Lezioni americane dallo scandalo Volkswagen
[22 Settembre 2015]
La vicenda della Volkswagen beccata con le mani nella marmellata ha scatenato molta ironia sulla Germania e sulla sua superiorità e precisione tecnologica messa a servizio di una truffa. Tutti a dire “pensa se fosse successo a un’azienda italiana quanti luoghi comuni”. Giusto. Ma quella vicenda suscita anche un’altra riflessione. Più amara. Sull’affidabilità dei controlli pubblici. E qui gli Usa hanno dato agli europei, e in particolare a noi, un’ennesima lezione.
Loro hanno la Food and drugs administration, cui il mondo scientifico guarda con rispetto, noi l’Efsa (European food safety agency) di Parma che non ha mai emesso nemmeno un vagito di fronte agli innumerevoli scandali che si sono succeduti nel nostro continente. Loro hanno l’Epa (Enviromental protection agency) che non guarda in faccia nessuno, come ha dimostrato quest’ultima vicenda. Noi, nella migliore delle ipotesi, organismi di controllo privi di poteri reali: lì l’autorità pubblica non ha solo “denunciato” ma ha costretto l’azienda a ritirare qualcosa come mezzo milione di auto e ora si appresta a comminare una multa miliardaria. Fatti, non parole.
E non è vero che gli americani fanno i “duri” solo con aziende straniere, come la Volkswagen: se rimaniamo nel settore auto, solo negli ultimi giorni General Motors – per difetti di malfunzionamento – ha subito una multa di 900 milioni di dollari e in un anno quell’azienda è stata costretta a ritirare dal mercato 30 milioni di auto, con un costo calcolato intorno ai 5 miliardi.
Trent’anni fa Legambiente, in assenza di controlli pubblici, si inventò Goletta Verde per verificare la qualità delle acque di balneazione. E ancora oggi, prima dell’estate, è il centralino dell’associazione ambientalista ad andare in ebollizione perché i cittadini vogliono sapere se possono tranquillamente andare a farsi il bagno in questa o quell’altra località. Al ministero della Salute, che per legge dovrebbe essere il depositario dei dati ufficiali, nessuno pensa mai.
D’altra parte vi immaginate cosa succederebbe in Italia se un qualche organismo pubblico si comportasse come l’Epa statunitense? Volete che non si troverebbe un Tar pronto a sospendere il provvedimento? E già lo sentiamo il presidente di Confindustria che urla contro “la mancanza di sensibilità industriale del Paese” e tutti gli editorialisti ad andargli appresso. E poi, alla fine, forse il governo emanerebbe un bel decreto con cui elevare le soglie e rimetterebbe “tutto a posto”. Siamo troppo cattivi? I soliti gufi malpensanti? A noi piuttosto sembra un (triste) dejà vù.