L'Italia vanta un buon posizionamento, ma la strada da fare è ancora molta
L’economia circolare piace, ma ancora non incide. Oggi però la si può misurare
E’ questo ciò che emerge dallo studio “Circular Europe. Come gestire con successo la transizione da un mondo lineare a uno circolare”
[7 Settembre 2020]
I vantaggi di una transizione verso l’economia circolare sono tangibili. Ad oggi anche misurabili. Ma al momento è molto più sulla carta che sul concreto. Serve un cambio di marcia. E’ questo ciò che emerge dallo studio “Circular Europe. Come gestire con successo la transizione da un mondo lineare a uno circolare”, realizzato da Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti in collaborazione con Enel e Enel X anticipato, nell’ambito del Forum di The European House – Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti, Francesco Starace, CEO e General Manager di Enel e Francesco Venturini, CEO di Enel X
“Se esiste – scrivono – un progetto capace di sviluppare una visione positiva e di lungo periodo per il futuro dell’Unione Europea, è senza dubbio quello dell’Economia Circolare”.
“Il mondo si trova ad affrontare grandi sfide. Sono in atto profondi e rapidi cambiamenti economici, climatici e tecnologici che stanno modellando le società e gli stili di vita. Il momento dell’Europa è giunto. L’Economia Circolare ha le carte in regola per divenire un “catalizzatore per il bene comune”, attorno al quale sviluppare una grande visione per il futuro europeo”, dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti.
Lo studio “mette in evidenza una situazione molto eterogenea a livello europeo. Italia e Spagna presentano un livello di sviluppo medio-alto: l’Italia eccelle nel fine vita, ha un buon posizionamento nell’utilizzo di input sostenibili e estensione della vita utile dei prodotti, mentre deve impegnarsi per aumentare l’intensità di utilizzo di prodotti e servizi (ma non si dice che nel 2020 i posti di lavoro persi nell’economia circolare sono stati moltisismi, ndr); la Spagna invece ha un buon posizionamento per l’utilizzo di input sostenibili, fine vita e aumento dell’intensità di utilizzo, mentre ha un posizionamento medio-basso nell’estensione della vita utile di prodotti e servizi. La Romania invece si trova ad affrontare un sostanziale percorso di crescita su tutti e quattro i pilastri”.
“L’adozione su larga scala dell’Economia Circolare richiede uno sforzo coordinato, volto a re-immaginare e riconfigurare, in ottica circolare, molti se non addirittura tutti gli schemi produttivi e i modelli di business; come sta accadendo attraverso la riprogettazione e la proposizione di un nuovo modello del sistema energetico, con il graduale abbandono dei combustibili fossili a favore delle rinnovabili e dell’elettricità come vettore per la completa decarbonizzazione di tutti i settori”, dichiara Francesco Venturini, CEO di Enel X.
Lo studio elabora un Circular Economy Scoreboard che utilizza una metodologia multilivello per fornire un’immagine esaustiva del grado di circolarità di ogni Paese. Contiene 23 metriche quantitative raffrontabili e 10 indicatori principali per i 27 Paesi dell’Unione Europea e per il Regno Unito, dedicando particolare attenzione ai tre Paesi focus dello studio: Italia, Romania e Spagna. Lo studio mostra che, ad oggi, l’Unione europea presenta risultati eterogenei in termini di transizione verso l’Economia Circolare: Italia (che va ricordato ha di recente recepito il pacchetto normativo dell’Ue sull’economia circolare, ndr) e Spagna dimostrano un livello di sviluppo medio-alto, mentre la Romania si colloca agli ultimi posti della classifica. Per misurare la performance nel corso del tempo, il Circular Economy Scoreboard è stato analizzato lungo un arco temporale di 5 anni. La Romania ha mostrato un miglioramento elevato nel corso dell’ultimo quinquennio, la Spagna un progresso intermedio mentre l’Italia si è mossa più lentamente nella transizione verso un modello circolare. L’analisi del “grado di circolarità” dei 27 Paesi dell’Unione europea e del Regno Unito è stata integrata con una survey che ha interpellato 300 business leader europei circa la necessità di intervenire a vantaggio di modelli circolari all’interno delle loro aziende. Il 95% del campione considera l’Economia Circolare una scelta strategica per la propria azienda: è soprattutto uno strumento per conquistare un vantaggio competitivo in termini di diversificazione, ampliamento del mercato e riduzione dei costi. Tuttavia, la maggior parte dei business leader europei ritiene che il proprio Paese non sia pronto per affrontare la sfida dell’Economia Circolare; l’incertezza circa la creazione di valore (43,6% delle risposte) e la mancanza di competenze (35,9%) sono le due risposte più frequenti circa i fattori ostativi per lo sviluppo dell’Economia Circolare in Europa.
Ma quanto vale in termini economic? Lo studio mostra come, nel 2018, l’Economia Circolare è correlata a 300-380 miliardi di euro di Prodotto Interno Lordo in Europa, a 27-29 miliardi di euro in Italia, a 10-12 miliardi di euro in Romania e 33-35 miliardi di euro in Spagna. Allo stesso tempo, l’Economia Circolare è legata a circa 200.000 posti di lavoro in Italia, 20.000 in Romania, 350.000 in Spagna e fino a 2,5 milioni in Europa sempre nel 2018. Lo studio stima inoltre un effetto sugli investimenti di 8-9 miliardi di euro in Italia, 1-2 miliardi di euro in Romania, 9-11 miliardi di euro in Spagna e un impatto complessivo di 90-110 miliardi di euro nell’Unione Europea nel 2018. Significativi benefici sono stimati anche sulla produttività del lavoro: circa 560-590 euro per addetto all’anno in Italia, 1.210-1.270 euro per addetto in Romania (il Paese che presenta l’impatto maggiore), 640-670 euro per addetto in Spagna e 570-940 euro per addetto complessivamente a livello europeo.
Attraverso casi studio specifici e analisi “what if”, lo studio evidenzia come l’Economia Circolare, oltre a essere vantaggiosa in termini economici, generi contemporaneamente importanti benefici ambientali. Tra i diversi effetti positivi, si evidenzia che il passaggio da materiali primari a secondari consenta di ridurre notevolmente le emissioni di gas serra (GHG): considerando 4 materiali (ferro, alluminio, zinco e piombo), la riduzione media delle emissioni di GHG per kg di materiale prodotto è pari al 73,5%. Inoltre, un aumento della penetrazione delle fonti rinnovabili nella produzione energetica di un punto percentuale riduce le GHG fino a 72,6 milioni di tonnellate di CO2 equivalente in Europa e 6,3 in Italia (~50% delle emissioni annuali di gas serra nel Comune di Roma). Nonostante il modello di valutazione proposto dallo studio mostri che la transizione verso l’Economia Circolare offra svariati vantaggi economici, sociali e ambientali, il passaggio dal modello di sviluppo lineare a quello circolare deve tenere conto di alcune criticità. In quest’ottica, il Rapporto suggerisce 10 aree di intervento, con specifiche azioni di policy, al fine di far fronte alle sfide correlate alla transizione circolare e di coglierne i benefici in modo efficace.
E non sono cose di poco conto: definire per gli Stati membri dell’Unione Europea delle Strategie nazionali per uno sviluppo economico circolare; ridefinire la governance dell’Economia Circolare per supportare una transizione a 360° in tutti i settori; fare leva sulla legislazione per promuovere la transizione circolare; creare condizioni di competitività rispetto alle soluzioni non circolari; utilizzare la finanza come una leva per promuovere la Ricerca e Sviluppo e le buone pratiche in ambito di Economia Circolare; affrontare la mancanza di una definizione chiara e di metriche omogenee ed esaustive; trasformare i modelli di business che generano rifiuti in modelli circolari; promuovere misure trasversali e di coordinamento per tutti i settori interessati dalla transizione verso l’Economia Circolare; fare leva sull’Economia Circolare per ripensare le città e gli spazi urbani; promuovere la cultura e la consapevolezza circa i vantaggi derivanti dall’Economia Circolare. Insomma, tra il dire e il fare c’è ancora molta strada da percorrere.