Ecologia: se quarant’anni di discussione partoriscono i “soliti” incentivi
[30 Aprile 2014]
Se il Sole24Ore con Nova oggi sente ancora l’esigenza di fare una sorta di speciale sull’ecologia – anche se in formato ridotto – affermando cose del tipo: “Il valore aggiunto della sostenibilità” e aggiungendo spiegazioni sul che cosa sia questa sostenibilità – «può comprime i costi, massimizzare l’efficienza del materiale e dell’energia» – significa, purtroppo, che per quanto ci sembra sia stato fatto in quest’ultimo decennio per fare massa critica attorno al concetto di economia ecologica, moltissima strada rimanga ancora da fare. E non si tratta neanche di una deduzione granché nuova, visto che in realtà questa discussione non è affatto moderna, men che meno semplicemente ascrivibile nella categoria del futuribile.
Sono quarant’anni infatti che il tema è emerso, e oggi non è più a maturazione, ma tendente al marcio. Com’è lampante nei paesi asiatici che sono cresciuti a rotta di collo, oggi l’economia o è anche ecologica o quel collo te lo rompi. Da noi dove la crescita è un lontano ricordo peraltro assai più tempo rispetto all’inizio della crisi, cercare di cambiare verso davvero al nostro futuro in senso nazionale – ma solo per comodità del dover ridurre la tesi in poche righe, perché il mondo è globale e non si torna indietro come non si può da una frittata tornare all’uovo – non è (sarebbe) poi così fantascientifico o avveniristico. Prendiamo l’ultimo esempio di intervento dello Stato: il bonus casa. Bene, spiega il Sole24Ore che «i maxibonus potenziati al 50% e al 65% trainano i lavori in casa e valgono ormai quasi due punti di Pil. Per ristrutturazioni edilizie e risparmio energetico è un boom che va oltre ogni previsione e stima: nel 2013 la spesa delle famiglie è stata pari a 28 miliardi, di cui 4,8 miliardi di Iva pagati allo Stato». Quindi benefici per l’economia (quattrini), l’ecologia (risparmio energetico), lavoratori. Chiaro?
Ora il governo Renzi, a sorpresa, ha deciso di intervenire per dare una sterzata al mercato dell’auto stanziando oltre 31 milioni di euro di ecoincentivi, ovvero per l’acquisito di auto a basse emissioni (che poi diventano oltre 63 grazie a risorse non utilizzate nel 2013). A parte il fatto che nessuno tra i cantori del mercato che fa da sé e del “a noi gli incentivi non servono” ha proferito verbo per lamentarsi, e detto anche che non sono poi così tanti quattrini se si pensa che nel 2007 furono stanziati 50 milioni con lo stesso obiettivo (e che andarono esauriti in un amen), è comunque possibile e auspicabile che anche questa iniziativa dia i suoi frutti economici, ecologici, occupazionali e sociali.
Ricapitolando: con incentivi di qualunque natura legati all’ambiente (genericamente parlando) è appurato che si ottengono vantaggi. Questa è già ampiamente economia ecologica, che altrimenti non si saprebbe neppure come definirla senza inerpicarci nell’ultima e più cool definizione di green economy. Dunque parlare ancora di valore aggiunto rispetto a più sostenibilità per le imprese dovrebbe essere roba da studiare nei testi di storia dell’economia, non su giornali che si chiamano Nova.
Tuttavia c’è di più, e ricordiamo che un incentivo non vale l’altro. E questo vale certamente anche per l’iniziativa del governo Renzi verso le auto (più) ecologiche. Notiamo infatti ancora una volta che quando si parla di economia ecologica, tutto si concentra sull’energia (efficienza e rinnovabili) e sull’abbattimento delle emissioni per contrastare il global warming, dimenticando quella gamba fondamentale della sostenibilità che sono le risorse naturali non energetiche e dunque il risparmio delle stesse (attraverso efficienza dell’uso e recupero e rinnovabilità della materia). Scegliendo questo più completo punto d’osservazione, allora sì: dobbiamo registrare che ancora siamo lontani anni luce dall’orizzonte che vorremo e che il pianeta ci chiede. Dimostrazione? Si incentiva di tutto, persino l’acquisto dei mobili, ma non si incentivano gli acquisiti dei prodotti derivati dal riciclo. Ottenendo il paradosso di vanificare anche gli effetti positivi di tutti i soldi che si investono nelle raccolte differenziate, non capendo che una volta raccolti quei rifiuti vanno avviati al processo industriale che è il riciclo, per poi diventare nuovi prodotti, che se rimangono invenduti non servono assolutamente a nulla perché non sostituiranno in alcun modo quelli derivati da materie prime. Chiaro? No, purtroppo no. Nova a noi pare vecchia, ma di fronte a questi fatti, è fantascienza.