Il drammatico appello del Coordinamento Eritrea Democratica
«No alla festa del regime eritreo a Bologna. L’Italia stia con i profughi, non con la dittatura»
[2 Luglio 2014]
Il 3 ottobre 2013, il naufragio di Lampedusa ha acceso i riflettori sull’immensa tragedia dell’Eritrea, ritornata di attualità con gli sbarchi di questi giorni e con la notizia che il traffico dei profughi eritrei viene gestito brutalmente da bande di aguzzini della nostra ex Colonia e con tutta probabilità con la connivenza della dittatura di Asmara. Come scrive il Coordinamento Eritrea Democratica, che riunisce i profughi eritrei in Italia che si battono contro il regime dittatoriale, «all’improvviso, la morte in mare di 366 persone, di ragazzi, di ragazze, di mamme e di figli innocenti ha ricordato al mondo il triste destino di un popolo in fuga da un governo crudele».
Ma proprio la dittatura eritrea, responsabile della fuga e della morte di così tante persone sta organizzando una grande festa in Italia, a Bologna, «nel Paese in cui i nostri morti riposano in sepolture senza nome, lontani dai loro cari – dicono gli esuli eritrei – Permettere che ciò avvenga è un insulto a chi non c’è più e a chi rimane; un oltraggio finale a chi ha pagato con la vita un sogno di libertà negato nelle 300 prigioni della nostra madre patria».
Gli eritrei fedeli al regime dell’eterno e solo presidente Isaias Afewerki hanno scelto Bologna perché la città fu una delle principali retrovie politiche della lotta di liberazione condotta dal Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo che trovò nel Partito Comunista Italiano un sostenitore, anche quando i sovietici, dopo la caduta del Negus Hailé Selassié, abbandonarono i guerriglieri eritrei per schierarsi con l’Etiopia e la feroce dittatura militare “marxista-leniista” di Meenghistu Haile Mariam, che scatenò il “terrore rosso” anche contro i ribelli eritrei. Anche per questo, nel lontano 1974, Bologna ospitò il primo festival eritreo.
Oggi il Coordinamento Eritrea Democratica ricorda a tutti l’articolo 10 della Costituzione Italiana: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge» e lancia un’appello/petizione che è possibile firmare su Change.org: «Per questo diciamo NO al Festival Eritreo previsto a Bologna – Parco Nord – dal 4 al 6 luglio 2014, organizzato direttamente dal governo eritreo come strumento di propaganda e di avvallo internazionale».
Il People’s Front for Democracy and Justice (Pfdj), il partito unico che opprime l’Eritrea da 1993, che non ha mai indetto elezioni né applicato la costituzione nata dalla lotta di liberazione contro l’Etiopia, «E’ responsabile secondo le organizzazioni internazionali di migliaia di prigionieri di coscienza detenuti in condizioni arbitrarie, arruolamento militare obbligatorio e a tempo indeterminato, casi documentati di tortura sui prigionieri, negazione della libertà di stampa, di opinione e di credo religioso (es. Testimoni di Geova e chiese evangeliche)», ricordano gli oppositori eritrei in Italia e per questo chiedono: «Di NON ospitare questa manifestazione a Bologna, città dei diritti; Alle Istituzioni locali di ritirare qualsiasi forma di appoggio all’evento; Ai mass media – parlando di immigrazione – di dare maggiore visibilità alle cause che generano migrazioni forzate e di massa, come nel caso eritreo ma non solo».
Siid Negash, uno dei portavoce del coordinamento Eritrea Democratica spiega che «Il regime eritreo è come l’asma, toglie l’aria ai suoi giovani. Alcuni ministri che volevano una transizione democratica e il multipartitismo sono stati arrestati ed è stata introdotta la leva obbligatoria a tempo indeterminato. Vengono usati dal governo come schiavi». Per dall’ex colonia italiana nel Corno d’Africa scappano ogni mese dalle 3 alle 4.000 persone, in gran parte giovani, diretti negli Usa, in Sudafrica e in Europa, molti dei quali, se non muoiono durante la traversata del Sahara, o annegano nel Mediterraneo, o non vengono assassinati dai trafficanti di carne umana, arrivano sulle nostre coste, come quelli annegati nel mare di Lampedusa.
Intanto l’imbarazzo nella giunta di centro-sinistra bolognese è palpabile: «Eravamo convinti che si trattasse di una normale festa locale della comunità eritrea di Bologna, per questo avevamo dato il via libera» ha spiegato l’assessore Amelia Frascaroli ed ha detto che il Comune ha ritirato il patrocinio all’iniziativa e non sarà presente al Parco Nord: «Non avranno nemmeno aiuti di carattere economico o logistico». L’assessore il 30 giugno ha partecipato alla conferenza stampa per presentare le contromanifestazioni “per la democrazia in Eritrea”, compreso un seminario pubblico nel pomeriggio del 5 luglio, ma il festival della dittatura eritrea al Parco Nord, ormai, non si può cancellare. Per Sel, Cathy La Torre ha presentato in consiglio comunale un ordine del giorno contro il festival pro regime ed ha detto: «È paradossale che si sia dato quello spazio per un evento del genere, meno male che almeno il patrocinio è stato ritirato. Dico no alla festa Eritrea al Parco Nord! Dico No perché non si può celebrare la liberazione del 1974 senza dire che dal 1991 l’Eritrea è vittima di un regime sanguinosissimo. Dico No perché ogni mese 4.000 eritrei fuggono da quel regime e centinaia ne muoiono per strada o nel Mediterraneo. Dico No perché non c’è proprio nulla da festeggiare mentre altri sono privati della libertà o muoiono per cercare quella libertà!».
Secondo il Cordinamento Eritrea Democratica, «Bologna, ospitando oggi il Festival che celebra l’attuale dittatura, offende il suo passato di solidarietà e democrazia, così come il governo di Isayas Afwerki tradisce ormai da un decennio il suo popolo. Il governo eritreo, usando l’arma del ricatto e della ritorsione, raduna a Bologna gli eritrei della diaspora per accreditare un’immagine di sé fatta di musica e colori, cibi e danze, espedienti della propaganda e della retorica di Stato. Nella diaspora dei fuggitivi esiste però un’altra Eritrea che combatte civilmente e pacificamente contro il regime dittatoriale per realizzare la transizione del proprio Paese verso la democrazia e la dignità». Questa Eritrea, fatta di giovani e di persone che cercano nella democrazia il rispetto delle proprie vite, per contestare il Festival d’Eritrea ed il governo di Afewerki, un ex marxista-leninista convertitosi ad un liberismo fascistoide spietato ed amico degli occidentali, ma anche accusato di sostenere il terrorismo islamico, cercherà di portare la sua voce al di fuori del parco Nord durante tutte le giornate della festa, ha in programma una manifestazione in piazza Maggiore per sabato 5 luglio. «Vogliamo far capire a Bologna cos’è davvero il regime eritreo», spiegano gli organizzatori e gli eritrei fuggiti in Italia mandano a dire al Pfdj: «Non ti permetteremo di aggiungere oltraggio all’insulto. Il giorno in cui sono annegati, non hai neppure dato la notizia; il giorno in cui giacevano in terra straniera dentro bare senza nome, non hai avuto la decenza di proclamare, a casa, il lutto nazionale. Non hai risposto agli appelli di genitori disperati, incerti sul destino dei loro figli, e non ti sei interessato all’identificazione e al rimpatrio delle loro spoglie, sepolte in cimiteri che non conosciamo. E’ il nostro un grido di sgomento: l’urlo di chi non è riuscito a proteggere la propria gente. Ma i defunti, da qualche parte, ci guardano. Noi sappiamo che se permettessimo al governo di ballare sui loro sepolcri, li avremmo delusi in vita e in morte. Noi sappiamo di averli delusi, poiché non siamo stati in grado di affrontare i nostri aguzzini. Ma sappiamo anche che non ci sarà né pace né giustizia se non impareremo a sfidare a viso aperto il male che ci governa. Questo non è un semplice invito a una manifestazione contro il Pfdj.
Questo è un appello a tutte le persone di coscienza, a lottare per ciò che è retto e giusto. Non dobbiamo permettere al Pfdj di tradire la storia dei nostri valorosi partigiani, il sacrificio dei nostri sacri martiri. Per questo faremo sentire le nostre voci onorando la nostra storia e resistendo all’ingiustizia come era tradizione del Festival degli eritrei a Bologna prima che il vento totalitario del Pfdj lo snaturasse. Noi siamo piccoli, ma non abbiamo paura. Siamo una generazione pronta a lottare per i propri diritti. Non abbiamo paura e come potremmo? I nostri morti, da qualche parte, ci guardano. Onoreremo il coraggio dei nostri valorosi combattenti per la libertà, il sogno dei nostri sacri martiri e la memoria dei giovani. Faremo sentire le nostre voci e onoreremo il nostro retaggio e la nostra cultura, resistendo all’ingiustizia, nel vero spirito dei Festival Eritrei a Bologna del passato».