I laburisti si confermano primo partito esordio assoluto dei Verdi in Parlamento
Norvegia, svolta a destra, ma perde voti e seggi il partito xenofobo di Breivik, il boia di Utøya
[10 Settembre 2013]
Il Partito Laburista (Ap) resta la più grande forza politica della Norvegia, con il 30,9%, ma con un calo del 4,5% permette alla coalizione “borghese” di sconfiggere dopo 8 anni la coalizione di sinistra che governava la Norvegia, uno dei Paesi più ricchi, meglio amministrati, più democratici del mondo e soprattutto con un welfare state che sarebbe il sogno di ogni italiano.
Eppure questo buon governo non è bastato alla coalizione “socialista” a fermare la rimonta della destra, guidata dal partito conservatorie (H – Høyre) che raggiunge il 26,8% e, con un balzo del 9,6%, supera a destra il Partito del Progresso (Frp), che stranamente la stampa italiana dà per vincente, la formazione populista e Xenofoba nella quale militava Anders Breivik, l’assassino che il 22 luglio 2011 ha compito la strage di ragazzi laburisti nell’isola di Utøya, I populisti infatti retrocedono al terzo posto, perdendo ben il 6,7% dei voti e fermandosi al 16,3%. Ma l’ex partito di Breivik entrerà con tutta probabilità nel nuovo governo di coalizione “borghese” che comprenderà anche la Democrazia Cristiana, (Krf) che mantiene il 5,6% e la sinistra Liberale (V) ha guadagnato l’1,4%, attestandosi al 5,3%.
Nel campo progressista resta al palo il partito agrario (Spp) con il 5,5%, meno 0,7 punti, e cala del 2,1% la Sinistra socialista (Sv) che arriva al 4,1%. La sorpresa nel campo progressista viene dai verdi del Miljøpartiet De Grønne (Mdg) che per la prima volta nella storia della Norvegia eleggono un loro uomo, Rasmus Hansson, nello Stortinget il Parlamento norvegese, passando da un misero 0,4% al 2,8%. Hansson ha detto che questo è l’inizio della costruzione di un grande partito verde in Norvegia. Faremo in modo che Norvegia faccia parte del grande e libera politica verde che sta cambiando la politica europea in una direzione molto ecologica». I verdi hanno dichiarato che non aderiranno a nessuno dei due blocchi di governo ed opposizione.
La distribuzione dei seggi in parlamento segna comunque il predominio della coalizione “borghese”: i conservatori ottengono 48 seggi (+18), i populisti del Frp 29 (-12), i democristiani 10, alla sinistra liberale 9 (+7) in tutto 96 parlamentari. A sinistra al laburisti vanno 55 seggi (-9), al partito agrario 10 (-1), alla Sv 7 (-4). In tutto la coalizione di destra guadagna appena 5 seggi ma sono quelli che bastano a ribaltare i rapporti di forza nel Paese considerato il più felice e ricco d’Europa, ma dove nemmeno la ributtante strage neo-fascista di Utøya sembra aver fermato la voglia di cambiare che ha ben poche ragioni economiche e che è invece molto da ricercare nel crescente fastidio di una parte della popolazione per la crescente presenza di immigrati, gli stessi che permettono di mandare avanti l’industria petrolifera e gasiera, i servizi e la ricchissime economia di questo Regno iper-democratico e satollo che con le entrate del petrolio ha costituito uno dei più solidi fondi pensionistici del mondo. Più che la paranoia feroce di Breivik, nel voto norvegese si legge la noia di un elettorato che ha preferito affidarsi nelle mani tradizionalmente moderate del partito conservatore, senza rischiare eccessive derive populiste con il Frp.
Le vere artefici della sconfitta del governo laburista di Jens Stoltenberg sostenuto dalla sinistra sono due donne che sembrano delle floride massaie, l’antitesi della glaciale ferocia di Breivik. La vera vincitrice è la leader del partito conservatore, Erna Solberg, che è pronta a formare il nuovo governo norvegese con Siv Jensen la leder populista del Partito del progresso, che ha uno stile molto più sbrigativo, che a volte scivola nell’imbarazzante.
La Solberg ha già annunciato di aver invitato la Jensen ed i leader della Democrazia Cristiana e della Sinistra liberale per discutere la formazione del nuovo esecutivo che nei prossimi 4 anni governerà il ricchissimo Regno di Norvegia. L’altro scenario è quello di un governo di minoranza tra Conservatori e Partito del progresso, con l’appoggio esterno dei due partiti minori, che però sposterebbe ancora più a destra l’asse politico della Norvegia, dando ai populisti sconfitti le mani libere nelle loro politiche xenofobe contro gli immigrati, con conseguenze sulla stessa tenuta sociale e democratica della placida Norvegia.
Che le difficoltà per la coalizione “borghese” non manchino lo ha subito ricordato dagli schermi della Nrk Stian Berger Røsland, il leader del Partito conservatore al Consiglio Comunale di Oslo, che ha citato le questioni sulle quali sarà più difficile trovare un accordo tra i partiti della destra norvegese: la spesa pubblica, la politica di asilo per i profughi politici e gli immigrati e le trivellazioni petrolifere offshore delle Lafoten e nel Vesterålen, cosa quest’ultima che, con l’ingresso dei Verdi nello Stortinget e con una crescente opposizione a nuove trivellazioni nell’Artico, sembra ancora più politicamente difficile.