1 su 10 in povertà assoluta (+30%), 1 milione e 344 mila in condizioni di disagio abitativo
Save the Children: i bambini e gli adolescenti italiani nella tenaglia della crisi
Neri: «La febbre è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più»
[10 Dicembre 2013]
Save The Children Italia ha presentato “L’Italia SottoSopra”, il quarto Atlante dell’Infanzia (a rischio) in Italia, uno zoom sulle condizioni sempre più drammatiche dei bambini dal quale emerge «La stretta relazione fra povertà e bassi livelli di istruzione, competenze, salute, opportunità di bambini e ragazzi. Una tenaglia di povertà e deprivazione che giorno dopo giorno stringe ai fianchi sempre più bambini e adolescenti, costringendoli a vivere un presente con pochissimo “ossigeno”: cibo al discount, pochi o nessun libro, scuola solo la mattina senza neanche un’ora in più per attività di svago e socializzazione, e poi a casa, in uno spazio piccolo e soffocante, nient’altro da fare nel tempo libero perché non ci sono soldi e gli aiuti che arrivano dai servizi sociali se ci sono, sono pochi, perché il Comune è in default. È il contrario di ciò che dovrebbe essere l’infanzia e di come dovrebbe essere il nostro paese per le sue giovani generazioni».
Sono i minori che vivono in povertà assoluta sono più di un milione ,il 30% in più che nel 2012, uno su 10 e “L’Italia SottoSopra” lo dimostra con di 50 mappe: «1 milione e 344 mila vivono in condizioni di disagio abitativo; 650.000 in comuni in default o sull’orlo del fallimento, e per la prima volta è di segno negativo la percentuale di bambini presi in carico dagli asili pubblici, scesa dello 0,5%. Il 22,2% di ragazzini è in sovrappeso e il 10,6% in condizioni di obesità: il cibo buono costa e le famiglie con figli hanno ridotto i consumi e gli acquisti (-138 euro in media al mese), anche alimentari; 1 bambino su 3 non può permettersi un apparecchio per i denti. 11 euro mensili il budget delle famiglie più disagiate con minori, per libri e scuola, una cifra 20 volte inferiore a quella del 10% delle famiglie più ricche; sui 24 paesi Ocse, Italia ultima per competenze linguistiche e matematiche nella popolazione 16-64 anni e per investimenti in istruzione: +0,5% a fronte di un aumento medio del 62% negli altri paesi europei (Ocse). Sono 758.000 gli early school leavers, i giovani dai 18 ai 24 anni d’età in possesso della sola licenza media e che sono fuori dal sistema nazionale di istruzione e da quello regionale di istruzione e formazione professionale, e oltre 1 milione i giovani disoccupati.
Presentando il rapporto Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, ha evidenziato che «In questa fase di crisi i bambini e gli adolescenti si ritrovano stretti in una morsa: da una parte c’è la difficoltà di famiglie impoverite, spesso costrette a tagliare i consumi per arrivare alla fine del mese, dall’altra c’è il grave momento che attraversa il Paese, con i conti in disordine, la crisi del welfare, i tagli dei fondi all’infanzia, progetti che chiudono. In mezzo, oltre un milione di minori in povertà assoluta, in contesti segnati da disagio abitativo, alti livelli di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile alle stelle. Un numero così grande e crescente di minori in situazione di estremo disagio, ci dice una cosa semplice: la febbre è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più, serve una cura forte e strutturata. E la cura è, secondo Save the Children ma anche istituzioni autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ocse, investire in formazione e scuola di qualità, laddove l’Italia è all’ultimo posto in Europa per competenze linguistiche e matematiche della sua popolazione. La recessione non è iniziata soltanto 5 anni fa in conseguenza della crisi dei mutui subprime o degli attacchi speculativi all’euro, ma affonda le sue radici nella crisi del capitale umano, determinata dal mancato investimento, a tutti livelli, sui beni più preziosi di cui disponiamo: i bambini, la loro formazione e conoscenza. Sotto questo aspetto, l’Atlante non offre solo una mappa di ciò che non va, ma mostra bene in controluce ciò che si può e si deve fare per rimettere a posto le cose”.
Le cifre vanno ben oltre il crollo del consumismo dell’infanzia: «Tra il 2017 e il 2012, la spesa media mensile dei nuclei con bambini si è ridotta di 138 euro (pari al 4,6%), quasi il doppio rispetto a quanto accaduto sul totale delle famiglie». Tagli che hanno colpito soprattutto abbigliamento, mobili e elettrodomestici, cultura, tempo libero e giochi. Sono oltre 650 mila i minori che vivono in comuni falliti (72) o sull’orlo della bancarotta (52). Dal 2007 al 2012 i minori in povertà assoluta, la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta e avere una vita dignitosa, sono più che raddoppiati, passando da meno di 500 mila a più di un milione, con un vero e proprio boom al Nord (+ 166 mila). Si tratta di figli di genitori disoccupati (+8,5%), oppure monoreddito (+3,1%, o i cui genitori hanno un livello d’istruzione basso. Fra i nuclei familiari con capo-famiglia privo di titolo di studio, l’incidenza della povertà assoluta è del 3,1%.
Raffaela Milano, Direttrice pogrammi Italia-Europa Save the Children Italia, spiega che «Tra povertà economica e povertà educativa c’è una stretta relazione e l’una alimenta l’altra in un circolo perverso. Se si comparano i consumi di una famiglia in povertà con una benestante, si rileva che, nella prima, le spese per il pane e il cibo assorbono quasi il 35% del reddito mensile a fronte dell’11% circa di una famiglia più agiata. Così, i meno abbienti cercano di risparmiare dove possono e finisce che all’istruzione – libri scolastici, lezioni private, rette – possano destinare appena 11 euro al mese e 24 alla cultura, tempo libero e gioco a fronte dei 360 euro delle famiglie più abbienti. Questo deficit di spesa educativa delle famiglie in povertà non è compensato da investimenti pubblici su welfare ed educazione, con il risultato che i bambini più poveri vivono una gravissima contrazione delle opportunità educative indispensabili per la loro crescita».
Poi c’è il fenomeno dei minori sotto sfratto: «Negli ultimi 5 anni ci sono stati 300 mila provvedimenti di sfratto per morosità e ne sono stati eseguiti 100 mila – dice il rapporto – Nel 2012 le ingiunzioni per morosità hanno superato, per la prima volta, quota 60 mila: ogni 10 sfratti emessi, 9 sono dovuti alla difficoltà o impossibilità delle famiglie di fare fronte alle spese per la casa. Un’ incertezza abitativa che va di pari passo con la precarietà di molte sistemazioni: 1 milione e 344 mila tra bambini e ragazzi, il 12% della popolazione di riferimento, vive in situazioni di particolare disagio – sovraffollamento, alloggi privi di alcuni servizi e con problemi strutturali – con un incremento del 25% rispetto al 2007».
La povertà nel suo senso più ampio è il maggior “determinante di salute”, «Cioè ha un impatto rilevante e in negativo sulla speranza di vita e la salute media» e la Milano evidenzia che «Studi autorevoli confermano anche la stretta relazione fra i bassi livelli di istruzione delle madri e degli stessi ragazzi e l’insorgenza di alcune patologie come l’obesità. Al crescere dell’istruzione da parte delle madri aumenta il loro grado di consapevolezza sul reale stato di salute dei figli e ciò costituisce un fattore importante di prevenzione e riduzione del rischio».
Msa c’è anche un problema di debolezza strutturale del capitale umano dell’Italia, «Caratterizzato da un diffuso analfabetismo funzionale. L’Italia è in ultima posizione fra i 24 paesi Ocse per competenze linguistiche e matematiche3 In particolare è il fanalino di coda in quanto a percentuale di individui (16-64 anni) intervistati con un punteggio intermedio (3) o superiore (4 o 5) nella scala delle competenze linguistiche (250 il punteggio del nostro paese a fronte di una media Ocse di 277)», anche se i giobani vanno meglio degli anziani.
“L’Italia SottoSopra” conferma che si è rotto l’ascensore sociale: «Nel quinquennio 2002-2007, la percentuale di giovani con un basso livello di istruzione si era ridotta di 4,5 punti in percentuale, quasi un punto all’anno; dal 2007 al 2012, i cosiddetti early school leavers fermi alla sola licenza media hanno preso a scendere al ritmo ben più lento dello 0,4%, passando in 5 anni dal 19,7% all’attuale 17,6% per un esercito di 758 mila giovani con bassi titoli di studio e fuori dal circuito formativo: 5 punti percentuali in più della media europea. Ragazzi che spesso vanno ad accrescere il numero di disoccupati che, nel luglio 2013, hanno raggiunto la cifra record di oltre 1 milione di under 30 e la spaventosa percentuale del 41,2% fra i 15-
La Milano conclude: «L’intensa povertà e deprivazione in cui vivono sempre più bambini, adolescenti e giovani, vuol dire innanzitutto riduzione delle libertà di scelta, privazione di opportunità, chiusura di orizzonti, impossibilità di fissare e raggiungere traguardi. Ancora prima della mancanza di reddito è questa la povertà che spezza le gambe: una condizione che si può contrastare solo tornando ad investire sulla educazione. Serve più scuola, e di prim’ordine e, allo stesso tempo, servono territori ad alta densità educativa, dove tutti i bambini, senza alcuna eccezione, possano non solo studiare ma fare attività ugualmente rilevanti, come sport, musica, gioco, stare insieme, scoprendo le proprie passioni e talenti e imparando a pensare il futuro in modo aperto. Non mancano gli esempi cui ispirarsi per ribaltare l’Italia sottosopra. Basta guardare a progetti come INVFactor del Cnr- Irps che, attraverso un concorso per la migliore invenzione realizzata, sta portando alla luce la creatività e intelligenza di tanti studenti di istituti tecnici italiani, la rete delle orchestre giovanili, le esperienze di contrasto alla dispersione scolastica che incidono non solo sulla didattica nelle classi, ma anche sul rafforzamento delle opportunità educative fuori da scuola, sui territori».