Il nuovo studio dell’Università di Trieste parte dall’analisi dell’ultima glaciazione

Sulle Alpi il riscaldamento del clima procede a velocità doppia rispetto alla media globale

Negli ultimi ventimila anni la temperatura è aumentata di 9°C, di cui 2,2°C concentrati dal 1800 in poi

[9 Novembre 2023]

Dopo quattro anni di lavoro, i ricercatori dell’Università di Trieste hanno appena pubblicato sulla rivista scientifica Climate of the past un nuovo studio che mostra come il riscaldamento globale sulle Alpi procede a velocità quasi doppia rispetto alla media globale.

Durante l’ultimo massimo glaciale avvenuto sulle Alpi tra 26mila e 21mila anni fa, i ghiacciai si spinsero nelle pianure pedemontane e sono ancora oggi identificabili grazie alle grandi morene frontali ben conservate, ad esempio quelle del Tagliamento a Nord di Udine, del Garda a nord di Verona o nel comprensorio Ivrea-Verbano in Piemonte.

Un contesto dunque molto diverso da quello attuale, ma anche rispetto alla situazione presente sulle Alpi in tempi molto più recenti, ovvero nell’epoca pre-industriale (all’inizio dell’1800) da cui sono iniziate in modo massiccio le emissioni di gas serra legate all’impiego dei combustibili fossili.

I risultati mostrano infatti come il clima delle Alpi, oltre ventimila anni fa, fosse mediamente 6.8°C più freddo rispetto ai livelli preindustriali, e più freddo di circa 9°C rispetto ad oggi; in altre parole, circa 2,2°C di riscaldamento climatico si sono concentrati in appena duecento anni.

Una differenza che si fa ancora più marcata guardando alla stagione che ha subito le variazioni più significative, ovvero l’estate: in questo caso, ventimila anni fa sulle Alpi si registravano temperature più basse di 7.3°C rispetto ai livelli preindustriali, ossia quasi 10°C in meno rispetto alle estati attuali.

«Questo studio – commentano dall’Università di Trieste – ha aperto nuove prospettive sull’uso dei modelli climatici regionali per lo studio dei climi passati, in quanto tali modelli possono offrire un dettaglio spaziale che ci permette di capire meglio gli indicatori climatici rilevati sul campo soprattutto in aree, come quella alpina, caratterizzate da morfologie molto complesse».