L’esempio della Russia
Materie prime, verso una crisi da sovra-produzione?
Rusal taglia del 9% la produzione di alluminio
[19 Agosto 2013]
Il Consiglio di amministrazione della Compagnia unificata dell’alluminio russa (Rusal) ha deciso di ridurre nel 2013 la produzione di alluminio del 9%, 357.000 tonnellate, rispetto ai 4,17 milioni di tonnellate del 2012.
Già a marzo Rusal aveva annunciato un taglio della produzione di 300.000 tonnellate e sullo sfondo di questa decisione c’è il forte calo dei prezzi dell’alluminio, tanto che la multinazionale russa ha intenzione di chiudere per 4 anni 5 fabbriche. I tagli confermati ed ampliati oggi erano stati prospettati il 7 agosto dall’amministratore delegato di Rusal, Oleg Deripaska in un’intervista al quotidiano russo Vedomosti nella quale affermava che «Rusal deve modificare i suoi piani per proteggere le imprese ancora redditizie in Siberia. Le fabbriche “sospese” saranno riavviate quando le tariffe dell’alluminio supereranno i 2.400 dollari per tonnellata, sennò non saranno redditizie». Attualmente, il prezzo dell’alluminio è inferiore ai 1.800 dollari.
Ma è tutta l’industria delle materie prime russa ad essere in grande difficoltà: la Uralkali, che produce fertilizzanti, deve far fronte ad un calo dei prezzi dei suoi prodotti del 25%, e ha deciso di aumentare la produzione per recuperare le perdite.
A soffrire sono un po’ tutte le industrie minerarie, a causa del calo considerevole dei prezzi del carbone, dei metalli e di altre materie prime. Ria Novosti fa alcuni esempi: «Dall’inizio dell’anno la loro capitalizzazione si è ridotta di 36,4 miliardi di dollari. Severstal ha perduto il 33,6%, MMK ha registrato un -28,3%, Nornikel -34,6%, Rusal -45,3%, Metchel -58%. La più grande perdita è stata registrata da Evraz: -61%».
Ogni compagnia mineraria cerca una soluzione per superare una crisi che rischia di diventare la crisi di un intero Paese, che basa le sue fortune sulle materie prime: la Metchel tenta di vendere azioni per ridurre il suo debito che a fine 2012 aveva raggiunto i 9,6 miliardi di dollari; la NLMK punta a ridurre del 20% il suo personale nelle fabbriche occidentali; il produttore d’oro Petropavlovsk ha tagliato l’8% delle sue maestranze; Nornikel sta correggendo al ribasso la sua strategia di sviluppo… Ma il vero problema del settore minerario russo ed internazionale è la crisi da sovra-produzione: la crescita è debole e le spese per estrarre le materie prime aumentano, mentre le materie prime seconde – ossia provenienti da riciclo – non sono ancora sufficientemente incentivati come beni succedanei alle materie vergini.
Oleg Petropavlovski, un’analista di Bks, ha spiegato a Ria Novosti: «Attualmente, la produzione è superiore alle vendite, il metallo si accumula nei depositi e perde valore». Un altro analista, Boris Krasnojenov di Renaissance Capital, sottolinea che «Per un consumo totale che va fino a 50 milioni di tonnellate di alluminio all’anno, l’eccedenza potrebbe raggiungere 1,5 milioni di tonnellate».
Ancora una volta il liberismo finisce dove cominciano le difficoltà delle multinazionali: secondo Deripaska «Lo Stato potrebbe regolare questo problema: suggerisco di creare un deposito pubblico di alluminio. Non è un gioco borsistico per lo Stato, ma un potente strumento di sostegno della domanda in Russia». Precedentemente Deripaska aveva anche proposto di sostenere l’economia utilizzando le riserve in moneta estera della Banca centrale russa per finanziare la costruzione di infrastrutture.
Petropavlovski descrive così su Vedomosti il meccanismo dell’evoluzione della crisi delle materie prime: «Il calo dei prezzi alla produzione è prima di tutto dovuto alla diminuzione della domanda in Cina (principale acquirente di materiali da costruzione), dopo di che anche il carbon coke utilizzato nella produzione perde valore Risultato delle tariffe: un debole sfruttamento delle capacità produttive, la depressione dei prezzi del carbon coke e dei prodotti laminati, così come una conseguente diminuzione degli investimenti delle compagnie».
Insomma, in un mondo che si avvia verso la penuria di risorse si estraggono troppe materie prime per sostenere una crescita e una domanda che non ci sono più. Anche questo fa parte della visione ideologica conservatrice ed iperliberista che ha portato il mondo alle tre crisi – ecologica, economica e sociale, che stiamo vivendo – Un labirinto ideologico ed economico del quale sono ormai prigionieri gli stessi insensibili giganti che lo hanno costruito.