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Vuoi salvare il clima? Smetti di credere di essere eco-friendly (VIDEO)

Quando prendiamo decisioni "eco-compatibili", il nostro cervello può portarci fuori strada
 |  Crisi climatica e adattamento

Secondo lo studio “Why People Harm the Environment Although They Try to Treat It Well: An Evolutionary-Cognitive Perspective on Climate Compensation”, pubblicato su Frontiers in  Psychology da Patrik Sörqvist e Linda Langeborg dell'università svedese di Gävle, «Le persone tendono a giudicare il loro impatto ambientale utilizzando l'intuizione morale che si è evoluta per gestire lo scambio sociale,  ma questo può fare più male che bene».

Una nuova teoria suggerisce che pensiamo alla nostra relazione con l'ambiente come a uno scambio sociale, il che ci porta alla convinzione che un comportamento "rispettoso dell'ambiente" possa compensare il comportamento "dannoso". Ma a differenza di un errore di valutazione sociale, la nostra impronta ambientale non può essere “smussata”.

Il nuovo studio rivela come i pubblicitari, i politici e i sistemi economici giocano sulla psicologia  della "compensazione climatica"  e incoraggia un nuovo approccio razionale.

Per spiegare perché facciamo del male all'ambiente, anche quando cerchiamo di trattarlo bene, gli psicologi svedesi hanno una teoria: è praticamente impossibile tenere traccia dell'impatto ambientale di ognuna delle nostre azioni, quindi per valutare la nostra impronta ecologica ricorriamo a "regole empiriche" mentali. «Il problema- dicono -  è che questi giudizi innati e intuitivi si sono evoluti per affrontare l'interazione sociale, dove le decisioni moralmente rette e ingiuste possono annullarsi a vicenda».

Sörqvist  che insegna psicologia ambientale all’università di Gävle, spiega ancora: «La reciprocità e l'equilibrio nelle relazioni sociali sono stati fondamentali per la cooperazione sociale e, quindi, per la sopravvivenza, così, attraverso la selezione naturale, il cervello umano si è specializzato per calcolare e cercare questo equilibrio. Ma se applicato ai cambiamenti climatici, questo pensiero sociale sul dare e prendere porta a pensare erroneamente che le scelte "verdi" possano compensare quelle insostenibili. In realtà, tutti i consumi causano danni permanenti all'ambiente, e le opzioni verdi sono nel migliore dei casi meno dannose piuttosto che riparatrici. Non puoi baciare l’ambiente e truccarti. Andare in jet nei Caraibi ti caricherà di un enorme peso ambientale, non importa quanti lunedì senza carne fai».

Ma la convinzione che si possa fare "compensazione climatica" è pervasiva e i due ricercatori svedesi sottolineano che «Gli studi dimostrano che quando i cosiddetti prodotti "eco-friendly" vengono aggiunti a una serie di prodotti "convenzionali", le persone ritengono che l'impatto ambientale dell'intero set sia invariato o addirittura ridotto».

Sörqvist aggiunge: «Ad esempio, altri ricercatori hanno dimostrato che la gente pensa intuitivamente che, insieme, il peso ambientale di un hamburger e di una mela biologica fosse inferiore al peso ambientale dell'hamburger da solo, o che le emissioni totali di un parco auto rimanessero le stesse quando a quella  flotta vengono aggiunte delle auto ibride»

Questo meccanismo psicologico ci porta a perseguire tutti i tipi di correzioni sbagliate per alleviare la nostra eco-colpa: «Le persone potrebbero acquistare generi alimentari extra perché sono "etichettati ecologicamente"; pensano di poter giustificare il viaggio in aereo  per le vacanze all'estero perché sono andati in bicicletta per lavorare, o di poter fare più docce perché hanno ridotto la temperatura dell'acqua. E le compagnie – e anche le nazioni - pretendono di bilanciare le emissioni di gas serra piantando alberi o pagando per compensare le emissioni di carbonio attraverso l’European Union Emission Trading Scheme. Intanto, la cosa migliore che potremmo fare per l'ambiente sarebbe naturalmente consumare meno in generale».

I due ricercatori svedesi sono convinti che  per indirizzare meglio i comportamenti delle persone, delle imprese e degli Stati lontano da comportamenti dannosi per l’ambiente attuati in nome della compensazione climatica, ci vorrebbero invece una legislazione più severa sugli strumenti di marketing e una stima obbligatoria dell'impronta di carbonio dei prodotti.

«Termini come “eco-friendly” o “green” incoraggiano la visione che gli oggetti, i comportamenti e le decisioni con queste etichette sono "buoni" per l'ambiente, piuttosto che “meno cattivi"  - conclude la Lagenborg -  Ad esempio, definire un ristorante di hamburger “100 % climate compensated’", può indurre la gente a credere che cenare in quel ristorante non abbia un peso ambientale. Invece, potremmo fornire ai consumatori un feedback immediato su quanto è "eco-etichettato" e su altri prodotti che si vanno ad aggiungere all'impatto ambientale di ciò che stanno acquistando. Ad esempio, i sistemi di auto-scansione nei supermercati potrebbero fornire ai clienti una stima dell'impronta di carbonio accumulata nel loro carrello della spesa».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.