupante emergenza climatica. Per contribuire equamente al raggiungimento dell’obiettivo di 1.5°C previsto dall’Accordo di Parigi, l’Europa deve ridurre le emissioni di almeno il 65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, andando ben oltre il 55% previsto dalla Legge europea sul clima. La palla passa ora a Consiglio e Parlamento. Serve fare di più. E il nuovo pacchetto clima ed energia sarà il banco di prova della capacità di leadership europea nell’azione globale per fronteggiare l’emergenza climatica. Serve un primo importante segnale già nei prossimi mesi in vista della Conferenza sul Clima (COP26) del prossimo novembre a Glasgow».
Per Legambiente «Un contributo importante può e deve venire da un’ambiziosa revisione degli attuali target, in modo da rendere il pacchetto “Fit for 1.5”. Ossia adeguato all’obiettivo di 1.5° C di Parigi».
Anche per Greenpeace Greenpeace European Unit, «Nonostante una serie di annunci accattivanti, il pacchetto di proposte politiche pubblicato dalla Commissione europea mercoledì non è adatto ad affrontare la crisi climatica».
Il direttore Greenpeace EU, Jorgo Riss, ha dichiarato: “Celebrare queste politiche è come un saltatore in alto che rivendica una medaglia per essere passato sotto l’asticella. Non si può eludere le regole del gioco, proprio come non si può ignorare la scienza del clima. Ma l’intero pacchetto si basa su un obiettivo troppo basso, che non regge di fronte alla scienza e non fermerà la distruzione dei sistemi vitali di supporto del nostro pianeta. Nonostante tutto il clamore fatto, molte politiche non entreranno in vigore per 10 anni o più, come le nuove auto inquinanti che verranno vendute fino al 2035, mentre altre in realtà alimenteranno il fuoco, come etichettare la combustione degli alberi come energia rinnovabile. Mentre il pianeta continua ad affrontare ondate di caldo mortali, incendi violenti e devastanti tempeste e inondazioni, l’obiettivo del 55% dell’Ue per i tagli netti alle emissioni entro il 2030 è ben al di sotto di ciò che la scienza richiede per limitare il riscaldamento globale a 1,5° C e prevenire il collasso di natura, economia e società».
Legambiente ricorda cha «L’ultimo Emissions Gap Report dell’Unep ha evidenziato che l’attuale azione climatica ci porta verso un allarmante surriscaldamento del pianeta di 2.5°C entro la fine del secolo, anche con i recenti nuovi impegni». Secondo l’Unep, per poter contenere l’aumento della temperatura media globale entro la soglia critica 1.5°C, è cruciale che l’azione climatica dei governi sia così ambiziosa da consentire una riduzione media annua del 7.6% da qui al 2030, ossia almeno del 65% per quanto riguarda l’Europa.
Legambiente rilancia il monito del recente rapporto “Economics of Climate Change Risks” di Swiss Re, una delle maggiori compagnie assicurative: «Oltrepassare la soglia di 1,5° C entro la fine del secolo avrà effetti devastanti sull’ecosistema globale e sulle generazioni future. In Europa un aumento di 2.5°C comporterà una perdita dell’8% del PIL europeo entro il 2050».
Il Cigno Verde è convinto che «Per contribuire a centrare l’obiettivo di 1.5°C e ridurre le emissioni del 65%, entro il 2030 i settori attualmente coperti dal Sistema europeo di scambio delle quote di emissione (ETS) devono conseguire riduzioni delle emissioni pari almeno al 70%, mentre gli altri settori (trasporto su strada, edilizia, agricoltura e rifiuti) disciplinati invece dal Regolamento sulla ripartizione degli sforzi nazionali (ESR) devono ridurre le emissioni di almeno il 50% rispetto ai livelli del 2005».
Mauro Albrizio, responsabile dell’ufficio europeo di Legambiente, aggiunge: «Per un’azione climatica ambiziosa – è cruciale che il trasporto su strada, gli edifici e le emissioni agricole continuino a sottostare pienamente alle norme dell’ESR. Gli Stati membri devono continuare ad essere completamente responsabili dell’azione climatica in questi settori. Gli obiettivi nazionali vincolanti vanno rafforzati, non indeboliti. Solo con politiche nazionali ambiziose e vincolanti nei trasporti, nell’edilizia e nell’agricoltura sarà possibile raggiungere l’obiettivo collettivo europeo di riduzione del 65% delle emissioni climalteranti entro il 2030. Il ricorso all’ETS per il trasporto su strada e l’edilizia è un grave errore. Può spostare i suoi costi verso le famiglie, con un impatto preoccupante su quelle a basso reddito, aggravando le divisioni sociali in Europa e creare così una forte opposizione sociale alla politica climatica europea, rendendo sempre più in salita la strada per fronteggiare l’emergenza climatica. Vanno messi in campo tutti gli strumenti necessari, come il nuovo Fondo sociale per l’azione climatica, per garantire una giusta transizione senza lasciare indietro nessuno».
L’associazione ambientalista italiana evidenzia che «Cruciale per un Pacchetto Fit for 1.5 è la revisione delle Direttive su rinnovabili ed efficienza energetica. Serve andare oltre i target proposti dalla Commissione. Per contribuire a ridurre le emissioni del 65% entro il 2030, è necessario aumentare il target per le rinnovabili al 50% e quello per l’efficienza al 45%, senza alcun incentivo per i combustibili “low-carbon”, a partire dal gas fossile. Per essere in linea con l’obiettivo di 1.5°C, nella revisione del Regolamento LULUCF, inoltre, va introdotto un target addizionale (visto che gli assorbimenti agroforestali possono essere non permanenti) e legalmente vincolante, sia a livello europeo che nazionale, per lo sviluppo di sinks naturali ed il recupero degli ecosistemi, che abbia come obiettivo un assorbimento annuo di almeno 600 milioni di tonnellate di CO2 a livello europeo entro il 2030, raddoppiando la proposta della Commissione».
Per Legambiente un altro settore sul quale è fondamentale su cui intervenire, con la revisione del Regolamento sui limiti di emissione di CO2 per auto e furgoni, è quello dei trasporti che «Emette circa il 25% delle emissioni climalteranti complessive ed è l’unico che continua a veder crescere le sue emissioni. Mentre le emissioni complessive sono diminuite del 24% rispetto al 1990, quelle dei trasporti sono aumentate del 29%. E gli attuali target al 2030 non sono in grado di garantire la necessaria inversione di rotta. L’attuale livello di vendite di veicoli elettrici consente già alle aziende automobilistiche di rispettare i target ora in vigore, riducendo le emissioni entro il 2030 di appena il 6% rispetto al 2021, grazie alle ampie flessibilità consentite. Per Legambiente la nuova normativa, pertanto, deve eliminare queste flessibilità ed aumentare gli attuali target di riduzione delle emissioni rispetto al 2021. L’attuale target per il 2025 deve passare dal 15% ad almeno il 25%, mentre il target per il 2030 deve essere innalzato al 65% rispetto al 37.5% attuale per essere in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi».
Ciafani conclude: «Insieme a target più ambiziosi, per incentivare il passaggio all’elettrico, è fondamentale che si fissi anche una data di phase-out delle auto tradizionali e si diffonda una capillare rete di infrastrutture di ricarica. Dal 2035 nessun veicolo con motore termico deve essere venduto su tutto il territorio europeo, consentendo ai Paesi più avanzati come l’Italia di anticipare già al 2030 il divieto di vendita di veicoli a benzina e diesel. Una sfida che l’Europa può e deve vincere, se vuole seriamente contribuire a fronteggiare l’emergenza climatica».