Sicurezza alimentare mondiale a rischio per colli di bottiglia, clima e vulnerabilità delle infrastrutture
La regione più colpita sarà il Nord Africa e Medio oriente
[28 Giugno 2017]
«I decisori politici devono agire immediatamente per ridurre il rischio di gravi perturbazioni in alcuni porti, stretti marittimi e vie di trasporto terrestri, che potrebbe avere devastanti effetti a catena per la sicurezza alimentare globale». E’ quel che emerge dal rapporto “Chokepoints and Vulnerabilities in Global Food Trade” della Chatham House, il Royal institute of international affair.
Ogni anno una flotta mondiale di navi, treni e camion trasporta in giro per il mondo tanto mais, frumento, riso e soia da alimentare circa 2,8 miliardi di persone, più di un abitante su tre del pianeta terra. Il rapporto identifica 14 strozzature cruciali per la sicurezza alimentare globale. 8 sono vie navigabili marittime, tra le quali i canali di Panama e Suez e gli stretti turchi che collegano il Mar Nero al Mar Egeo e al Mediterraneo. Ci sono tre colli di bottiglia continentali comprese le vie navigabili interne negli Usa e la rete stradale del Brasile, e 3 costieri, tra i porti del Mar Nero e quelli sulla Costa dl Golfo Usa.
Secondo I due autori dello studio, Rob Bailey e Laura Wellesy, «I colli di bottiglia del commercio – marittimi, costieri e interni – rappresentano un rischio inesplorato e crescente per la sicurezza alimentare globale e con la crescita della popolazione mondiale i colli di bottiglia marittimi diventeranno un ostacolo sempre più presente, influenzando le preferenze alimentari, l’espansione della bioenergia e rallentando miglioramenti nella resa delle colture, fino a influenzare la domanda di grano importato.
Secondo Bailey e Wellesy, l’aumento del volume del commercio internazionale, la crescente dipendenza dalle importazioni dei Paesi con deficit alimentare, la scarsità di investimenti, la governance debole, i cambiamenti climatici e dirompenti pericoli emergenti, tutti insieme, è sempre più probabile che provocheranno blocchi di questi chokepoint, sia su piccola scala che e su larga scala.
I cambiamenti climatici avranno un forte impatto sui colli di bottiglia commerciali, aumentando il rischio di perturbazioni meteorologiche e inducendo effetti isolati e molteplici.
Il rapporto spiega che oltre la metà del commercio mondiale di soia, cereali e fertilizzanti passa attraverso almeno un collo di bottiglia marittimo, mentre il 10% passa attraverso un collo di bottiglia marittimo per il quale non c’è nessuna alternativa globale. Un quinto delle esportazioni mondiali di grano transita degli stretti turchi e quattro porti sulla costa meridionale del Brasile gestiscono un quarto delle esportazioni mondiali di soia.
La Wellesley è convinta che «Il cambiamento climatico peggiorerà le cose, aumentando la frequenza di eventi meteorologici estremi, alimentando i conflitti e danneggiando infrastrutture già indebolite»
Quasi il 25% di tutti gli alimenti per il consumo umano viene scambiato sui mercati internazionali ed è una percentuale destinata ad aumento. Medio Oriente e Nord Africa (Mena) sono la regione del mondo più dipendente dalle importazioni alimentari, in particolare dal grano del Mar Nero. Poco più di un terzo di tutte le importazioni di cereali del Mena passa attraverso almeno un collo di bottiglia marittimo per il quale non c’è nessuna valida alternativa. E il rischio di blocco, data la situazione politica nella regione, è alto, con immediate ripercussioni sui flussi migratori verso l’Europa.
Anche Paesi importatori di generi alimentari netti a basso reddito dell’Africa sub-sahariana, tra cui Uganda, Etiopia, Kenya, Tanzania e Sudan, sono molto esposti, ma lo sono anche Paesi ricchi come il Giappone e la Corea del Sud.
Il rapporto dice che i rischi per i colli di bottiglia sono in aumento proprio mentre cresce la nostra dipendenza da loro e che il cambiamento climatico, come spesso accade, moltiplicherà le minacce esistenti: «Se un uragano paragonabile in ferocia All’uragano Katrina del 2005 dovesse chiudere le esportazioni degli Stati Uniti dal Golfo del Messico e se, allo stesso tempo, precipitazioni estreme reso le strade del Brasile impraticabili (quest’ultimo fatto è accaduto nel 2013), potrebbe essere colpite fino al 50% delle esportazioni di soia a livello mondiale. Se questo a sua volta si è verificasse in concomitanza con un’ondata di caldo nel Mar Nero simile a quella registrata nel 2010 , circa il 64% delle spedizioni di soia globale potrebbe essere fermate o ritardate».
Il tutto è complicato dal ritardo degli investimenti nelle infrastrutture rispetto alla crescita della domanda: «Reti essenziali nelle principali regioni produttrici di colture sono deboli e in invecchiamento ed è urgente una capacità aggiuntiva», dice il rapporto.
Gli autori dicono che «La natura sempre più interconnessa del commercio alimentare mondiale significa che l’alterazione di una rotta commerciale potrebbe avere effetti a catena per le altre. Il rischio potenziale è sia poco conosciuto che mal gestito, se non per la Cina, che ha fatto di più per ridurre la propria esposizione al rischio di collo di bottiglia. Pechino è profondamente consapevole della sua esposizione e investe attivamente nelle infrastrutture all’estero per alleviare la pressione sui punti di strozzatura esistenti, per diversificare le rotte di approvvigionamento e aumentare la propria presenza operativa lungo le catene di fornitura». Per questyo, «La disputa territoriale in corso sul Mar Cinese Meridionale può aggiungere insicurezza per il cibo nella regione».
Chatham House raccomanda di integrare le analisi sui colli di bottiglia nella gestione dei rischi e nella pianificazione della sicurezza: «Per esempio, le agenzie governative dovrebbero valutare l’esposizione e la vulnerabilità al rischio dei colli di bottiglia a livello nazionale e subnazionale».
Bisogna anche investire nelle infrastrutture per garantire la futura sicurezza alimentare: «Per esempio concordando gli orientamenti per le infrastrutture clima-compatibili attraverso una task force internazionale, istituita all’interno del G20».
Ma è anche necessario accrescere la fiducia e la prevedibilità del commercio mondiale: «Ad esempio, attraverso un processo gestito dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) per ridurre continuamente la possibilità di restrizioni alle esportazioni».
Nel mondo che cambia del riscaldamento globale e della sovrappopolazione c’è bisogno di sviluppare accordi per le forniture alimentari e per le emergenze umanitarie e di realizzare uno stoccaggio strategico più intelligente: «Ad esempio, un meccanismo di risposta che emerga tra i principali players del commercio alimentare mondiale, modellato in parte sull’International energy agency per i mercati petroliferi e guidato dalla Food and agriculture organization (Fao), dalWorld food programme (Wfp) dell’Onu o dalll’Agricultural market information system (Amis)».
Occorre però costruire le conoscenze di base sul rischio collo di bottiglia: «anche attraverso la raccolta di dati sul tempo reale sul commercio alimentare e sulla capacità infrastrutturale per aiutare nella valutazione dei rischi per le catene di approvvigionamento alimentare».
La Wellesley mette in guardia: «I rischi sono in crescita, dato che tutti noi commerciamo di più con l’altro e il cambiamento climatico la fa da padrone. L’industria petrolifera sta mappando questo tipo di rischio per anni, ma è stato tristemente trascurato nelle discussioni sulla sicurezza alimentare. Gli eventi passati, comprese le alluvioni in Brasile e nel sud degli Stati Uniti, ed i divieti di esportazione sul grano dai paesi del Mar Nero che hanno contribuito in parte alla primavera araba, ci danno un assaggio del tipo di perturbazioni che possono verificarsi quando si chiudono i colli di bottiglia».