Gli altri 4 finalisti dell’innovazione dei giovani disign engineers: Noé, Volta Lamp, Patio e Jbin
James Dyson Award 2014, il vincitore italiano è Solari, un fornello solare portatile 2.0 [GALLERY]
[19 Settembre 2014]
Il James Dyson Award, promosso dalla James Dyson Foundation, è un concorso di design dedicato agli studenti che “progettino qualcosa in grado di risolvere un problema” e che si svolge in 18 Paesi ed internazionale ideato per celebrare, incoraggiare e ispirare le future generazioni di design engineers Quest’anno sono oltre 600 i progetti in gara per il premio internazionale che complessivamente prevede oltre 100.000 sterline, con 30.000 destinate al vincitore internazionale e 10.000 alla sua università. Ma ci sono anche 5.000 sterline che vanno ai vincitori nazionali e 2.000 alle loro università. Ad aggiudicarsi il premio per l’Italia è stato “Solari”, un sistema intelligente di cottura a energia solare. Nella motivazione del James Dyson Award si legge che «Solari è un fornello portatile che sfrutta l’energia solare per cucinare all’aria aperta nel pieno rispetto dell’ambiente. Facile da trasportare e da utilizzare. Solari è in grado di preparare pietanze per 4-6 persone in poche ore, senza la preoccupazione della legna per il fuoco in fase di preparazione o di eliminare la brace in fase di pulizia, consentendo di avere più tempo libero e di godersi così il proprio svago. Questo fornello solare è inoltre dotato di un sensore di temperatura intuitivo che consente di seguire attentamente la cottura dei cibi, trasmettendo in tempo reale i dati via bluetooth. Innovativo anche l’aspetto social del progetto: tramite un’app mobile che collega i vari fornelli solari, è possibile trovare all’istante tutte le informazioni necessarie sulle modalità e tempi di cottura e condividere con altre utenti ricette e consigli culinari, contribuendo alla crescita di una comunità di appassionati».
Ad ideare Solari è stato Bodin Hon, uno studente dell’Istituto Europeo di Design di Milano che ha esaminato studiato i diversi sistemi di cottura attualmente utilizzati all’aria aperta, considerando soprattutto il loro impatto ambientale e le difficoltà di utilizzo. Bodin spiega che «Solari nasce dall’esigenza di risolve il problema della sostenibilità ambientale degli attuali metodi di cottura utilizzati fuori casa, proponendo un sistema che sfrutta l’energia pulita e gratuita del sole. Ho considerato anche la compontente culturale legata alle abitudini delle persone. Oltre all’aspetto eco-sostenibile, l’obiettivo era di stimolare le persone a uno stile di vita più sano e consapevole, sfruttando i benefici della connettività 2.0 nella vita di tutti i giorni, per condividere esperienze e informazioni».
Solari nasce dalla combinazione di tecniche tradizionali di cottura, di materiali moderni e delle più recenti tecnologie wireless per rivoluzionare il modo di cucinare all’aperto, riducendone l’impatto ambientale. Ecco Solari funziona «combinando l’effetto di un sistema di raccolta del calore e di un riflettente per convertire la luce solare in calore per la cottura dei cibi. I raggi solari penetrano attraverso il coperchio trasparente tramite una lente di Fresnel posta alla base di un guscio riflettente. La luce viene dispersa attorno al guscio in alluminio e i raggi solari colpiscono la pentola che ne cattura il calore».
La giuria nazionale italiana del James Dyson Award «Ritiene Solari un progetto di eco-design commercialmente realizzabile, che mira a risolvere un reale problema della vita quotidiana e con un’attenzione particolare alla user experience per rendere il progetto funzionale in ogni aspetto. Interessante anche l’integrazione con l’app per mobile e i suoi possibili sviluppi di implementazione». Quindi Bodin si aggiudica i circa 2.500 euro del primo posto del James Dyson Award Certificate italiano per lo sviluppo del suo progetto. Ora solari concorrerà insieme ai migliori progetti internazionali in gara alla successiva fase di selezione. Il vincitore internazionale, selezionato direttamente da James Dyson, verrà annunciato il 7 novembre e riceverà un premio complessivo di 40.000 sterline, 30.000 per sviluppare il progetto e 10.000 alla sua università.
La giuria ha selezionato altri 4 progetti italiani che accedono automaticamente alla prossima fase di selezione.
Noé di Cesare Tamagno e Simone Di Gioia, dell’Università degli Studi di Genova, «L’ispirazione per il progetto nasce dallo studio e dall’osservazione dei tombini intasati a causa del maltempo. Con l’allagamento delle strade, la spazzatura che si raccoglie lungo le strade finisce poi nei tombini, intasandoli. Questo problema è diventato particolarmente grave nel nostro Paese, si è deciso quindi di pensare ad una soluzione per mantenere puliti i tombini delle strade. Un aspetto importante nello sviluppo del progetto Noè è stata la necessità di implementare una nuova soluzione in un sistema già esistente, per evitare lavori di adattamento. Noè è un nuovo sistema di tombini progettati per evitare il confluire dell’immondizia negli scarichi e il loro conseguente intasamento. Tutti i componenti del tombino Noè sono stati pensati per essere funzionali a questo scopo: l’acqua piovana viene filtrata dai reticoli posizionati sul lato del tombino, mentre la spazzatura viene raccolta e fatta convogliare in due fori nascisti nella parte inferiore del tombino. L’immondizia viene poi riportato nella parte superiore dei fori attraverso dei dischi alimentati da turbine. Queste turbine sono attivate a loro volta dall’acqua che scorre giù nello scarico.
Volta Lamp di Cesare Bizzotto dell’IUAV di Treviso, «Lampada sospesa da due cavi d’acciaio che trasmettono energia a basso voltaggio e consentono al corpo principale di essere rotato. Questa costruzione logica permette di cambiare la direzione della luce con un semplice gesto. L’idea nasce dalla possibilità di sfruttare le potenzialità dei componenti led che sono molto versatili e funzionano con corrente a basso voltaggio e dal desiderio di avere una luce che potesse cambiare da diretta a indiretta con un gesto molto semplice. Mentre si lavora si ha la possibilità di avere un fascio luminoso concentrato interamente sulla scrivania ma, appena finito, la lampada può essere rotata e la luce diffusa in tutto l’ambiente. L’elemento chiave della lampada è l’anello attorno al quale passano i cavi e che al contempo fornisce il contatto elettrico con la striscia a led. Oltre alla versione estrusa è attualmente in studio anche un’edizione in marmo».
Patio – New Espresso Landscape di Antonio Pugliese del Politecnico di Milano, «Patio ha l’intento di riaprire un discorso concettuale attorno al mondo delle macchine del caffè espresso, riportando al centro il concetto di esperienza d’uso e del concetto di macchina per caffè come elemento attorno a cui costruire un’esperienza sociale. La scelta del sottotitolo è legata alla mostra del 1972, organizzata al MoMA di New York “Italy: the new domestic landscape” a cui il progetto si ispira. Nuovi linguaggi e nuove funzioni si pongo alla base della progettazione degli spazi pubblici come bar e caffetterie; l’offerta si amplia i luoghi spesso nascono come scomparti di macro-realtà commerciali in cui le dinamiche vanno a modificarsi e le macchine per caffè restano elemento di separazione dal contesto sociale. L’obiettivo è quello di riportare la macchina per caffè espresso sul lato frontale del bancone-bar interponendola tra cliente e barista, aggiungendo una funzione di passaggio, eliminando la parete posteriore e aggiungendo la possibilità di poter servire direttamente i caffè alla clientela oppure all’operatore di sala. Il primo passo è stato lo studio della caldaia, fulcro funzionale e componente nevralgico nell’economia del prodotto, per poi destrutturare i percorsi delle tubature. La soluzione scelta come definitiva prevede la modificazione della disposizione delle parti creando due zone di gestione della macchina per caffè. La caldaia andrà a creare uno spazio distaccato, di cui ne diventa fulcro e attorno a cui trovano disposizione le parti di riscaldamento e pressione. Nella seconda parte si vanno a raggruppare gli elementi funzionali di diretta gestione dell’operatore di macchina: erogazione caffè, rubinetti vapore / acqua, gestione generale delle funzioni e dei parametri.
Jbin di Sara Bianchetti e Leonardo Graziano dell’ISIA di Roma, «Jbin è un dispositivo di pulizia delle acque fluviali urbane ed un elemento di decoro urbano. Il progetto deriva dal confronto con fisici, agronomi e biologi, sull’inquinamento dei fiumi, individuando le cause principali dell’inquinamento. Discutendo con i cittadini poi, ci siamo accorti che il fiume è una componente urbana che andrebbe vissuta appieno, e spesso le condizioni di inquinamento lo rendono teatro di abbandono più che di vita urbana. La forma ispirata a creature marine come le meduse, è costituito da una cupola, un corpo centrale, un’elica, un filtro ed un sistema di ancoraggio al fondale. Sfruttando il movimento dell’acqua, l’elica fa ruotare una testina all’interno del corpo centrale creando così un vortice che attira al suo interno tutti i detriti fisici che galleggiano sulla superficie. Alla base del vortice l’acqua continua a fluire verso il basso attraverso un filtro contenente dei batteri predisposti alla depurazione, restituendo così al flusso del fiume, un acqua più pulita. Un sistema elettro meccanico permette alla camera d’aria contenuta nel corpo centrale di riempirsi e svuotarsi a seconda delle necessità, rendendo così possibile uno spostamento della linea di galleggiamento. La cupola è predisposta alla comunicazione dello stato della macchina, dei led luminosi lungo il perimetro infatti ci indicano lo stato di riempimento con il cambio di colore, e allo stesso tempo forniscono una fonte di illuminazione del tratto fluviale; inoltre, in caso di malfunzionamento la frequenza di accensione dei led centrali permetterà di segnalare il guasto alle autorità competenti. Infine la struttura è ancorata al fondale tramite un treppiede che contiene un cavo estendibile e che emette ultrasuoni permettendo ai pesci di evitare di finire nel raggio d’azione del vortice».