Unep: il mondo deve urgentemente ridurre del 25% le emissioni previste entro il 2030
Malgrado l’Accordo di Parigi andiamo verso un aumento delle temperature da 2,9 a 3,4°C entro la fine del secolo
[4 Novembre 2016]
«Il mondo deve urgentemente e radicalmente rivedere le sue ambizioni, aumentandole per ridurre di circa un quarto le emissioni mondiali di gas serra previste entro il 2030 e avere una chance di minimizzare il cambiamento climatico pericoloso», a dirlo è l’United Nations environment programme (Unep) sulla base del suo “Emissions Gap Report”, presentato ieri pomeriggio a Londra, che analizza ogni anno lo scarto tra bisogni e prospettive in materia di riduzione delle emissioni climalteranti.
Il rapporto, pubblicato insieme al “1 Gigaton Coalition Report” alla vigilia dell’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi, constata che «Nel 2030, le emissioni dovrebbero raggiungere tra le 54 e le 56 gigatonnellate equivalenti di CO2, cioè largamente al di sopra del livello fissato a 42 Gt per avere una chance di limitare il riscaldamento planetario a 2℃ entro la fine del secolo». Una gigatonnellata (Gt) equivale all’incirca alle emissioni prodotte ogni anno dai trasporti (compresa l’aviazione) nell’Unione europea.
L’Unep ricorda che «Gli scienziati sono d’accordo nel dire che limitare l’aumento della temperatura mondiale al di sotto dei 2℃ (in rapporto ai livelli dell’era preindustriale) permetterà di ridurre i rischi di tempeste violente, di lunghi periodi di siccità, di aumento del livello del maree di altri effetti sul clima. Raggiungere l’obiettivo minimo fissato a 1,5 ℃ permetterebbe di ridurre questi effetti, ma non di eliminarli».
Ma il problema che emerge dai rapporti Unep è che anche nel caso di un’attuazione integrale degli impegni presi a Parigi, «le emissioni previste entro il 2030 provocheranno un aumento delle temperature mondiali da 2,9 a 3,4° C entro la fine del secolo. Se aspettiamo ancora qualche anno prima di aumentare il livello di ambizione, rischiamo di compromettere la possibilità di raggiungere l’obiettivo degli 1,5° C, di accrescere la dipendenza dalle tecnologie a forte intensità di carbonio e di aumentare il costo di una transizione globale verso un’economia a basse emissioni».
Il direttore esecutivo dell’Unep, Erik Solheim, resta fiducioso: «Siamo sulla buona strada. L’Accordo di Parigi permetterà di rallentare il cambiamento climatico, così come il recente emendamento di Kigali che punta a ridurre gli Hfc. Questi due accordi dimostrano un solido impegno, tuttavia, non sono sufficienti se vogliamo darci la possibilità di evitare un grave cambiamento climatico. Se non prendiamo già oggi delle misure supplementari, ad iniziare dalla prossima conferenza sul clima a Marrakech, bisognerà deplorare l’avvento di una tragedia umana evitabile. Il numero crescente dei rifugiati climatici colpiti dalla fame, dalla povertà, dalle malattie e dai conflitti ci ricorderà in modo incessante il nostro fallimento. La scienza indica che dobbiamo agire molto più velocemente»
Il fatto che il 2015 sia stato l’anno più caldo da quando vengono registrati I dati sulle temperature globali, ha fatto capire ai leader mondiali la necessità di agire urgentemente. Una tendenza al riscaldamento globale che è proseguita anche nel 2016 che si appresta a battere il record del 2015. Ma il rapporto dice che le emissioni che provocano il global warming continuano ad aumentare.
L’emendamento di Kigali al Protocollo di Montréal firmato a ottobre mira a ridurre considerevolmente l’uso di idrofluorocarburi (Hfc): «Secondo studi precedenti – dice l’Unep – l’emendamento, se venisse pienamente attuato, potrebbe permettere di ridurre le temperature medie di 0,5° C, anche se i tassi di emissioni non inizieranno a diminuire i modo notevole prima del 2025».
L’unep bacchetta i Paesi del G20 che, pur essendo in grado di mantenere collettivamente i loro impegni presi a Cancún riguardo al clima entro il 2020, non sono sufficientemente ambiziosi per realizzare davvero gli obiettivi sulle temperature previsti nell’Accordo di Parigi.
L’Emissions Gap Report fornisce anche una valutazione delle tecnologie e delle opportunità per identificare le riduzioni supplementari necessarie, includendo in particolare le organizzazioni non governativa, l’accelerazione dell’efficienza energetica e l’incrocio con gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
L‘Unep è convinto che «Gli attori non governativi (il settore privato, le città, le regioni e gli altri protagonisti subnazionali, come le mobilitazioni civiche) possono contribuire alla riduzione delle emissioni per diverse gigatonnellate entro il 2030 in settori come l’agricoltura e i trasporti, se le numerose iniziative raggiungessero i loro obiettivi e se non sostituiranno altre iniziative».
Il rapporto individua nell’efficienza energetica uno dei settori nei quali gli investimenti potrebbero permettere di fare enormi progressi: «Nel 2015, gli investimenti in questo settore sono aumentati del 6%, cioè di 221 miliardi di dollari, il che indica che le misure si stanno già attuando. Gli sudi mostrano che un investimento tra i 20 e I 100 dollari per tonnellata di CO2 potrebbe permettere di ridurre entro il 2030 le emissioni energetiche di 5,9 Gt nel settore delle costruzioni, di 4,1 Gt nel settore dell’industria e di 2,1 Gt nel settore dei trasporti».
Un nuovo rapporto pubblicato da The 1 Gigaton Coalition, un’analisi succinta degli impegni presi a Cancún dai Paesi del G20, indica che «I progetti basati sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica implementati nei Paesi in via di sviluppo tra il 2005 e il 2015 permetteranno di ridurre le emissioni energetiche di crca mezza gigatonnellata entro il 2020, comprese le misure adottate da Paesi che non avevano preso alcun impegno ufficiale a Cancún».
Il ministro degli esteri del governo di centro-destra norvegese, Børge Brende, è convinto che I progetti basati sulle energie rinnovabili e l’efficienza energetica contribuiscono in maniera importante alla riduzione delle emissioni mondiali di gas serra sostenuta dalla comunità internazionale. Grazie al lavoro della 1 Gigaton Coalition siamo in grado di misurare e di analizzare gli impatti di questi progetti per sapere cosa ci resta ancora da fare per raggiungere i nostri obiettivi in materia di clima. La coalizione ha per obiettivo quello di incitare i Paesi in tutto il mondo ad agire e ad aumentare il loro grado di ambizione per la lotta contro i cambiamenti climatici attraverso il settore dell’energia»
In conclusione, il rapporto Unep evidenzia che «La lotta contro il cambiamento climatico è intimamente legata agli obiettivi di sviluppo sostenibile. I primi effetti del cambiamento climatico possono indebolire la nostra capacità di realizzare gli obiettivi fissati per il 2030 e la nostra capacità di raggiungere gli obiettivi fissati per la lotta contro il cambiamento climatico peserà fortemente sul mantenimento dei progressi dello sviluppo dopo il 2030».
L’Unep conclude: «Il successo della messa in opera dell’Accordo di Parigi e del programma degli obiettivi di sviluppo sostenibile dipenderà dalla capacità dei governi nazionali a fissare degli obiettivi nazionali che contribuiscano alle due iniziative e che traggano vantaggi dalle opportunità comuni».