State of the global climate 2023: indicatori del cambiamento climatico a livelli record (VIDEO)

Indicatori fuori scala in un mondo sempre più caldo, pericoloso e ingiusto

[20 Marzo 2024]

Il nuovo rapporto “State of the Global Climate 2023” pubblicato dalla World meteorological organization (Wmo) dimostra che ancora una volta nel 2023 «Sono stati battuti, e in alcuni casi distrutti, tutti i record per quanto riguarda i livelli di gas serra, le temperature superficiali, il calore e l’acidificazione degli oceani, l’innalzamento del livello del mare, la copertura del ghiaccio marino antartico e il ritiro dei ghiacciai» e che «Ondate di caldo, inondazioni, siccità, incendi e cicloni tropicali in rapida intensificazione hanno causato miseria e caos, sconvolgendo la vita quotidiana di milioni di persone e causando perdite economiche per molti miliardi di dollari».

Il rapporto Wmo conferma che il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, con la temperatura media globale pari a 1,45 °Celsius (con un margine di incertezza di ± 0,12° C) al di sopra della baseline preindustriale. E l’ultimo decennio è stato il più caldo mai registrato.

La Wmo evidenzia che «Il State of the Global Climate 2023 ha dato un nuovo significato inquietante alla frase “fuori scala”».

Lo  State of the Global Climate  è stato pubblicato a pochi giorni dal World Meteorological Day  del 23 marzo e pone le basi per una nuova campagna di azione climatica di United Nations Development Programmeel Programma e Wmo che prenderà il via il  21 marzo

Presentando il rapporto, il segretario generale dell’Onu António Guterres ha detto che «Le sirene di allarme risuonano su tutti i principali indicatori… Alcuni record non sono solo in vetta alle classifiche, ma stanno addirittura sfondando le classifiche. E i cambiamenti stanno accelerando».  E la il segretaria generale della Wmo, Celeste Saulo, ha avvertito che «Non siamo mai stati così vicini – anche se in questo momento su base temporanea – al limite inferiore di 1,5° C previsto dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. La comunità WMO sta lanciando l’allarme rosso al mondo. Il cambiamento climatico riguarda molto più che le temperature. Quello a cui abbiamo assistito nel 2023, in particolare con il caldo  senza precedenti dell’oceano, il ritiro dei ghiacciai e la perdita del ghiaccio marino antartico, è motivo di particolare preoccupazione».

Ecco i principali indicatori presi in esame dal rapporto:

Gas serra

Nel 2022, le concentrazioni dei tre principali gas serra – anidride carbonica, metano e protossido di azoto – hanno raggiunto livelli record. I dati in tempo reale provenienti da località specifiche mostrano che questo aumento è continuato nel 2023. I livelli di CO2 sono più alti del 50% rispetto all’era preindustriale e intrappolano il calore nell’atmosfera. La lunga durata della CO2 significa che le temperature continueranno ad aumentare per molti anni a venire.

Temperatura

Nel 2023, la temperatura media globale in prossimità della superficie è stata  era di 1,45 ± 0,12°C  superiore alla media preindustriale del periodo 1850-1900. Il 2023 è stato l’anno più caldo nei 174 anni di dati osservativi, infrangendo il record dei precedenti anni più caldi: il  2016 con 1,29 ± 0,12° C sopra la media del periodo 1850-1900 e nel 2020 con 1,27 ± 0,13° C. La temperatura media globale del decennio 2014-2023 è stata di 1,20 ±0,12°C superiore alla media del periodo 1850-1900.  A livello globale, ogni mese da giugno a dicembre nel 2023 ha registrato temperature record. Settembre 2023 è stato particolarmente degno di nota, superando di ampio margine il precedente record globale di settembre (da 0,46 a 0,54° C).

La Wmo sottolinea che «L’aumento a lungo termine della temperatura globale è dovuto all’aumento delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera. Il passaggio dalle condizioni di La Niña a El Niño a metà del 2023 ha contribuito al rapido aumento della temperatura dal 2022 al 2023».

Le temperature medie globali della superficie del mare (SST) hanno raggiunto livelli record da aprile in poi, con i record di luglio, agosto e settembre battuti con un margine particolarmente ampio. Un caldo eccezionale è stato registrato nell’Atlantico settentrionale orientale, nel Golfo del Messico e nei Caraibi, nel Pacifico settentrionale e in vaste aree dell’Oceano Antartico, con diffuse ondate di caldo marino. Alcune aree di riscaldamento insolito, come l’Atlantico nord-orientale, non corrispondono ai tipici modelli di riscaldamento associati a El Niño, che era visibilmente presente nel Pacifico tropicale.

Caldo oceanico

Secondo un’analisi consolidata dei dati, nel 2023 il contenuto di calore dell’oceano ha raggiunto il livello più alto. I livelli di riscaldamento mostrano un aumento particolarmente forte negli ultimi due decenni e si prevede che il riscaldamento continuerà, un cambiamento irreversibile su scale che vanno da centinaia a migliaia di anni. La Wmo ricorda che  «Ondate di caldo marino più frequenti e intense hanno profonde ripercussioni negative sugli ecosistemi marini e sulle barriere coralline».

L’oceano ha registrato globalmente una copertura media giornaliera delle ondate di caldo marino pari al 32%, ben al di sopra del precedente record del 23% del 2016. Alla fine del 2023, la maggior parte dell’oceano tra 20° S e 20° N taca subendo ondate di caldo da primi di novembre.

Di particolare rilievo sono state le estese ondate di caldo marino nel Nord Atlantico, iniziate a primavera, con un picco a settembre e persistente fino alla fine dell’anno. La fine del 2023 ha visto un’ampia fascia di ondate di caldo marino gravi ed estreme in tutto il Nord Atlantico, con temperature di 3° C superiori alla media.

Praticamente tutto il Mar Mediterraneo ha subito forti e gravi ondate di caldo marino per il 12cesimo anno consecutivo.

L’acidificazione degli oceani è aumentata a causa dell’assorbimento di anidride carbonica.

Innalzamento del livello del mare

Nel 2023, il livello medio globale del mare ha raggiunto un livello record dal 1993, da quando esistono dati satellitari per questo indicatore che riflette sia l’espansione che lo scioglimento dei ghiacciai e delle banchise glaciali dovuti al continuo riscaldamento degli oceani.

Il tasso di innalzamento medio globale del livello del mare negli ultimi dieci anni (2014-2023) è stato più del doppio del tasso di innalzamento del livello del mare nel primo decennio dei dati satellitari (1993-2002).

Criosfera

Nel febbraio 2023, l’estensione del ghiaccio marino antartico ha raggiunto il minimo record assoluto per l’era satellitare (dal 1979) ed è rimasta al minimo storico per il periodo da giugno fino all’inizio di novembre. Il massimo annuale di settembre è stato di 16,96 milioni di km2, circa 1,5 milioni di km2 al di sotto della media del periodo 1991-2020 e 1 milione di km2 al di sotto del precedente minimo record.

L’estensione del ghiaccio marino artico è rimasta ben al di sotto della norma, con l’estensione massima e minima annuale del ghiaccio marino che è stata rispettivamente la quinta e la sesta più bassa mai registrate.

Combinando i dati delle due principali calotte glaciali – la Groenlandia e l’Antartide – i 7 anni di scioglimento più elevati mai registrati sono stati tutti a partire dal 2010 e i tassi medi di perdita di massa sono aumentati dalle 105 Gigatonnellate all’anno nel periodo 1992-1996 alle 372 Gigatonnellate all’anno nel periodo 2016–2020. il che equivale a circa 1 mm all’anno di innalzamento globale del livello del mare causato dallo scioglimento delle calotte glaciali.

Nell’anno idrologico 2022-2023 la calotta glaciale della Groenlandia ha continuato a perdere massa. La scorsa estate è stata la più calda mai registrata alla stazione meteorologica  Summit della Groenlandia: ben 1,0° C più calda rispetto al record precedente. I dati satellitari sull’estensione dello scioglimento indicano che la calotta glaciale ha avuto la terza area cumulativa di giorni di scioglimento più alta mai registrata nel periodo 1978-2023), dopo la stagione di scioglimento estremo del 2012 e 2010.

I dati preliminari per l’anno idrologico 2022-2023 indicano che l’insieme globale di ghiacciai di riferimento ha subito la più grande perdita di ghiaccio mai registrata nel periodo 1950-2023, con in bilancio di massa estremamente negativo sia nel Nord America occidentale che in Europa.

I ghiacciai delle Alpi europee hanno vissuto una stagione di scioglimento estremo. In Svizzera negli ultimi 2 anni i ghiacciai hanno perso circa il 10% del loro volume residuo. Nel 2023, l’America del Nord occidentale ha subito una perdita record di massa di ghiacciai, a un tasso 5 volte superiore a quello misurato per il periodo 2000-2019. Nel periodo 2020-2023, i ghiacciai del Nord America occidentale hanno perso circa il 9% del loro volume del 2020.

Eventi meteorologici e climatici estremi

Gli eventi meteorologici e climatici estremi  – grandi inondazioni, cicloni tropicali, caldo estremo e siccità e incendi boschivi – hanno avuto importanti impatti socioeconomici su tutti i continenti abitati.

Le inondazioni legate alle precipitazioni estreme causate dal ciclone mediterraneo Daniel hanno colpito Grecia, Bulgaria, Turchia e Libia con perdite di vite umane particolarmente pesanti in Libia a settembre.

Il ciclone tropicale Freddy di febbraio e marzo è stato uno dei cicloni tropicali più duraturi del mondo, con impatti importanti su Madagascar, Mozambico e Malawi.

A maggio, il ciclone tropicale Mocha è stato uno dei cicloni più intensi mai osservati nel Golfo del Bengala e ha provocato 1,7 milioni di sfollati nella subregione che va dallo Sri Lanka al Myanmar, attraverso l’India e il Bangladesh, oltre a peggiorare la grave insicurezza alimentare.

L’uragano Otis si è intensificato fino a raggiungere un livello massimo di categoria 5 nel giro di poche ore, uno dei tassi di intensificazione più rapidi nell’era dei satelliti. Il 24 ottobre ha colpito la località costiera messicana di Acapulco, provocando perdite economiche stimate in circa 15 miliardi di dollari e uccidendo almeno 47 persone.

Il caldo estremo ha colpito molte parti del mondo. Alcuni delle ondate di caldo più significative si sono verificate  nell’Europa meridionale e nel Nord Africa, soprattutto nella seconda metà di luglio. Le temperature in Italia hanno raggiunto i 48,2° C, mentre temperature record sono state registrate a Tunisi 49,0° C, Agadir 50,4° C e Algeri 49,2 °C.

La stagione degli incendi in Canada è stata la peggiore mai registrata: la superficie totale bruciata è stata di 14,9 milioni di ettari, più di 7 volte la media a lungo termine. Gli incendi hanno provocato anche un grave inquinamento da fumo, in particolare nelle aree densamente popolate del Canada orientale e degli Stati Uniti nordorientali. L’incendio più mortale dell’anno si è verificato alle Hawaii, con almeno 100 morti – l’incendio più mortale negli Stati Uniti da oltre 100 anni – e perdite economiche stimate in 5,6 miliardi di dollari.

Il Grande Corno d’Africa, dopo anni di siccità, nel 2023 ha subito notevoli inondazioni nel 2023, in particolare verso la fine dell’anno. Le inondazioni hanno causato lo sfollamento di 1,8 milioni di persone in Etiopia, Burundi, Sud Sudan, Tanzania, Uganda, Somalia e Kenya, oltre ai 3 milioni di sfollati interni o oltre confine a causa delle 5 stagioni consecutive di siccità in Etiopia, Kenya, Gibuti e Somalia.

La siccità a lungo termine è continuata nell’Africa nordoccidentale e in alcune parti della penisola iberica, ma anche in diverse aree dell’Asia centrale e sudoccidentale. Si è intensificata in molte parti dell’America Centrale e del Sud America. Nel nord dell’Argentina e in Uruguay, le precipitazioni da gennaio ad agosto sono state dal 20 al 50% inferiori alla media, con conseguenti perdite di raccolti e carenza idrica.

Impatti socioeconomici

La Wmo sottolinea che «I rischi meteorologici e climatici hanno esacerbato le sfide legate alla sicurezza alimentare, agli spostamenti di popolazione e agli impatti sulle popolazioni vulnerabili. Hanno continuato a innescare nuovi sfollamenti prolungati e secondari e ad aumentare la vulnerabilità di molti che erano già stati sradicati da complesse situazioni multicausali di conflitto e violenza. Uno degli elementi essenziali per ridurre l’impatto dei disastri è disporre di efficaci sistemi di allerta precoce multi-rischio. L’iniziativa Early Warnings for All mira a garantire che tutti siano protetti da sistemi di allarme rapido entro la fine del 2027. Lo sviluppo e l’attuazione di strategie locali di riduzione del rischio di catastrofi sono aumentati dall’adozione del Sendai Framework for Disaster Risk Reduction».

Il rapporto cita dati dei 78 Paesi monitorati dal World Food programme (WFP) secondo i quali «Il numero di persone che soffrono di insicurezza alimentare acuta in tutto il mondo è più che raddoppiato, da 149 milioni di persone prima della pandemia di Covid-19 a 333 milioni di persone nel 2023».  Per il WFP, i livelli globali della fame sono rimasti invariati dal 2021 al 2022 ma sono ancora molto al di sopra dei livelli pre-pandemia di Covid-19: nel 2022, ben 735,1 milioni di persone, il 9,2% della popolazione mondiale, erano sottonutrite.  Il rapporto Wmo, evidenzia che «Conflitti protratti, recessioni economiche e prezzi elevati dei prodotti alimentari, ulteriormente esacerbati dai costi elevati dei fertilizzanti agricoli determinati da conflitti in corso e diffusi in tutto il mondo, sono alla base degli elevati livelli di insicurezza alimentare globale. Questo è aggravato dagli effetti del clima e delle condizioni meteorologiche estreme».

Per esempio, nell’Africa australe  il passaggio del ciclone Freddy nel febbraio 2023 ha colpito Madagascar, Mozambico, Malawi meridionale e Zimbabwe. Le inondazioni hanno sommerso vaste aree agricole e causato gravi danni ai raccolti e all’economia.

La generazione di energia rinnovabile, guidata principalmente dalle forze dinamiche della radiazione solare, del vento e del ciclo dell’acqua, è diventata in prima linea nell’azione per il clima per il suo potenziale di raggiungere obiettivi di decarbonizzazione.

Ma per la Wmo c’è un barlume di speranza, «La produzione di energia rinnovabile, guidata principalmente dalle forze dinamiche del solare fotovoltaico, dell’eolico e dell’droelettrico, è in prima linea nell’azione per il clima per il suo potenziale di raggiungere obiettivi di decarbonizzazione. A livello mondiale è già in corso una sostanziale transizione energetica. Nel 2023, l’aggiunta di capacità rinnovabile è aumentata di quasi il 50% rispetto al 2022, per un totale di 510 gigawatt (GW). Questa crescita segna il tasso più alto osservato negli ultimi due decenni e indica e dimostra il potenziale per raggiungere l’obiettivo di energia pulita fissato alla COP28 di triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale per raggiungere 11.000 GW entro il 2030».

Finanziamento climatico

Nel 2021/2022, i flussi finanziari globali legati al clima hanno raggiunto quasi 1,3 trilioni di dollari, quasi raddoppiando rispetto ai livelli del 2019/20. Ma la Climate Policy Initiative fa notare che rappresentano solo circa l’1% del PIL globale e la Wmo conferma che «C’è un grande gap finanziario. In uno scenario medio, per un percorso degli 1,5° C, gli investimenti annuali in finanziamenti per il clima devono crescere di oltre 6 volte, raggiungendo quasi 9mila miliardi di dollari entro il 2030 e altri 10mila miliardi di dollari fino al 2050.  Il costo dell’inazione è ancora più alto. Considerando il periodo 2025-2100, il costo totale dell’inazione è stimato a 1.266 trilioni di dollari, ovvero, la differenza tra le perdite in uno scenario business as usual e quelle subite in un percorso 1,5° C. Questa cifra rischia tuttavia di essere drammaticamente sottostimata. I finanziamenti per l’adattamento continuano a essere insufficienti. Sebbene i finanziamenti per l’adattamento abbiano raggiunto il massimo storico di 63 miliardi di dollari nel 2021/2022, il gap globale nel finanziamento dell’adattamento si sta ampliando, risultando ben al di sotto dei 212 miliardi di dollari all’anno stimati necessari fino al 2030 nei soli Paesi in via di sviluppo».

Lo State of the Global Climate 2023 sarà al centro del meeting Copenhagen Climate Ministerial  del 21 e 22 marzo, durante il quale  i leader e i ministri del clima di tutto il mondo si riuniranno per la prima volta dopo la COP28 per definire un’azione accelerata sul clima. Il miglioramento dei Nationally Determined Contributions  (NDC) dei paesi prima della scadenza di febbraio 2025 sarà una delle principali priorità dell’agenda, così come la conclusione di un ambizioso accordo sui finanziamenti alla COP29 di Baku per mettere in atto i piani nazionali.

La Saulo ha concluso: «La crisi climatica è la sfida decisiva che l’umanità si trova ad affrontare ed è strettamente intrecciata con la crisi della disuguaglianza, come testimoniano la crescente insicurezza alimentare, gli spostamenti di popolazione e la perdita di biodiversità. L’azione climatica è attualmente ostacolata dalla mancanza di capacità di fornire e utilizzare i servizi climatici per informare i piani nazionali di mitigazione e adattamento, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Dobbiamo aumentare il sostegno ai servizi meteorologici e idrologici nazionali per essere in grado di fornire servizi di informazione a garantire che la prossima generazione di Nationally Determined Contributions sia basata sulla scienza».

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