Oxfam: gli aiuti per il clima indebitano i Paesi fragili e in guerra
2 miliardi di persone, un quarto dell’umanità, vivono in Paesi già nella morsa del debito
[6 Dicembre 2023]
Il rapporto “Forgotten Frontlines” pubblicato da Oxfam perte dalla convinzione che «Lo stanziamento globale delle risorse necessarie a contenere il caos climatico e centrare l’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 °C (rispetto al periodo pre-industriale) è ancora del tutto insufficiente. Un dato di fatto che risulta ancor più evidente se si guarda agli aiuti destinati ai Paesi più fragili e spesso attraversati da laceranti conflitti, che potrebbero ritrovarsi sempre più schiacciati dal peso del debito estero, al punto da non essere più in grado di erogare i servizi essenziali minimi ai propri cittadini».
Un allarme che l’Ong internazionale lancia mente alla COP28 Unfccc in corso a Dubai si sta discutendo di come e quanto finanziare le perdite e i danni subiti dai Paesi in via di sviluppo a causa delle emissioni “storiche” dei Paesi sviluppati. Infatti, Oxfam rivela che «Gli aiuti erogati dai Paesi ricchi a quelli più fragili o colpiti da conflitti (fragile and conflict-affected states o FCAS) tra il 2019 e il 2020 sono stati in media di 13,64 dollari all’anno per abitante. Cifra che paradossalmente crolla a 6,68 dollari a persona, se si guarda ai soli finanziamenti destinati ai Paesi dove i conflitti sono ancora in corso. Una carenza di aiuti che lascia milioni di persone già colpite dalla guerra, completamente indifese di fronte agli effetti di eventi climatici sempre più estremi e imprevedibili».
Il rapporto denuncia che «Esistono forti disparità sul livello di finanziamenti per il clima verso gli Stati considerati fragili o colpiti da conflitti: si va, ad esempio, dai 1.083 dollari all’anno per abitante delle isole Tuvalu, a 0,67 dollari per persona in Siria. Aiuti comunque che sono del tutto insufficienti, anche se considerati complessivamente».
Oxfam fa notare che oltre la metà dei finanziamenti verso questi Paesi sono stati erogati sotto forma di prestiti o altre forme di finanziamento a debito, «Con l’effetto di costringere Stati già poverissimi ad indebitarsi sempre più. Basti pensare che nel 2022, ben 29 Paesi in queste condizioni sono stati classificati a rischio medio-alto di sofferenza debitoria. Nonostante ciò, quasi il 10% dei finanziamenti per il clima è arrivato sotto forma di prestiti non agevolati, ossia senza la concessione di condizioni preferenziali (come la previsione di tassi di interesse più bassi o di periodi più lunghi per i rimborsi). Solo poco più del 41% del totale è stato erogato sotto forma di prestiti agevolati».
Safa Jayoussi, policy advisor di Oxfam per la giustizia climatica in Medio Oriente e Nord Africa, evidenzia che «Gli aiuti necessari a fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico, non dovrebbero stritolare i Paesi più poveri e vulnerabili in una spirale di debiti. E’ inaccettabile che Stati già devastati da conflitti debbano rimborsare i Paesi più ricchi per poter affrontare una crisi di cui non sono responsabili».
Oxfam stima che ben 2 miliardi di persone, un quarto dell’umanità, vivano in Paesi che non possono permettersi di contrarre ulteriori prestiti di fronte ai livelli di indebitamento esistenti e dice che «L’unica soluzione sarebbe quella di tagliare la spesa pubblica, con conseguenze gravissime sui livelli di povertà. Situazione che già si sta verificando per metà (il 57%) dei Paesi più poveri del mondo, che contano 2,4 miliardi di persone, in cui nei prossimi 5 anni la spesa pubblica sarà tagliata per un totale di 229 miliardi di dollari. Tutto questo avviene nonostante i Paesi più vulnerali ai cambiamenti climatici o attraversati da conflitti siano classificati come i meno preparati a rispondere ai disastri climatici. Il Burkina Faso ne è un esempio, in preda all’emergenza climatica e 2 milioni di abitanti in fuga da fame e guerra».
In occasione della Cop 28 di Dubai, Oxfam lancia perciò un appello urgente affinché «Gli aiuti per il clima a questi Paesi siano erogati sotto forma di sovvenzioni e non di prestiti, aumentando gli aiuti diretti ai Paesi in conflitto e alle organizzazioni locali, rafforzando la collaborazione tra gli attori umanitari, le organizzazioni che si battono contro il cambiamento climatico e per costruire la pace».
la Jayoussi conclude: «E’ ora di abbandonare i vecchi modelli di finanziamento che soddisfano le preferenze dei donatori per passare a soluzioni basate sui bisogni dei Paesi e delle comunità colpite. Dobbiamo inaugurare un nuovo corso in grado di rafforzare le comunità locali con finanziamenti sotto forma di sovvenzioni per assicurare cambiamenti sostenibili e a lungo termine».