Il ruolo essenziale dei leader religiosi per promuovere la solidarietà ai tempi del Covid-19

Guterres: in amento guerre, etno-nazionalismo, stigmatizzazione e discorsi d’odio che prendono di mira le comunità vulnerabili

[13 Maggio 2020]

Di fronte alla crisi sanitaria e umana fatta esplodere in tutto il mondo dal Covid-19, mentre gli estremisti e i fanatici religiosi di qualsiasi confessione si rifugiano nell’identitarismo nazionalista e xenofobo,  intollerabile per le religioni del Libro universali e monoteiste come il Cristianesimo, l’Islam e l’Ebraismo, il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha sottolineato il ruolo essenziale dei leader religiosi nel promuovere la solidarietà nella battaglia contro la pandemia.

Intervenendo a una teleconferenza di alto livello sul ruolo dei leader religiosi sulla risposta alle sfide poste dal Covid-19, alla quale hanno partecipato il presidente dell’Assemblea generale dell’Onu Tijjani Muhammad Bande, l’alto rappresentante dell’United Nations alliance of civilizations (Unaoc)  Miguel Angel Moratinos, il consigliere speciale del segretario generale per la prevenzione dei genocidi Adama Dieng e il cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, il rabbino Arthur Schneier e il segretario generale della Rabita Mohammadia degli Ulema del Marocco Ahmed Abbadi, Guterres ha ricordato che «Siamo tutti vulnerabili e questa vulnerabilità condivisa rivela la nostra  umanità comune. Rimette a noi la nostra responsabilità di promuovere la solidarietà come fondamento della nostra risposta: una solidarietà fondata sui diritti umani e la dignità umana di tutti».

Per il cardinale Ayuso Guixot, «La pandemia ci fornisce lo slancio per costruire ponti di amicizia e fratellanza. Restiamo uniti per affrontare le attuali sfide».

Il rabbino Schneier della Sinagoga di Park East a New York e ambasciatore all’Unaoc ha  guardato oltre la pandemia, ricordando a tutti che «Ogni crisi e conflitto finisce». Come sopravvissuto all’Olocausto nazista, ha ricordato che «Le Nazioni Unite sono state istituite 75 anni fa come un classico esempio della storia di distruzione, devastazione, perdita di vite umane, ricostruzione, ripresa dell’umanità»  e  che come risultato di questa azione unitaria, «Alla fine c’è stata la rinascita».

L’ulema Abbadi è convinto che «Con fede, preghiera e azione possiamo costruire un futuro più luminoso per i nostri figli, un mondo di pace, amore e gentilezza».

Secondo il segretario generale dell’Onu, «Questa pandemia mette in evidenza il ruolo cruciale dei leader religiosi nelle loro comunità e oltre. Sappiamo dalle crisi della salute pubblica precedenti – dal VIH/Aids a Ebola – che le azioni dei leader religiosi influenzano i valori, gli atteggiamenti e i comportamenti e le azioni della gente e che da questa influenza viene la responsabilità di lavorare insieme, di mettere da parte le differenze e di tradurre i nostri valori comuni in azione».

Il capo dell’Onu ha evidenziato quattro campi nei quali i leader religiosi possono svolgere un ruolo centrale per proporre soluzioni che permettano di lottare contro la pandemia e riprendersi nel migliore di modi. Per prima cosa Guterres ha ringraziato i leader religiosi per aver sostenuto il suo appello (non molto ascoltato dai fedeli armati, in verità) per un cessate il fuoco mondiale: «Per fare in modo che insieme possiamo concentrarsi sulla lotta contro il nostro nemico comune: il Covid-19». Ma Guterres ha ammesso che «Dei conflitti continuano a fare strage in numerosi luoghi e l’etno-nazionalismo, la stigmatizzazione e i discorsi d’odio che prendono di mira le comunità vulnerabili sono in aumento». Per questo ha chiesto ai leader religiosi di «Denunciare attivamente i messaggi inesatti e nocivi e di incoraggiare tutte le comunità a promuovere la non-violenza e a rigettare la xenofobia, il razzismo e ogni forma di intolleranza».

Guterres si è anche detto preoccupato per «L’aumento allarmante della violenza contro le donne e le ragazze» e ha chiesto ai leader religiosi di «Condannare categoricamente questi atti e sostenere i principi comuni di partenariato, uguaglianza, rispetto e compassione».

DI fronte alla propagazione di disinformazione e fake news, Guterres ha chiesto ai leader religiosi di utilizzare i loro network e le loro capacità comunicative per «aiutare i governi a promuovere  le misure di salute pubblica raccomandate dall’Organizzazione mondiale della sanità – dal distanziamento fisico a una buona igiene – e per garantire che le attività confessionali, compreso il culto, le cerimonie religiose e le pratiche funerarie, si conformino a queste misure».

Pr finire, mentre la grande maggioranza delle scuole e delle università sono chiuse, Guterres ha esortato i leader religiosi a «Sostenere la continuità educativa, lavorando con i prestatori di servizi educativi per trovare delle soluzioni affinchè l’apprendimento non si fermi mai».

Anche Bande ha sottolineato «il ruolo importante svolto dalle organizzazioni confessionali e dai leader religiosi in tempi di crisi. Forniscono dei servizi ai poveri e danno speranza ai disperati. La fede ha un posto unico nelle nostre vite, in particolare per quel che riguarda il modo di trattare gli altri come noi ameremmo essere trattati. In un periodo di  grande ansietà, la fede può essere una fonte importante di conforto e di resilienza comunitaria».

Per Moratinos, Moratinos, di fronte alla crisi del Covid-19, c’è bisogno di «un’azione coordinata, decisa e inclusiva di attori statali e non statali, compresi leader religiosi e organizzazioni confessionali. Nelle crisi che cambiano la vita, quando le persone sono disperate, la fede è spesso la loro ancoraggio e il luogo in cui si rivolgono per trovare conforto e speranza. E’ qui che entra in gioco il ruolo dei leader religiosi. Trovo incoraggiante vedere quanti leader religiosi e comunità di fede hanno agito rapidamente e si sono messi in prima linea nel fornire servizi preziosi alle loro comunità. Molti leader religiosi hanno una capacità di mobilitazione e la fiducia delle comunità che servono. Hanno la responsabilità di promuovere messaggi sull’uguaglianza di genere; di denunciare la stigmatizzazione e i discorsi d’odio; da dissipare disinformazione e voci; di difendere l’inclusione delle popolazioni vulnerabili (…); di difendere i loro diritti e l’accesso alla diagnostica, ai trattamenti e ai vaccini; di condividere informazioni specifiche basate su prove e di opporsi pubblicamente a dichiarazioni e atti che promuovono la violenza e le violazioni dei diritti umani».

Basterebbe leggere cosa hanno scritto su Facebook tanti “bravi cristiani” dopo la liberazione di Silvia Romano per rendersi conto di quanto lavoro di ri-alfabetizzazione religiosa hanno da fare i leader religiosi anche in un Paese come l’Italia che si dichiara cattolico quasi al 90%.

Moratinos ha annunciato un incontro alla fine del mese che, tra l’altro, dovrebbe «identificare aree di azione e iniziative concrete orientate ai risultati che i leader religiosi e i protagonisti attori della fede possono intraprendere in risposta al Covid-19».

L’organizzatore dell’evento, l’ambasciatore marocchino all’Onu Omar Hilale, ha concluso: «La furia con cui COVID-19 è caduto sul mondo e le sue conseguenze planetarie, richiedono più che mai un messaggio unitario e responsabile. I leader religiosi possono svolgere un ruolo chiave nel preservare la fratellanza umana e nella costruzione di società più inclusive, coesive, più sicure, più resilienti e più unite, soprattutto in tempi difficili».