L’Unione europea di fronte a un dilemma etico
I trafficanti di carne umana cambiano tattica e metodi per guadagnarci di più
Nel 2014 i rifugiati eritrei e siriani hanno superato i migranti “economici”
[5 Gennaio 2015]
Quello dei cargo carichi di migranti lasciati alla deriva nel Mediterraneo dai trafficanti di carne umana è un fenomeno purtroppo in crescita, e sta suscitando viva preoccupazione anche ai piani più alti. Nel 2014 nel Mediterraneo sono morti ufficialmente 3.000 migranti, contro i 700 del 2013, ma la cifra è probabilmente molto più alta, e sarebbe stato un genocidio senza l’intervento della Marina militare italiana.
Vincent Cochetel, direttore dell’ufficio europeo dell‘High Commissioner for Refugees dell’Onu (Unhcr), insieme al vicesegretario dell’Onu Jan Eliasson, si è detto molto preoccupato per il fenomeno e Eliasson, in particolare, ha discusso della cosa con alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, l’inviato speciale del segretario generale dell’Onu per le migrazioni internazionali e lo sviluppo, Peter Sutherland, e il direttore generale dell’International Organization for Migration (Iom), William Swing, e sono arrivati ad amare conclusioni: «L’abbandono di grandi cargo da parte dei trafficanti nel Mediterraneo è un trend crescente in materia di tratta di esseri umani».
Secondo Cochetel, «l’utilizzo di cargo rappresenta una nuova tendenza che non può più essere ignorata dai governi europei. C’è bisogno urgentemente di un’azione europea concertata ne mar Mediterraneo. Bisogna anche aumentare gli sforzi per salvare la gente in mare e per fornire alternative legali a questi viaggi pericolosi».
I due cargo lasciati alla deriva davanti alle coste italiane tra fine 2014 e 2015, l’Ezadeen con 450 migranti a bordo e la Blue Sky M, con 900 profughi, sono la dimostrazione che i trafficanti hanno cambiato tattica e che ai gommoni ed ai pescherecci preferiscono ormai stipare centinaia di persone si vecchie navi da carico per merci e bestiame che poi vengono abbandonate in mare aperto dall’equipaggi, che così sfugge a possibili catture. Secondo l’agenzia europea Frontex, un convoglio dalla Libia all’Itala con a bordo 450 migranti frutta circa un milione di euro ai passeurs, ma questa somma può anche triplicare, visto che ormai i trafficanti puntano a fornire i loro “servizi” direttamente nelle zone di guerra e nei campi profughi.
L’Unhcr dice che nel 2014 più di 207.000 persone hanno provato ad attraversare il Mediterraneo e per la prima volta i migranti che fuggivano da Paesi in guerra o da regimi dittatoriali, come la Siria e l’Eritrea, sono stati la maggioranza rispetto ai migranti economici. Mediapart spiega che «i siriani fuggono dalle bombe partendo con donne e bambini. Provengono dalla classe media e dispongono di risorse finanziarie più importanti degli altri migranti. Possono essere medici, ingegneri, commercianti […] I passeurs ne approfittano per aumentare le tariffe». Frontex stima che «La traversata del Mediterraneo su un cargo può così arrivare a 6.000 euro a testa».
Questi trafficanti hanno messo in piedi un business che si basa su una strategia economica degna di una compagnia aerea low-cost: tutti i “servizi” supplementari costano carissimi. Ad agosto Karim El-Hamdi, un trafficante tunisino arrestato a Pozzallo, in Sicilia, aveva già spiegato al Daily Beast come funziona la cosa. El-Hamdi: era stato avvicinato in Libia da un trafficante che gli propose una tariffa di 1.000 dinari libici, 825 dollari, per arrivare in Italia, ma poi chiese Hamdi se sapeva navigare con una barca e gli offrì 1.500 dollari per prendere un vecchio peschereccio carico di migranti e portarlo fino alle acque internazionali, per farli salvare dalla missione Mare Nostrum della Marina Militare Italiana. Ad El-Hamdi venne detto che poteva guadagnare molto di più facendo pagare extra per servizi semplici, come il cibo, l’acqua ed i giubbotti di salvataggio. Poi, una volta uscito dalle acque libiche, poteva prendere una scialuppa di salvataggio e tornate in Libia, oppure confondersi con gli altri migranti e rimanere in Italia con un bel gruzzolo in tasca. «La cosa peggiore che possa accadere – spiegava il trafficante – è di essere rispediti in Tunisia».
Ma Hamdi non aveva fatto i conti con la nostra Marina: è stato individuato ed è diventato un informatore sull’intricato network del traffico di esseri umani.
Il quadro dipinto dal tunisino di quello che migranti e richiedenti asilo devono sopportare durante la traversata è terribile: in Libia pagano tra 1.000 e 2.500 dollari per un posto su pescherecci destinati alla demolizione, un giubbotto di salvataggio costa più di 200 euro, una bottiglia d’acqua o una scatoletta di tonno arrivano a 100 dollari ed il privilegio di sedere in “prima classe”, cioè sul ponte del peschereccio, invece di essere ammassati nella stiva, la “terza classe”, costa un tra i 200 ed i 300 dollari in più. Utilizzare un telefono satellitare per un paio di minuti vale 300 dollari ed i numeri telefonici dei trafficanti che fanno passare i migranti al confine italiano valgono anche diverse migliaia di dollari, a seconda della loro destinazione finale.
Per portare un minore senza genitore dalla Libia all’Italia i trafficanti vogliono un supplemento di circa 1.500 dollari per prendere i minori attraverso il mare periglioso senza i loro genitori. Si specula addirittura sull’urina delle donne incinta – considerata “veleno” secondo alcune tradizioni arabe – facendo pagare i cateteri 150 dollari. Per proteggersi dal freddo i migranti arrivano a pagare fino a 200 dollari una coperta “marcia”.
Il traffico di carne umana è cambiato con l’arrivo dei profughi siriani che devono comprare tutto, per a gioia dei trafficanti. Un altro passeur ha detto a The Guardian: «Non sono un criminale, offro un servizio», chissà c se tra questi servizi ci sono anche le violenze e le botte inflitte ai passeggeri o i migranti “problematici” gettati in mare o quelli morti per soffocamento e freddo?
Ma i due cargo lasciati alla deriva al largo delle coste italiane segnano davvero una svolta: l’Ezadeen, immatricolata in Sierra Leone, e la Blue Sky M, battente bandiera della Moldova, sono carrette dei mari con più di 40 anni e dimostrano che si sta passando dai pescherecci in disarmo e gommoni a navi destinate alla demolizione che permettono di trasportare più migranti e, soprattutto, di ingannare le guardie costiere. Antonio Saccone, responsabile degli studi per Frontex, sottolinea che «Queste navi – a volte provviste di equipaggio russo – sono care e difficili da trovare, ma la domanda è molto elevata. Questo dimostra fino a che punto queste filiere siano divenute potenti e sofisticate».
Le complicità sono enormi e diffuse e coinvolgono l’area “grigia” ed a quanto pare intoccabile del trasporto marittimo internazionale. Intervistato dall’Afp, David Olsen, un esperto del giornale marittimo Lloyd’s List, spiega che «Queste vecchie navi sono vendute dappertutto nel mondo. Questo è legale. Sono vendute su internet ed anche su Ebay. Questi cargo valgono meno del prezzo di un appartamento a Londra», tanto è vero che un’inchiesta di Francetv info ha trovato su diversi siti cargo di 80 metri in vendita a meno di un milione di dollari, molte di queste navi “fantasma” sono immatricolate a Panama, in Serbia, ma anche nella civilissima e ricchissima Norvegia.
Di fronte a questo impressionante quadro dell’industria della sofferenza umana, come scrive Richard Hamilton su BBC news, «L’Europa è di fronte ad un dilemma etico sui migranti» e l’operazione Triton che ha sostituito Mare Nostrum, che prevede un pattugliano più vicino alle sponde libiche, rischia di trasformarsi in un’inutile tragedia. «Difendere i diritti dei rifugiati è difficile – scrive Hamilton – in molti Paesi europei, in un momento di difficoltà economica e di elevata disoccupazione, sta diminuendo simpatia per gli stranieri. I critici dicono che anche la nuova missione dell’Unione europea – con la sua portata più limitata – non farà che incoraggiare i trafficanti: come ha ammesso, un deputato “Triton non spaventa nessuno”».
Hamilton cita un’altra foto scioccante pubblicata dai giornali nel 2014, quella di un gruppo di migranti che cercano di scalare la recinzione che separa il Marocco dall’enclave spagnola di e Melilla. Nella foto ci sono due persone che giocano in un campo da golf paradisiaco circondato da palme mentre un gruppo di migranti cercano di scalare un reticolato alto 6 metri. «Il contrasto tra le loro vite disperate e il lusso campo da golf è doloroso – scrive Hamilton – Anche guardare la foto mi fa sentire in colpa. Ero un corrispondente dal Marocco e sono abituato a riferire sugli sforzi di profughi subsahariani per entrare a Ceuta e Melilla. Ho anche giocato a golf. L’Europa è nel bel mezzo di un terribile dilemma etico. Non vuole incoraggiare i migranti, ma non vuole lasciarli morire. Sembra che i governi europei siano condannati quando intervengono e condannati se non lo fanno. Ma anche i richiedenti asilo sono di fronte a un dilemma. Sono condannati ai pericoli del mare, o condannati ad una vita di povertà o persecuzione in patria. La gente disperata prende sempre misure disperate. Come dice William Spindler dell’agenzia dell’Onu per i rifugiati Unhcr, “Se non riescono a passare dalla la porta, cercheranno di passare dalla finestra”». E la finestra si chiama ormai Turchia, i cui porti sono affollati dalle nuove navi fantasma del XXI secolo che, con il pilota automatico e senza equipaggio, navigano con i loro carichi di disperazione e speranza verso le coste italiane, sulle quali si schianteranno se nessuno le ferma.
La nuova strategia dei trafficanti di carne umana non solo ridicolizza le richieste xenofobe della Lega Nord e di Fratelli d’Italia di fermare i profughi sulla sponda meridionale del Mediterraneo ma ancora di più l’ipocrita “aiutiamoli a casa loro”, perché i profughi siriani ed eritrei ed i disperati della Libia vengono proprio da Paesi che l’Occidente, Italia compresa, ha “aiutato” con guerre di liberazione che si sono rivelate catastrofiche Libia e Siria) e fonti di nuove migrazioni disperate o, come in Eritrea, permettendo che una feroce dittatura annichilisse un popolo. Che poi Libia ed Eritrea siano nostre ex colonie dove quel che resta della nostra politica estera potrebbe contare ancora qualcosa e che la Turchia che ci invia navi cariche di profughi siriani sia un Paese Nato candidato ad entrare nell’Unione europea, sembrano dettagli che non interessano quasi nessuno.