Lampedusa, la strage senza fine. Nicolini: «Basta! E’ un orrore»
Legambiente: «Non è possibile rimanere inermi. quella che chiamiamo emergenza umanitaria è una condizione cronica»
[3 Ottobre 2013]
Gli ultimi sprazzi di bel tempo, prima dell’autunno e dell’inverno che terranno a terra i barconi dei trafficanti di carne umana, stanno spingendo verso Lampedusa e le nostre coste in generale chi scappa dalla guerra e dai campi profughi siriani, chi fugge dagli scontri in Egitto tra militari e Fratelli Musulmani, chi cerca di lasciarsi alle spalle la terribile ed interminabile dittatura che soffoca la nostra ex colonia Eritrea, ad attraversare fino a che è possibile quella barriera marina che fra poco le onde, i venti ed il freddo chiuderanno.
Ma ancora una volta questa disperata speranza è naufragata e la Guardia Costiera ha recuperato decine di cadaveri anche di donne e bambini senza nome – a bordo erano in 500 e solo 120 sono le persone al momento tratte in salvo – a circa mezzo miglio dall’Isola dei Conigli, la riserva tanto cara alla sindaca ambientalista di Lampedusa e Linosa, Giusi Nicolini, una striscia di sabbia protetta dove nascono le tartarughe marine e muoiono gli uomini.
Proprio la sindaca oggi tra le lacrime ha detto: «Basta! Ma che cosa aspettiamo? Cosa aspettiamo oltre tutto questo? E’ un orrore continuo. Le dimensioni non le conosciamo ancora – dice Nicolini -. Se è vero che erano 500 sul barcone e in salvo già sul molo ce ne sono soltanto 130, è davvero un orrore».
Nell’isola dove Papa Francesco, nipote di un immigrato italiano che rischio di annegare in un naufragio di italiani che cercavano pane e speranza nelle Americhe, ha invocato la solidarietà e la misericordia ancora una volta la pietà viene dai nostri uomini in divisa che raccolgono poveri esseri umani ed altri ne perdono negli abissi del mare e della crudeltà umana.
Questa strage deve finire, qualcuno la deve fermare e non certo con le cannonate razziste di un Calderoli, ma con un intervento vero dell’Europa e del mondo che scavi nelle cause che producono il commercio di carne umana e che chiuda le crepe non con le inumane galere libiche le cui chiavi erano state consegnate da Berlusconi al suo amico Gheddafi in cambio di autostrade e petrolio.
Anche Legambiente esprime profondo cordoglio «Per l’ennesima tragedia dei numerosi migranti annegati oggi sulle coste dell’isola di Lampedusa e auspica un intervento della comunità europea per fermare, attraverso una gestione etica e condivisa, la strage degli immigrati che fuggono dalla fame o dalla guerra ».
Secondo la direttrice nazionale del Cigno Verde, Rossella Muroni, «Non è possibile rimanere inermi di fronte a queste tragedie . Non è possibile non cercare una soluzione al terribile dramma dei tanti che ogni giorno sono costretti ad affrontare viaggi pericolosissimi per cercare di sfuggire alla morte o a una vita di stenti. L’Europa tutta deve sentirsi coinvolta e contribuire sia a trovare una soluzione civile ed etica per evitare il ripetersi di tragedie come questa, sia a gestire nel migliore dei modi quella che continuiamo a chiamare emergenza umanitaria pur essendo ormai una condizione cronica».
Durissima Emergency: «I morti di oggi a Lampedusa (mentre scriviamo sono cento) vanno ad aggiungersi agli altri 20mila che sono morti nel Mediterraneo negli ultimi vent’anni. Fino a quando considereremo naturale che il mar Mediterraneo sia il più grande cimitero del mondo? Fino a quando accetteremo di tenerci politiche migratorie criminali, che trasformano i disperati in clandestini, e per questo delinquenti? Fino a quando lasceremo che chi scappa dalla guerra e dalla miseria abbia, come unica possibilità, quella di affidarsi a uno scafista che poi li butta in mare a frustate? Fino a quando accetteremo di essere corresponsabili di una strage quotidiana di donne, uomini, bambini la cui unica colpa è inseguire la speranza di una vita migliore? Fino a quando Lampedusa e gli altri porti di sbarco saranno lasciati soli a seppellire i morti, nell’indifferenza dell’Italia e dell’Europa? Non abbiamo più voglia, davanti a cento cadaveri, di ascoltare l’ipocrisia di chi oggi si veste a lutto mentre ieri firmava le leggi sull’immigrazione che riempiono il mare di morte, l’ipocrisia di chi oggi si dispera ma domani non farà niente per cambiarle. Vogliamo risposte. Vogliamo un Paese che, come dice la nostra Costituzione, “riconosce e garantisce i diritti fondamentali dell’uomo”: diritti che invece muoiono ogni giorno davanti ai nostri occhi, insieme a centinaia di persone».
Se l’Europa non interverrà con politiche vere, solidali, democratiche, progressive e rivolte ai giovani della costa sud del Mediterraneo, se l’Italia non smetterà di nascondere il suo passato coloniale e fascista sotto il tappeto della dimenticanza e dell’ipocrisia e non investirà nella costruzione della democrazia e della sostenibilità nelle sue ex colonie dimenticate di Libia, Eritrea, Somalia ed Etiopia, l’Italia resterà ancora per troppo tempo approdo di cadaveri, transito di speranze verso Paesi più ricchi ed accoglienti.
Un luogo dal quale fuggire da CIE crudeli nella loro inadeguatezza allo spostamento inarrestabile del mondo, rete di onde nelle quali si impigliano e muoiono i pesci della speranza che non sanno nuotare, gli uomini neri, le donne e i bambini degli altopiani, delle pianure, delle foreste che nascondono il sole e dei deserti senza ombra dell’Africa e dell’Asia che, dopo mesi di cammino e patimenti, affrontano il mare mai visto in equilibrio su legni marci e sulla loro paura e che nel mare affogano, invocando Allah o Gesù, quel Dio misericordioso invocato dal Papa a Lampedusa e che questi poveri cristi annegati oggi non hanno trovato su questa Terra spietata.