Il consumo di suolo e delle risorse naturali nelle politiche dell’Unione europea
[2 Aprile 2014]
Questa è la settima edizione di questa conferenza. Negli ultimi 5 anni qui sono stato una “caratteristica regolare”. Mentre ci avviciniamo alla fine del mandato di questa Commissione, voglio ringraziare gli organizzatori per avermi dato l’opportunità di presentare le mie riflessioni sulle sfide relative all’utilizzo del suolo delle risorse naturali nell’Unione, su ciò che è già stato realizzato e su ciò che dovrebbe essere ancora fatto. Ma prima di farlo, diamo un’occhiata ad alcuni fatti.
Le Nazioni Unite hanno previsto un aumento della popolazione mondiale dia circa 7 miliardi di persone nel 2012 in un range compreso tra 8,3 e 10,9 miliardi di persone nel 2050, in particolare nei Paesi meno sviluppati. Mentre già la metà della popolazione mondiale vive nelle città, tale quota è destinata a crescere ulteriormente, a quasi il 70% nel 2050. Tutto questo contribuisce ad una maggiore domanda di terreni. Studi recenti (2010 estimates of the Lincoln Institute of Land Policy – Cambridge, MA) suggeriscono che, tra il 2000 e il 2030, la copertura del suolo urbano aumenterà del 63% nei Paesi più sviluppati e del 170% nei Paesi meno sviluppati.
Questo porta inevitabilmente a compromessi dato che, con la domanda di terreni per l’aumento della crescita urbana, la terra disponibile per l’agricoltura si contrae. Questa crescita urbana richiede anche un pedaggio elevato su territori che ospitano una grande quota di biodiversità del mondo e forniscono servizi ecosistemici. Abbiamo già visto che la perdita di pianure e delta fertili viene “compensata” dalla conversione di altre aree naturali in terreni agricoli.
Anche in Europa, dove la crescita della popolazione è bassa, ogni dieci anni stiamo perdendo una superficie per la produzione agricola equivalente alla superficie di Cipro. Globalmente entro il 2050 si potrebbero perdere fino a 130 milioni di ettari, il che è pari al 7% delle terre attualmente coltivate. Questo è importante per l’Europa, perché la concorrenza globale per terra e le risorse idriche è sempre associata alla volatilità dei prezzi alimentari e all’aumento dei disordini sociali, così come ai rischi di squilibri geopolitici.
In Europa, l’espansione urbana non è l’unico fattore dietro la tendenza di declino dei terreni agricoli: anche dove la terra non viene asfaltata è spesso degradata, e questo degrado entro il 2050.potrebbe interessare il 15% del nostro attuale territorio agricolo.
Con il costante aumento della richiesta di terreni e di alimenti, è inevitabile che la qualità stia diminuendo. In un momento in cui quasi 4 europei su 5 vivono in città, è facile dimenticare il modo in cui ci basiamo sul mondo naturale, e trascurare il fatto che l’uso insostenibile del territorio e il degrado del suolo hanno conseguenze significative sui nostri mezzi di sussistenza e benessere, a prescindere di dove viviamo.
Stiamo mettendo sotto pressione la biodiversità, contribuendo al cambiamento climatico e all’aumento degli eventi estremi, come inondazioni e siccità. E a differenza dell’aria e dell’acqua, il suolo è una risorsa molto complessa con numerosi link ad altre sfide ambientali. Il significato del degrado del suolo o della conversione dei terreni a causa dell’urbanizzazione va ben oltre la questione cruciale del suolo per la produzione di alimenti o bioenergia: è una delle maggiori sfide ambientali l’Europa deve affrontare. Mette a rischio le molte altre funzioni vitali che il suolo fornisce.
Permettetemi di illustrarlo con due esempi. Il primo è il rapporto tra suolo e clima. Il suolo contiene più carbonio rispetto all’atmosfera e alla vegetazione insieme. Rilasciarne anche solo una frazione può vanificare i risparmi in altri settori. Ma se gestito in modo appropriato, lo stoccaggio di carbonio nel suolo può potenzialmente aumentare. E aumentare la materia organica del suolo è il modo migliore per mantenere la fertilità della terra, permettendo di migliorare la sua resilienza ai cambiamenti climatici e prevenendo la desertificazione.
Il secondo esempio è la biodiversità. Stiamo cominciando ad essere consapevoli dell’importanza della diversità della vita di animali e piante per un ambiente sano, ma siamo molto meno consapevoli del ruolo fondamentale della biodiversità del suolo a supporto di una vasta gamma di servizi ecosistemici, come la filtrazione dell’acqua, la stabilità del suolo e del suo ruolo nella protezione contro le catastrofi naturali. Non ci sarà una gestione sostenibile del territorio in tutta l’Ue, o addirittura nel mondo, se non proteggiamo la vita sotto i nostri piedi.
Come dovremmo cominciare a rispondere a queste sfide crescenti? Di fronte a vincoli pressanti, alcune persone vedono la soluzione nel rafforzamento della nostra produzione agricola.
Ci possono essere forme di intensificazione realmente sostenibili, in altre parole, le soluzioni che possono essere effettuate senza danneggiare l’ambiente e benessere degli animali. Forse alcune possono addirittura produrre un miglioramento. Ma c’è stata senza dubbio una grande quantità di intensificazione insostenibile.
Il leading advisory committee on the future of agriculture for the EU ha concluso nel suo ultimo rapporto (Sustainable food consumption and production in a resource-constrained world – European Commission – Standing Committee on Agricultural Research – SCAR), che «molti degli odierni sistemi di produzione alimentare compromettono la capacità della Terra di produrre cibo in futuro. A livello globale e in molte regioni, tra le quali l’Europa, la produzione di cibo sta superando i limiti ambientali o è vicino a farlo».
Dorante il mio mandato ho speso una buona dose di energie per cercare risolvere alcuni dei problemi derivanti da questo, sia l’inquinamento che la carenza delle acque, la perdita di biodiversità, l’erosione del suolo e la perdita di materia organica. Quindi, prima di andare verso soluzioni “quick-fix” apparentemente ovvie, dobbiamo prima valutare correttamente e metterci d’accordo su ciò che intendiamo per intensificazione sostenibile. Poi possiamo progettare politiche e incentivi per rendere un utilizzo più intenso del territorio più sostenibile possibile.
Questo è importante, perché un numero significativo di specie ed habitat protetti sono dipendenti o sono strettamente connessi alle pratiche agricole tradizionali che hanno caratterizzato gran parte del paesaggio europeo attraverso i secoli. Dobbiamo sostenere e preservare la redditività economica di tali sistemi agricoli, che sono un ottimo esempio di uso sostenibile delle risorse naturali, fornendo benefici non solo per le nostre comunità rurali, quali l’occupazione locale, il reddito e il cibo, ma anche per i nostri paesaggi, il patrimonio culturale e la biodiversità naturale.
Nelle prossime settimane e mesi, gli Stati membri dovranno decidere come attuare la riforma della PAC (Politica agricola comune, ndt) . I principali elementi della politica ci sono, ma il diavolo è nei dettagli e gli Stati membri devono determinare come verranno soddisfatti i diversi obiettivi e che cosa sarà o non sarà consentito. Questo vale per le norme ecologiche e di ammissibilità, per i pagamenti diretti nonché per la spesa per lo sviluppo rurale. Spero e mi aspetto che i problemi che ho appena menzionato saranno ben riflessi in tali decisioni. Ma non è credibile parlare di rendere la politica agricola più verde se non riflettiamo anche sul modo migliore per proteggere e migliorare la produttività a lungo termine del suolo che la sostiene.
Recentemente ho discusso la questione con i miei colleghi del Consiglio Ambiente, e mentre abbiamo riconosciuto che non c’è l’intenzione di far progredire ulteriormente la proposta di un quadro giuridico per il suolo che la Commissione ha presentato nel 2006, siamo stati d’accordo che qualcosa deve essere fatto anche per affrontare il problema del degrado del suolo. Se resta incontrollato, sicuramente non riusciremo a raggiungere i nostri obiettivi comuni in altre aree, quali il cambiamento climatico e l’agricoltura sostenibile. Abbiamo la responsabilità collettiva di proteggere e migliorare i nostri suoli. Questo dovrebbe essere tanto nell’interesse degli agricoltori quanto è nell’interesse degli ambientalisti. E’ tempo di lasciarci alle spalle alcuni disaccordi del passato e di lavorare insieme per trovare un modo costruttivo per andare avanti.
La gestione efficiente del territorio e del suolo è una delle principali sfide per la nostra società. Questa sfida può essere vinta solo se agiamo per affrontarne i fattori sottostanti. In particolare:
Dobbiamo riconoscere che la terra è una risorsa limitata ed utilizzarla in primo luogo per molti scopi possibili: economico, sociale e ambientale. Secondo, dobbiamo evitarne lo spreco, anche prevenendo il degrado del territorio. Terzo, abbiamo bisogno di ripristinare attivamente le sue funzioni una volta che il terreno è degradato e incoraggiare il riciclaggio terreni, in particolare sostenendo la rigenerazione delle aree industriali dismesse.
Dobbiamo lottare per un consumo ed una produzione più sostenibili. In particolare, per ridurre gli sprechi alimentari. Basti pensare che nel 2006 stavamo già sprecando ogni anno nell’Ue quasi 90 milioni di tonnellate di cibo, ma che si prevede di raggiungere 126 milioni di tonnellate entro il 2020 se non si interviene su questo. Le stime sono che circa un terzo di tutto il cibo che produciamo viene sprecato. Questo è un terzo di tutta la terra, l’acqua, l’energia, per non parlare dei prodotti chimici utilizzati per la coltivazione. Questa situazione non può continuare. La Commissione sta pertanto lavorando alla preparazione di una comunicazione sul cibo sostenibile, con una forte attenzione alla riduzione dei rifiuti alimentari, che sarà presentato entro la prima metà dell’anno.
Dobbiamo anche migliorare l’efficienza dell’uso della biomassa ed assicurarsi che la produzione di biocarburanti ed il consumo di biomassa da terreni coltivati e delle foreste sia fatto in linea con la gestione sostenibili delle risorse e del territorio, in particolare per evitare la concorrenza con le colture alimentari e garantire che non porti al degrado del nostro ambiente.
E abbiamo bisogno di capire meglio e di ridurre l’impatto della domanda dell’Ue sulle risorse dei terreni nei Paesi terzi, soprattutto quando gli effetti sono negativi in termini ambientali o sociali.
Tutti questi temi sono fondamentali non solo per la politica ambientale, ma anche per la più ampia politica agricola e di sviluppo della nostra società. Sono stati identificati nella 2011 la Roadmap to a Resource Efficient Europe, e inclusi nel nuovo Environment Action Programme dell’Unione europea per il 2020. Mi aspetto che in un prossimo futuro aumentino di importanza nell’agenda politica europea ed a livello internazionale. Perché? Perché non è solo necessario, ma in realtà è inevitabile.
Per queste ragioni, il 19 giugno avvierò un dibattito sul tema “Land as a Resource” e sulle possibili risposte politiche in una conferenza qui a Bruxelles. Siete tutti invitati e incoraggiati a partecipare.
Dato che questa è molto probabilmente l’ultima volta che mi rivolgo a voi come Commissario responsabile per l’ambiente, vorrei ringraziarvi per essere stati sempre un pubblico paziente e attento. Ho cercato di fare del mio meglio in modo che fossimo d’accordo sull’ovvio: che il successo del futuro della politica agricola in gran parte dipende anche dal (futuro) successo della politica ambientale. E che dovremmo essere partner affidabili nel nostro sforzo comune per rendere il futuro sostenibile.
di Janez Potočnik, commissario europeo all’Ambiente.
Intervento al Seventh Forum for the Future of Agriculture – Bruxelles, 1 aprile 2014