Ma il principale nemico della qualità è il cemento
Gli ambientalisti contro il Parmigiano… ungherese
Legambiente e Realacci a difesa di un simbolo del Made in Italy
[19 Febbraio 2014]
Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente della Camera ha presentato una preoccupata interrogazione su uno dei simboli dell’agroalimentare italiano: il Parmigiano Reggiano, che rischia di diventare un “ibrido”.
Realacci spiega l’intricata situazione: «Il Parmigiano Reggiano è un campione nazionale e una delle eccellenze dell’agroalimentare made in Italy. Il Parmigiano Reggiano è infatti uno dei nostri 259 prodotti riconosciuti tra Dop e Igp, è uno dei formaggi italiani più conosciuti nel mondo ed anche un ottimo biglietto da visita per il nostro agroalimentare di qualità. Così noto e di successo da suscitare interessi poco limpidi, compresi gli appetiti di quanti si arricchiscono scorrettamente con l’italian sounding. Per tutelare questo campione del made in Italy dalla minaccia imitazioni ho depositato una interrogazione ai ministri dell’Agricoltura, dello Sviluppo Economico e delle Politiche Comunitarie.
Incredibilmente nuove minacce per questo prezioso prodotto Dop potrebbero arrivare dallo stesso presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai: secondo un articolo pubblicato da La Stampa, ripreso anche dal Buongiorno di Gramellini, Alai sarebbe anche presidente della Itaca Società Cooperativa, che detiene a sua volta il 100% della Magyar sajt Kft, società ungherese che commercializza formaggi che imitano i nostri campioni nazionali dell’agroalimentare. Come se non bastasse l’evidente conflitto di interessi Itaca Società Cooperativa e Magyar sajt Kft ricompaiono anche tra soci e società partecipate della Nuova Castelli S.p.A., che ha annunciato la prossima realizzazione (per ora sospesa) a Correggio, di un mega-magazzino di stagionatura del Parmigiano-Reggiano in grado di stoccare 500 mila forme, ossia la metà della produzione della provincia reggiana. Visto che i magazzini ad oggi esistenti nel territorio della Dop sono già in grado di stagionare tutto il formaggio lì prodotto, il mondo agricolo reggiano si chiede da dove sarà reperita allora una quantità così elevata di formaggio tale da riempire il nuovo deposito?».
Realacci prosegue: «Non vorremmo che dietro al nuovo magazzino progettato dalla Nuova Castelli ci fosse un caso simile a quello della Lactitalia: una società partecipata dal Governo Italiano che circa tre anni fa suscitò la mia preoccupazione perché sembrava producesse in Romania, con latte romeno e ungherese, ‘pecorino rumeno’ che veniva poi «spacciato» come italiano sui mercati europeo e statunitense, e sul quale poi arrivò la rassicurazione del MiPAAF (ministero delle Politiche agricole e forestali, ndr). Oggi il pericolo sarebbe di produrre finto parmigiano reggiano con latte e forme ungheresi proprio nel territorio della Dop, con danno evidente del nostro comparto lattiero-caseario.
Ai ministri interrogati ho chiesto se siano a conoscenza della vicenda e se essa corrisponda al vero, nonché quali iniziative urgenti intendano mettere in campo, per quanto di loro competenza, per verificare se la doppia carica del presidente Alai non pregiudichi la bontà delle attività di promozione e tutela, anche della concorrenza, del Consorzio del Parmigiano Reggiano anche in ossequio alla direttiva comunitaria in materia di Dop. Ai ministri interrogati ho infine chiesto se non vogliano considerare strumenti normativi capaci di rafforzare gli strumenti di protezione dei “campioni” dell’agroalimentare italiano dal fenomeno dell’Italian sounding”».
Sulla questione interviene anche Legambiente Emilia Romagna, ricordando che «il Parmigiano-Reggiano è uno dei prodotti agroalimentari di punta della nostra regione, che ha permesso nel tempo di garantire reddito all’agricoltura troppo spesso esposta alle fluttuazioni del mercato e si è sempre caratterizzato (a cominciare dal nome) come biglietto da visita della qualità dei prodotti tipici regionali e nazionale nel mondo.
La presenza storica del Parmigiano-Reggiano nel territorio emiliano ha inoltre un importante valore ambientale, che si manifesta nella permanenza dei prati stabili, tipologia di coltura in cui la biodiversità è altissima a cominciare dalle numerose specie di uccelli presenti, e in cui è più alta la capacità di assorbire carbonio e difesa delle falde. Un vero e proprio “tesoro” economico culturale ed ambientale, spesso trattato con disattenzione ed incuria dalle istituzioni, quando non dagli stessi operatori del settore».
Gli ambientalisti sono preoccupati che il Parmigiano-Reggiano sia il prodotto agroindustriale italiano più contraffatto, e che il prodotto simbolo dell’agroalimentare di qualità della loro regione abbia molti nemici: «Se a livello comunitario le grandi lobby del food impediscono una seria politica sulla tracciabilità e l’origine dei prodotti tipici, gli sforzi a livello nazionale devono essere sicuramente più fermi nel difendere il made in Italy. Purtroppo nemmeno in terra emiliana sembriamo immuni da queste derive. È del mese di gennaio l’interrogazione di un parlamentare parmense riguardo la richiesta di una società con sede a Reggio Emilia di poter realizzare un magazzino di stagionatura per 600.000 forme di parmigiano reggiano. Il dubbio era quello che le dimensioni dell’intervento, fuori scala rispetto ai fabbisogni territoriali, andassero nella direzione di industrializzare troppo una produzione che ancora conta sulle piccole imprese, aprendo le maglie a ingressi di prodotti simil-grana».
I Cigno Verde emiliano-romagnolo è convinto però che «il primo tra tutti i nemici di questo prodotto tipico è sicuramente il cemento: è paradossale che nelle province di Parma e Reggio, culla del formaggio, la cementificazione della campagna sia andata avanti negli ultimi decenni a ritmi elevatissimi con una miopia politica disarmante. Solo poche parti di queste province hanno mantenuto un paesaggio rurale degno di questo nome, ma in buona parte la terra del “re dei formaggi” è martoriata da capannoni, villette sparse nella campagna, strade, rotonde e svincoli. Un’economia speculativa fondata sui cambi di retini urbanistici e destinazioni d’uso, che poco alla volta ha fagocitato il substrato di un’economia sana basata sulla produzione di materie prime di qualità e prodotti tradizionali. Suona una beffa che due delle cinque autostrade previste in regione passino letteralmente nel “giardino di casa” di produttori e allevatori afferenti al consorzio: la TI-BRE nel Parmense, e la Cispadana nelle province tra Reggio e Ferrara. A Novi, uno dei principali caseifici del modenese verrà letteralmente scavalcato da un cavalcavia dell’autostrada. Purtroppo, mai una voce si è sollevata da parte del Consorzio su questo lento stillicidio».
Per gli ambientalisti «è necessario aumentare la trasparenza sulla presenza di Ogm nei mangimi non prodotti in azienda su cui non si è mai andati fino in fondo. Dopo il recente episodio delle semine di mais transgenico Mon810 in Friuli, va ribadito che la presenza di Ogm nei prodotti di qualità rappresenterebbe un ulteriore danno per l’immagine di eccellenza del cibo italiano nel mondo. Su questo il Consorzio del Parmigiano-Reggiano farebbe bene ad introdurre una modifica nel suo disciplinare che preveda l’esclusione obbligatoria degli OGM dai mangimi degli animali allevati dalle aziende che si fregiano del marchio del Consorzio, garantita da opportuni sistemi di tracciabilità. Va riconosciuto come il Consorzio con la revisione del disciplinare di alimentazione delle vacche abbia rafforzato il legame della produzione con il territorio e la sostenibilità della filiera ma questa battaglia va giocata fino in fondo. In un periodo in cui si parla spesso di marketing territoriale, il rischio è quello di giocarci il futuro di un settore economico sano ed un presidio alla tutela della campagna di pianura e allo spopolamento in montagna».
Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia-Romagna, conclude preoccupato: «Ricordiamo a tutti gli attori in gioco che la politica ed il Consorzio devono tutelare non solo un valore economico connesso al prodotto, ma anche un patrimonio tradizionale indissolubilmente legato ai territori e alle aziende locali: non si può mantenere il primo lasciando andare il secondo. Legambiente inoltre sollecita le istituzioni regionali e locali a fare propria una battaglia per la difesa della tipicità e della campagna, una battaglia ambientale, sociale e di immagine del nostro territorio. La produzione del Parmigiano-Reggiano si fonda su un sistema colturale che garantisce alti valori ambientali e paesaggistici che sono riconosciuti; il Parmigiano-Reggiano è giustamente associato nell’immagine e nel marketing con questi valori. Se questi valori sono minacciati, è minacciata in prospettiva la credibilità e l’immagine del Parmigiano stesso».