Tajani: «Creare un Sistema Italia per partecipare al partenariato dell’innovazione»
La sfida delle materie prime: l’importanza del riciclo per un’economia sostenibile (e circolare)
ReMedia: «Solo in Italia dovremmo utilizzare 360 milioni di tonnellate di risorse all’anno, il consumo attuale arriva a 1 miliardo»
[24 Ottobre 2013]
All’edizione 2013 di Hi Tech&Ambiente – La sfida delle materie prime: può l’industria del riciclo ridurre i rischi di approvvigionamento? – esperti nazionali e internazionali discutono della direttiva Ue Raee, che dovrà essere recepita entro febbraio 2014, e sulla strategia di più ampio respiro che l’Europa dovrà adottare per costruire un’economia circolare, che fa del riciclo lo strumento fondamentale per poter trasformare i rifiuti in risorse.
Secondo Danilo Bonato, Direttore Generale di ReMedia, «Il recepimento della normativa non è solo un atto formale, ma è un’opportunità per dare nuovo impulso al Sistema Raee e favorire così politiche industriali orientate all’efficienza delle risorse. L’Europa, infatti, vuole accelerare il processo di sviluppo di una moderna società di riciclo: l’utilizzo più efficiente e sostenibile delle risorse naturali è una priorità, come dimostra il programma di finanziamenti all’innovazione denominato Horizon 2020».
La carenza di materie prime e i rischi di approvvigionamento sono una tema centrale, spiegano da ReMedia – che organizza il convegno in collaborazione con la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile -, l’Unione Europea «dovrebbe ridurre la quantità di materie prime necessaria a far girare l’economia del 25% entro il 2020, a parità di output produttivo. Con il programma di finanziamenti Horizon 2020, che partirà da gennaio 2014, l’Unione Europea sostiene la ricerca e lo sviluppo anche nel settore del riciclo, investendo oltre 3 miliardi di Euro».
Nel suo messaggio inviato al meeting romano, il commissario Ue all’industria ed all’imprenditoria, Antonio Tajani, ha affermato che «La giornata di oggi è utile a creare un Sistema Italia delle materie prime e quindi a riflettere su come il Paese potrà partecipare alle diverse iniziative sviluppate nel contesto del partnenariato dell’innovazione. Le materie prime sono vitali per l’Europa per due ragioni: sono essenziali per l’economia e la società europea e perché il loro approvvigionamento è minacciato. La strategia dell’Europa si basa su tre pilastri: garantire condizioni eque di concorrenza nell’accesso alle risorse, favorire l’approvvigionamento sostenibile di materie prime provenienti da fonti europee, promuovere efficienza energetica e riciclaggio. Questi pilastri convergono tutti verso l’innovazione».
L’Ue è autosufficiente nella produzione di minerali da costruzione, compresi gli inerti (sabbia, ghiaia, pietrisco e pietra naturale), varie argille, mattoni, gesso e pietra ornamentale. La produzione europea di aggregati è di circa 3 miliardi di tonnellate all’anno. Circa il 91% di tutti gli aggregati è prodotto da risorse naturali, il 5% sono aggregati riciclati e il 2 % sono di origine marina o fabbricati. L’Ue vanta anche una grande produzione di minerali industriali che forniscono una vasta gamma di settori. Per alcuni minerali, come magnesite, fluorite e potassio, ad esempio, l’Europa è un importante produttore mondiale.
L’economia europea invece è fortemente dipendente per quanto riguarda le importazioni di metalli industriali, oltre alla nota necessità d’importazione d’idrocarburi, gas e petrolio in primis (ma non è altrettanto scontato il conseguente link con i materiali che dal petrolio derivano, vedi la plastica, e dunque la strategicità industriale del loro riciclo).
Solo un piccolo numero di minerali metallici viene estratto all’interno dell’Unione europea, che è ancora un produttore relativamente importante per alcuni di essi, come il cromo, rame, piombo, argento e zinco. Questa produzione, però, rimane di gran lunga insufficiente a soddisfare la domanda europea. Per diversi metalli, tra cui terre rare e Pgm (Platinum Group Metals), i Paesi dell’Ue fanno completamente affidamento sulle importazioni. L’utilizzo di rottami rappresenta circa il 50% di input per la produzione di metallo. Non bastasse, negli ultimi decenni le esportazioni dell’Ue di materiali di scarto di valore e di concentrati di metalli sono aumentati considerevolmente, mentre le importazioni sono diminuite in modo significativo.
La sessione “Il riciclo come pilastro fondamentale della strategia europea sulle materie prime” ha aperto i lavori del convegno concentrandosi sull’importanza del riciclo come elemento fondamentale della strategia di accesso alle materie prime da parte dell’Ue. Kurt Vandenberghe, direttore ambiente DG Ricerca e Innovazione della Commissione Europea, ha spiegato che «La strategia Europa 2020 si focalizza su una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Trasformare l’economia europea in un sistema competitivo, a basse emissioni di carbonio e con un utilizzo sostenibile di materie prime è una grande sfida, che, a partire da gennaio 2014, sarà supportata da Horizon 2020. Il riciclo è un’area dove l’Europa può fare la differenza in termini di crescita e di nuovi posti di lavoro. I rifiuti, infatti, sono una risorsa per riciclare, riutilizzare e recuperare materie prime. L’obiettivo è realizzare un’economia circolare».
Per arrivare a un’economia circolare, il riciclo non deve però riguardare solo i Raee e le terre rare, ma anche le altre materie prime seconde, come dicono anche ReMedia e Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile: «Per non continuare a essere dipendente dalle importazioni, l’Europa ha bisogno di un cambiamento sistematico nell’uso e nel recupero delle risorse, che servirebbe ad aumentarne la competitività e contribuirebbe a costruire un’economia europea sostenibile. Secondo una stima recente, infatti, l’Unione Europea potrebbe ridurre la quantità di materie prime necessaria a far girare l’economia di circa il 25% a parità di produzione entro il 2020. L’economia ne trarrebbe beneficio e la crescita del PIL porterebbe anche la creazione di nuovi posti di lavoro, tra 1,4 e 2,8 milioni».
In media, ogni cittadino dell’Ue consuma l’incredibile cifra di 25 tonnellate all’anno di minerali e metalli. «Solo in Italia, per avere un’economia sostenibile dovremmo utilizzare 360 milioni di tonnellate di risorse – dicono gli organizzatori del convegno – mentre il consumo attuale arriva a 1 miliardo. L’impiego di materie prime nel nostro paese, quindi, dovrebbe essere ridotto a un terzo».
Secondo Franco Terlizzese, direttore generale per le risorse minerarie ed energetiche del ministero dello sviluppo economico, «Le terre rare, riciclabili dai Raee, costituiscono certamente una grande possibilità che il nostro Paese può cogliere sia dal punto di vista ambientale, per le ricadute positive sulla mitigazione degli impatti e sull’inquinamento, sia dal punto di vista sociale, per la possibile creazione di nuovi posti di lavoro legati allo sviluppo delle attività di riciclo. Il tema “dell’Urban Mining” risulta quindi di importanza strategica per agganciare il treno dell’Europa. La Direzione Generale è impegnata anche nella collaborazione con il Laboratorio Materie Prime, per incentivare le attività di ricerca per lo sviluppo sostenibile nel comparto estrattivo dei minerali solidi non energetici per la crescita sociale ed economica dei territori, nell’iniziativa “European Innovation Partnership on Raw Materials”, e soprattutto nel percorso di confronto con le Regioni per intraprendere una profonda condivisione dei pilastri europei del settore».
Roberto Morabito, responsabile unità tecnica tecnologie ambientali Enea, ha fatto notare che «Per un Paese come l’Italia, povera di materie prime e con una grande vocazione manifatturiera, lo sviluppo di una forte industria del riciclo è una questione strategica. E’ necessario avviare una fase di transizione da una economia di tipo lineare, basata sulla trasformazione delle risorse in rifiuti, ad una economia di tipo circolare, dove i rifiuti diventano una preziosa fonte di materie prime seconde da reimmettere nei cicli produttivi. Particolare importanza in questo quadro riveste lo sviluppo di tecnologie innovative, ambientalmente compatibili e caratterizzate da sostenibilità economica come ad esempio le tecnologie idrometallurgiche per il recupero di metalli, metalli preziosi e terre rare da Raee».
Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile, ha concluso: «In un Pianeta dotato di risorse limitate, in presenza di una loro domanda in continua crescita, l’accesso alle materie prime diviene un fattore sempre più strategico. In particolare, per una economia di trasformazione dei prodotti come la nostra, la seconda in Europa. Per attenuare i rischi di approvvigionamento occorre definire una strategia sull’uso efficiente delle risorse e sul riciclaggio dei materiali, che integri la produzione industriale con il comparto economico dedicato alla gestione dei rifiuti. L’efficienza delle risorse non va riferita solo all’energia, ma anche ai materiali, come i metalli, i minerali, e le materie prime critiche. Un esempio tipico di materie prime critiche ricavabili dai Raee è quello delle terre rare, che sono fondamentali per le tecnologie rispetto alle quali è atteso il maggior sviluppo nei prossimi anni».
La tavola rotonda pomeridiana, “Recepimento della Direttiva, modelli e scelte strategiche a confronto” si è concentrata dunque sulla strategia che stanno adottando i principali Paesi europei nel recepimento della Direttiva, che impone agli stati membri di riciclare l’85% dei Raee entro il 2019. Attualmente nell’Ue vengo raccolte 10 milioni di tonnellate di Raee, ma solo 3,5 vengono riciclate in modo corretto. I Raee, se riciclati correttamente, sono una vera e propria miniera, secondo l’Enea, da una tonnellata di schede elettroniche si recuperano circa 30 chili di stagno, 240 grammi di oro, 660 grammi di argento e 260 chili di rame, oltre alle terre rare.
Secondo l’U.S. Geological Survey, la produzione mineraria mondiale di terre rare (Ree) nel 2012 è stata di circa 110.000 tonnellate, con la Cina che resta il principale produttore (87% dell’offerta mondiale) con solo 48% delle riserve mondiali. Ma a quota della Cina è in calo rispetto al 2011 (95%) per le restrizioni alle esportazioni e per l’avvio della produzione mineraria negli Usa e a Mount Weld, in Australia.
L’Ue negli ultimi 5 anni è stato un importatore netto di composti di terre rare, metalli e leghe, per circa 12.000 tonnellate all’anno, con un picco nel 2008 di 20.000 tonnellate. Un andamento che si ripercuote sul prezzo: per gran parte degli ultimi 40 anni i prezzi delle terre rare sono rimasti stabili a circa 5.000 – 10.000 dollari per tonnellata; nel periodo 2009-2011 c’è stato un forte aumento. Secondo un recente rapporto Unep i tassi di riciclaggio di fine vita per tutti gli elementi delle terre rare, però, sono sotto l’1%.