«Gli esseri umani sono la specie più altruista», ma non siamo tutti uguali

I poveri sono più generosi, ora la scienza l’ha dimostrato

Uno studio conferma le radici sociali dell’altruismo e dell’egoismo

[8 Gennaio 2015]

Se si cerca una speranza per noi stessi o il genere umano, una scintilla d’altrusimo, è nei poveri e non nei ricchi che è più facile trovarla. Un team di psicologi britannici ha confermato alcune intuizioni – in questo caso con una storia millenaria alle spalle – che a volte sono senso comune, ma che hanno subito duri colpi con la trasformazione degli individui in consumatori che ha provocato un assottigliamento delle differenze di comportamenti tra le classi sociali, fino a portare qualcuno a teorizzarne l’ormai definitiva scomparsa.

Il team di ricerca capeggiato Ana Guinote del dipartimento Experimental Psychology dell’University College London, e che comprende la sua collega Ioanna Cotzia e Sanpreet Sandhu e Pramila Suiwa della School of Psychology, Keynes College dell’università del  Kent, ha pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) lo studio “Social status modulates prosocial behavior and egalitarianism in preschool children and adults”, la cui ragion d’essere è stato così sintetizzato: «Anche se gli esseri umani sono la specie più altruista, le disparità di orientamento prosociale sono comuni e si verificano tra i gruppi sociali e  variano rispetto all’istruzione, ai ruoli sessuali, alla biologia ed alle risorse finanziarie».

Il team di ricerca capeggiato Ana Guinote del dipartimento Experimental Psychology dell’University College London,  e che comprende la sua collega Ioanna Cotzia e Sanpreet Sandhu e Pramila Suiwa della School of Psychology, Keynes College dell’università del  Kent, sottolinea invece: «Anche se gli esseri umani sono la specie più altruista, le disparità di orientamento prosociale sono comuni e si verificano tra i gruppi sociali e  variano rispetto all’istruzione, ai ruoli sessuali, alla biologia ed alle risorse finanziarie».

Lo studio dimostra che  lo status sociale – definito come il livello di prestigio sociale e reputazione di cui godono gli individui agli occhi degli altri – più basso «innesca un orientamento prosociale che si manifesta in un comportamento di aiuto, segnalando intenti comuni e l’endorsment di obiettivi e valori egualitari. Questi effetti iniziano a comparire presto nella ontogenesi umana. I risultati suggeriscono che gli esseri umani hanno programmi cognitivi e motivazionali di base che usano in modo flessibile per  navigare nelle gerarchie instabili tipiche nelle società umane».

I ricercatori presentano 4 esperimenti che dimostrano che lo status sociale  modula l’orientamento prosociale ed evidenziano come siano giunti alla conclusione «che le persone che hanno uno status basso mostrano un comportamento più comunitario e pro sociale, e approvano obiettivi di vita e valori più egualitari rispetto a coloro che hanno sperimentato uno status elevato. Le differenze comportamentali di questo tipo compaiono presto nell’ ontogenesi umana (4-5 anni di età)».

Quindi, come spiega Le Scienze, «l’altruismo e l’inclinazione verso principi di correttezza, d’imparzialità ed egualitarismo sono più diffusi nei soggetti con un basso status sociale […] Gli studi condotti negli ultimi decenni hanno infatti mostrato che i soggetti di basso livello sociale ed economico sono in grado di identificare gli stati emozionali degli altri meglio di quelli di livello socioeconomico elevato. Gli immigrati hanno una percezione dei diversi gruppi sociali più complessa dei non immigrati dello stesso livello socioeconomico; le minoranze etniche come gli afroamericani o gli ispanici sono meno individualisti dei caucasici; le donne hanno una tendenza all’altruismo più spiccata rispetto agli uomini».

Quindi non solo le classi sociali continuano ad esistere in un mondo di consumatori livellato, ma continuano ad avere una forte influenza politica e sociale, intrecciandosi strettamente con la percezione del proprio status nella gerarchia sociale, con gli stessi meccanismi che sono stati osservati anche nei primati e che spesso greenreport.it ha presentato ai suoi lettori.

Naturalmente l’educazione e la “nascita” contano molto. Tre degli  esperimenti condotti dal team della Guinote erano rivolti a un gruppo di studenti universitari, il quarto riguardava bambini in età prescolare. Le Scienze spiega che «nei test sugli adulti, gli sperimentatori hanno assegnato a ciascuno soggetto, con diversi stratagemmi, uno status più o meno elevato, facendo credere per esempio di appartenere a un dipartimento universitario più o meno prestigioso. In seguito hanno valutato il comportamento dei soggetti con una serie di test sul livello di altruismo, sul comportamento prosociale e su credenze e i principi morali che consideravano fondamentali per la propria condotta di vita. In tutti questi casi, i dati hanno mostrato che gli studenti con lo status inferiore, oltre ad avere un comportamento più altruistico rispetto ai coetanei dello status superiore, erano più disposti a sostenere i valori prosociali, come aiutare gli altri, lavorare per promuovere una maggiore giustizia sociale o impegnarsi nel volontariato. Tra i soggetti di status sociale più elevato, invece, era più diffusa la propensione a considerare come valore principale l’affermazione di sé».

Tra i bambini, privi di condizionamenti culturali sociali “esterni”, la gerarchia di gruppo è stata realizzata attraverso una competizione preliminare per aggiudicarsi dei giocattoli, e chi vinceva era considerato appartenente a uno status sociale elevato, mentre i perdenti erano in uno status inferiore. I successivi test di generosità sui  bambini – donare degli adesivi a un ipotetico bambino all’ospedale – hanno dimostrato che i bambini con lo status sociale inferiore erano più generosi dei “dominanti”.

Insomma, la lotta per l’uguaglianza, la generosità e il progresso sono insiti nella nostra specie  e, come nei nostri lontani parenti, ci sono i “dominanti” che vogliono imporsi e utilizzano la proprietà come status e i poveri, i “sottoposti”, che usano la generosità e l’altruismo per sostenersi e vivere meglio. Un retaggio evolutivo che è il crocevia – anche politico –  del nostro destino di specie e forse del pianeta, e che ci fa capire quanto siano socialmente radicati sia l’egoismo che sembra governare il mondo che l’altruismo che tenta di liberare ed elevare la scimmia umana attraverso la generosità dell’intelligenza condivisa.