Anche in questo caso la lotta contro i cambiamenti climatici può salvare vite umane
Oms, la morte per inquinamento atmosferico ci vede benissimo: colpiti i più poveri, anche in Europa
Ogni anno sono 7 milioni i decessi prematuri legati alla cattiva qualità dell’aria nel mondo. In Italia si stimano circa 90mila vittime
[2 Maggio 2018]
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha aggiornato oggi i dati sui livelli d’inquinamento atmosferico presenti in oltre 4.300 città di 108 Paesi, rendendo così il database Oms il più completo al mondo. Ne risulta che il 70% di queste città presenta livelli di inquinamento da polveri sottili (PM2.5) superiori alle linee guida Oms, arrivando all’80% nelle città dell’Unione europea (che presenta il maggior numero di luoghi in grado di presentare dati sull’inquinamento atmosferico) e al 96% dei Paesi in via di sviluppo, che soffrono a causa dei livelli di inquinamento troppo elevati.
«I dati mostrano che la dipendenza dall’energia sporca rappresenta un rischio per la salute a livello globale – commenta Andrea Boraschi, responsabile campagna Trasporti Greenpeace Italia – 9 persone su 10 sono esposte a livelli di inquinamento dell’aria pericolosi per la salute e l’inquinamento dell’aria è responsabile ogni anno di milioni di morti premature».
Nel dettaglio, l’Oms stima che l’inquinamento atmosferico sia responsabile di 4,2 milioni di morti premature l’anno (2016), alle quali si aggiungono altri 3,8 milioni di decessi nello stesso periodo dovuti a una forma d’inquinamento cui raramente prestiamo attenzione, ovvero quella presente negli ambienti interni (dovuta ad esempio all’impiego di stufe e combustibili inquinanti per la cottura dei cibi, ma non solo). Insieme fanno 7 milioni di morti premature.
Ci sono molti modi di morire a causa dell’inquinamento atmosferico. Secondo l’Oms sono da attribuire a questo fattore il 24% dei decessi dovuti a malattie cardiache, il 25% di quelli legati a ictus, raggiungendo il 29% nel caso di tumori ai polmoni e addirittura il 43% per la broncopneumopatia cronica ostruttiva.
L’inquinamento atmosferico riguarda tutti, ma non si tratta di una falce che miete vittime in modo indiscriminato. Il suo criterio è quello della disuguaglianza: «Oltre il 90% dei decessi correlati all’inquinamento atmosferico – argomenta l’Oms – si verificano nei Paesi a basso e medio reddito, principalmente in Asia e Africa, seguiti dai Paesi a basso e medio reddito nelle regioni del Mediterraneo orientale, dell’Europa e delle Americhe».
A livello globale, 15 fra le 20 città maggiormente inquinate sono in India, mentre 16 delle città maggiormente inquinate nell’Unione europea si trovano in Polonia. L’India sta mettendo a punto un piano nazionale, ma mancano ancora degli obiettivi precisi; i dati Oms mostrano invece ampi progressi in Cina, dove gli investimenti in energia pulita, un piano nazionale contro l’inquinamento dell’aria e i rigidi standard sulle emissioni hanno prodotto un livello medio di PM2.5 (nelle città disponibili a fornire i dati) diminuito fino al 30% dal 2013 al 2016. Ad ogni modo, vale la pena notare che in Cina il livello medio di PM2.5 nelle città campionate è cinque volte superiore a quello stabilito dalle linee guida dell’Oms, e ciò evidenzia la necessità di stabilire nuovi obiettivi e misure più ambiziose. Il monitoraggio della qualità dell’aria necessita inoltre di essere urgentemente ampliato, in particolare in Asia meridionale, nel Sud est asiatico e nell’Africa Subsahariana: queste due ultime aree forniscono infatti dati sulla qualità dell’aria solo in 92 città, un numero inferiore all’intera Austria.
Quel che è necessario fare però lo sappiamo già. «L’aumento dell’utilizzo di carbone, petrolio e gas nel 2017, che implica non solo una crescita delle emissioni di CO2 ma anche quella delle emissioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera, rappresenta – osserva Boraschi – un grave rischio per la salute delle persone e necessita di un’azione immediata. Per assicurare aria pulita per tutti e salvare vite umane, i governi devono stabilire con urgenza scadenze improrogabili e piani d’azione per raggiungere gli obiettivi di qualità dell’aria. Per raggiungerli è necessaria una transizione veloce a fonti di energia pulite e trasporti sostenibili».
Un esempio dei traguardi raggiungibili seguendo questo percorso – anche e soprattutto in Europa – arriva dallo studio The Lancet Countdown on health benefits from the UK Climate Change Act: a modelling study for Great Britain, appena pubblicato da Lancet Planetary Health. Lo studio esplora i benefici per la salute e la qualità dell’aria legati alla mitigazione del cambiamento climatico, e in particolare quelli derivanti dal raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti dal Climate Change Act del Regno Unito del 2008 (che prevede una riduzione dell’80% delle emissioni di anidride carbonica rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050).
Londra e altre città del Regno Unito violano regolarmente gli standard di qualità dell’aria dell’Ue e dell’Oms, soprattutto a causa delle emissioni dei trasporti, e gli operatori sanitari affermano che gli attuali livelli di inquinamento atmosferico causano 40.000 decessi prematuri all’anno, oltre a costare all’economia 20 miliardi di sterline in costi sanitari e perdita di produttività. Tuttavia, la ricerca rileva che se il Regno Unito raggiungesse il suo obiettivo di riduzione delle emissioni, uno dei principali inquinanti, il biossido di azoto (NO2), si ridurrebbe del 50-60%,e si registrerebbero anche riduzioni significative dei livelli di particolato fine. Nel loro insieme, queste riduzioni porterebbero a un miglioramento della salute pubblica, oltre a produrre benefici economici. La ricerca dimostra che vi sono motivi urgenti per cui tutti i paesi che hanno sottoscritto l’Accordo di Parigi dovrebbero tradurre in realtà i loro impegni in materia di cambiamenti climatici.
Anche l’Italia avrebbe solo da guadagnare combattendo con più vigore l’avanzata dei cambiamenti climatici e (dunque) dell’inquinamento atmosferico collegato: il nostro Paese ha infatti i tassi più alti di morti causate dal micro inquinamento particellare di NO2 and PM10 in Europa. Si stima che circa 473mila decessi prematuri si verifichino in Europa a seguito dell’inquinamento atmosferico ogni anno, nonché 23mila morti premature, 12mila casi di bronchite cronica e 21mila ricoveri ospedalieri attribuibili alle emissioni delle centrali a carbone, per un costo totale di 62 miliardi di euro.
In Italia, le morti premature a causa dell’inquinamento atmosferico si stima si aggirino intorno alle 90mila ogni anno. Eppure le nostre emissioni di gas serra sono tornate a crescere, e secondo l’ultimo Def approvato dal governo continueranno a farlo (e più del previsto) senza interventi correttivi.