Fracking, la campagna pro-shale del governo britannico è «pubblicità priva di prove»
Il gas può essere un’energia ponte fino al 2030, poi diventerà un problema per il cambiamento climatico
[12 Novembre 2014]
I ricercatori dell’UK Energy Research Centre (Ukerc), un consorzio accademico che raggruppa 30 istituzioni, hanno detto alla BBC che parlare di prezzi più bassi e di maggiore sicurezza energetica grazie al gas shale nel Regno Unito è «una campagna pubblicitaria» e «priva di prove» da parte dei ministri del governo conservatore-liberaldemocratico.
Proprio oggi l’Ukerc ha presentato due rapporti: “The UK’s Global Gas Challenge” e “A Bridge to a Low-Carbon Future? Modelling the Long-Term Global Potential of Natural Gas”, e quest’ultimo suggerisce che «il gas potrebbe svolgere un ruolo importante come “combustibile ponte” verso un’economia low-carbon», ma subito dopo avverte che «Non passerà molto tempo prima che il gas entri a far parte del problema anziché essere la soluzione».
Le ricerche combinano le più recenti tecniche di modellazione del sistema energetico con l’analisi della sicurezza gasiera in Gran Bretagna per valutare la domanda futura. “A Bridge to a Low-Carbon Future?” dice che per evitare che le temperature globali aumentino al di sopra di 2° C , «Sarà necessario un ‘ulteriore utilizzo del gas a breve termine, in sostituzione di carbone e per integrare gli aumenti delle fonti energetiche a basse emissioni di carbonio che comunque devono essere installate», ma se si vogliono davvero centrare gli obiettivi climatici, «L’utilizzo del gas deve cominciare a calare verso la fine degli anni 2020 e i primi anni 2030, un suo ruolo importante oltre il 2035 richiederà l’uso diffuso della carbon capture and storage». Nel ruolo che il gas può svolgere nella lotta al cambiamento climatico c’è anche una significativa diversità geografica, con un uso molto limitato in alcune regioni e un ruolo esteso e forte in altre.
Christophe McGlade, dell’University College London, spiega che «il gas potrebbe svolgere un ruolo importante nella lotta ai cambiamenti climatici nei prossimi 10 o 20 anni. Ma il suo ruolo varia in tutto il mondo, e la difesa di gas come combustibile di transizione ha bisogno di una narrazione convincente su come il consumo globale di carbone può essere ridotto ed essere sostituito da fonti energetiche low carbon».
Il cambiamento dei modelli della domanda globale e l’incertezza nelle prospettive a lungo termine per il gas possono imitare gli investimenti necessari in nuove infrastrutture. Questo potrebbe aumentare l’incertezza ed esporre Paesi come la Gran Bretagna alla volatilità dei prezzi dei mercati del gas internazionali.
Mike Bradshaw, dalla Warwick Business School, ricorda che «In poco più di un decennio, il Regno Unito è passata dall’essere autosufficiente per quanto riguarda il gas ad importare circa la metà del gas naturale che consuma, in gran parte dalla Norvegia. Mentre la dipendenza dalle importazioni di gas del Regno Unito cresceva, è in sostanza avvenuta la “globalizzazione” della sua sicurezza gasiera, aumentando potenzialmente l’esposizione dei consumatori britannici agli avvenimenti nei mercati del gas a livello mondiale».
Fino ad ora la Gran Bretagna ha mostrato una buona capacità di reazione a crisi come quella tra Russia ed Ucraina e il conflitto in Medio Oriente e gli stress test hanno dimostrato che il Regno Unito può ricevere ulteriori rifornimenti dalla Norvegia e dal mercato globale del gas naturale liquefatto (GNL) ma, quando diminuirà la produzione interna, la dipendenza del Regno Unito dal gas norvegese crescerà. Il problema è che gli attuali giacimenti di gas norvegesi cominceranno a diminuire negli anni 2020 e la Gran Bretagna potrebbe essere costretta a sfruttare maggiormente il suo gas o a comprare sul mercato continentale e «Questo può compromettere la sicurezza energetica del Regno Unito» dice il rapporto Uckerc.
E qui si arriva alla cosiddetta rivoluzione dello shale gas ed al temuto/sognato boom del fracking in Gran Bretagna, presentato dalle industrie fossili e dal governo come la soluzione per la sicurezza interna degli approvvigionamenti di energia. Ma la coalizione di istituti di ricerca sottolinea che «La produzione nei prossimi dieci anni, il periodo di tempo in cui il gas potrebbe agire come combustibile di transizione, è improbabile che sia di dimensioni sufficienti per ridurre in modo significativo i prezzi del gas o la dipendenza dalle importazioni del Regno Unito».
Invece di andare avanti con le contestate attività di fracking, l’Ukerc consiglia «La rapida espansione degli investimenti nelle fonti energetiche alternative low-carbon e di investire in più nello stoccaggio del gas, che contribuirebbe a proteggere i consumatori contro l’interruzione dell’approvvigionamento e dall’aumento dei prezzi a breve termine. La mancanza di volontà dell’industria di investire in ulteriori stoccaggi è sintomatica del livello di incertezza sulla futura domanda di gas nel Regno Unito».
Il ministero del tesoro britannico aveva appena detto che «Il potenziale dello shale gas è troppo grande per poterlo ignorare», ma dal i due rapporti emerge che la sicurezza gasiera della Gran Bretagna – ed ancora di più per altri Paesi europei come l’Italia – è strettamente legata agli sviluppi nei mercati internazionali ed europei del gas ed in entrambi regna l’incertezza. L’Ukerc chiede al governo «Una politica “gas by design” che prevede ora l’evoluzione del ruolo del gas nel mix energetico del Regno Unito; di garantire la futura sicurezza gasiera nel Regno Unito e una transizione graduale verso un’economia low.carbon».
Secondo gli autori del rapporto l’estrazione di shale gas con il fracking è una tecnica troppo recente ed è impossibile sapere quanto ne potrebbe essere estratta davvero ed a quali costi, ma «E’ molto improbabile che faccia una differenza sostanziale per i prezzi o per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici nel Regno Unito».
A chi c dice che il fracking potrebbe contribuire in modo significativo al futuro fabbisogno energetico britannico, Jim Watson, che ha guidato il team di ricerca dell’Ukerc, risponde : «E’ molto frustrante continuare a sentire che lo shale gas sta per risolvere i nostri problemi energetici: non ci sono prove, e tutto non è altro che.. una campagna pubblicitaria. E’ straordinario che dei ministri continuano a fare queste affermazioni. Vogliono chiaramente per creare una narrazione. Ma noi siamo i ricercatori, ci occupiamo di fatti, non di narrazioni. E al momento non ci sono prove su come il gas di scisto si svilupperà nel Regno Unito. Lo shale gas è stato completamente iper-venduto. Non ho assolutamente idea del perché i ministri utilizzino questo tipo di retorica. E’ molto fuorviante per l’opinione pubblica».
Su BBC News Bradshaw mette in dubbio anche i piani per costituire un “fondo sovrano” con lo shale gas del nord dell’Inghilterra. «Parlare di una miniera d’oro è incredibile. Non è accaduto e potrebbe non accadere mai. Anche se il gas di scisto fosse sviluppato nel nord dell’Inghilterra, la quantità extra di denaro prodotta probabilmente sarà relativamente piccola, quindi il fondo sarebbe ancora più piccolo».
La critica è ancora più pesante perché, tra l’altro, i ricercatori dell’Ukerc non sono contrari al fracking: contestano l’esagerata retorica dei suoi sostenitori è fanno notare che la Gran Bratagna non è gli Usa, e che le tutele ambientali sono maggiori e l’industria non riesce a convincere le popolazioni locali ad accettare il fracking. «C’è grande incertezza su tutte queste cose – conclude Bradshaw – Solo una è quasi certa: in Europa lo shale gas non sta per essere un game-changer».