Oceana: fine immediata del declino delle risorse ittiche
Pesca ed acquacoltura sempre più importanti per sfamare il mondo, ma sono a rischio [VIDEO]
[20 Maggio 2014]
Secondo il nuovo rapporto Fao “The State of World Fisheries and Aquaculture” (Sofia), «Sempre più persone fanno affidamento su pesca e acquacoltura per la propria alimentazione e come fonte di reddito, ma pratiche nocive e cattiva gestione minacciano la sostenibilità del settore».
Il rapporto stima che «La produzione complessiva da pesca di cattura e da acquacoltura sia stata nel 2012 pari a 158 milioni di tonnellate: circa 10 milioni di tonnellate in più rispetto al 2010». A guidare questa crescita è la rapida espansione dell’acquacoltura, comprese le attività dei piccoli produttori che «Ha il grande potenziale di rispondere all’aumentata domanda di cibo di una popolazione mondiale in crescita», ma anche gli oceani del pianeta, se gestiti in modo sostenibile, possono svolgere un ruolo importante per fornire lavoro e cibo. Presentando il rapporto, il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, ha detto: «La salute del nostro pianeta, così come la nostra salute e il futuro della sicurezza alimentare, dipendono da come trattiamo il mondo blu. Dobbiamo fare in modo che il benessere ambientale sia compatibile con il benessere umano al fine di rendere una prosperità sostenibile di lungo termine una realtà per tutti. Per questo motivo, la Fao è impegnata a promuovere “Blue Growth”, un’iniziativa a livello mondiale che si basa sulla gestione sostenibile e responsabile delle risorse acquatiche». Al Global Oceans Action Summit on Food Security and Blue Growth, tenutosi ad aprile a L’Aia, governi, imprese ed Ong si sono impegnati a sostenere interventi incentrati sulla lotta al cambiamento climatico, allo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche, alla perdita degli habitat e all’inquinamento, nel tentativo di ripristinare la produttività, e la resilienza degli oceani.
La rinnovata attenzione verso il “blue world” deriva dal grande aumento delle ittiche consumate dall’uomo: percentuale passata dal 70% del 1980 ad un record di oltre l’85% (136 milioni di tonnellate) nel 2012. Allo stesso tempo, il consumo pro-capite di pesce è salito da 10 kg nel 1960 a più di 19 kg nel 2012.
Il nuovo rapporto evidenzia che «Il pesce rappresenta ormai quasi il 17 % del consumo di proteine a livello mondiale e in alcuni paesi costieri e insulari può raggiungere addirittura il 70%». Secondo stima Fao, «La pesca e l’acquacoltura siano i mezzi di sostentamento principali del 10-12% della popolazione mondiale. Dal 1990 l’occupazione nel settore è cresciuta a un tasso più rapido della crescita della popolazione mondiale e nel 2012 ha fornito occupazione a circa 60 milioni di persone impegnate sia nel settore della pesca in mare aperto che in quello dell’acquacoltura. Di questi, l’84 % si trova in Asia, seguita dall’Africa con circa il 10%».
La produzione in mare aperto nel 2012 è rimasta stabile con circa 80 milioni di tonnellate, attualmente, «Meno del 30% degli stock ittici selvatici regolarmente monitorati dalla Fao, sono sfruttati in eccesso. una positiva inversione di tendenza osservata negli ultimi anni, un segno che va nella giusta direzione. Poco più del 70% degli stock sono stati pescati entro livelli biologicamente sostenibili. Di questi, gli stock completamente sfruttati – ovvero in corrispondenza, o molto vicino, alla loro massima produzione sostenibile – rappresentano oltre il 60% mentre gli stock sottoutilizzati circa il 10%».
Xavier Pastor, direttore esecutivo europeo di Oceana, ha commentato: «In un mondo dove la crescita della popolazione è calcolata intorno ai 2 miliardi entro il 2050, dobbiamo iniziare oggi ad affrontare la sfida di nutrire il mondo e, al tempo stesso, preservare in buono stato le risorse naturali. Il 90% della risorse ittiche mondiali interamente sfruttate o sovra-pescate: è l’allarme finale. Fao riconosce che, ripristinando gli stock alieutici sovra-pescati, la produzione può aumentare di 16.5 milioni di tonnellate e il profitto annuale di 32 miliardi di dollari. Noi ad Oceana crediamo che ripristinare le risorse ittiche mondiali debba essere una priorità globale per salvaguardare gli oceani e garantire il sostentamento delle comunità costiere oggi e in futuro».
Nel 2012 la produzione da acquacoltura ha segnato un record raggiungendo oltre 90 milioni di tonnellate, delle quali circa 24 milioni di tonnellate di piante acquatiche. La Cina rappresenta oltre il 60% del totale.
Sofia che «L’espansione dell’acquacoltura ha contribuito a migliorare la dieta di molte persone, soprattutto nelle aree rurali povere dove la presenza di nutrienti essenziali negli alimenti è spesso scarsa», ma averte anche che «Per continuare a crescere in modo sostenibile, l’acquacoltura deve essere meno dipendente dai pesci selvatici per i mangimi e introdurre una maggiore diversità di specie e di pratiche nella pesca d’allevamento. Ad esempio, specie di piccole dimensioni possono essere un’ottima fonte di minerali essenziali se consumati per intero. Tuttavia, le preferenze dei consumatori e altri fattori hanno determinato il passaggio verso specie d’allevamento più grandi, le cui ossa e teste sono spesso scartate».
Il ruolo della pesca nell’alimentazione sarà affrontato dalla Seconda Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, organizzata da Fao ed Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) dal 19 al 21 novembre a Roma e che partirà da un dato di fatto: «Il pesce rimane tra i prodotti alimentari più scambiati al mondo, per un valore nel 2012 di quasi 130 miliardi dollari, una cifra che con tutta probabilità continuerà ad aumentare».
Il rapporto evidenzia una tendenza importante che vede i paesi in via di sviluppo rafforzare la loro quota nel commercio ittico: «Nel 2012 il 54% del totale delle esportazioni per valore e oltre il 60% per quantità (peso vivo). Questo significa che la pesca e l’acquacoltura giocano un ruolo sempre più importante per molte economie locali. Circa il 90% dei pescatori svolge attività di piccole dimensioni e si stima che, complessivamente, il 15% siano donne. In attività secondarie quali la lavorazione dei prodotti ittici, questa cifra può raggiungere anche il 90%».
Il 2014 è l’Anno Internazionale dell’agricoltura familiare e la Fao «Sottolinea il ruolo dei piccoli produttori – incluse attività come la pesca e l’acquacoltura – ponendo l’accento sulla necessità di migliorare l’accesso ai finanziamenti e ai mercati, di garantire i diritti di possesso e di tutelare l’ambiente. Si stima che ogni anno vadano perdute circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo – circa un terzo di tutto il cibo prodotto. Questa cifra comprende anche le perdite di pesce, che tendono ad essere maggiore nella pesca su piccola scala. Nel settore della pesca su piccola scala, le perdite di qualità sono spesso molto più significative delle perdite fisiche. Una migliore gestione, e migliori metodi di trasformazione e delle attività di valore aggiunto, potrebbero risolvere gli aspetti tecnici di questo problema, ma è anche fondamentale estendere le buone pratiche, costruire partnership, fare lavoro di sensibilizzazione e sviluppare capacità, insieme a politiche e strategie adeguate».
Il rapporto affronta poi il tema scottante della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (Iuu) e dice che «Rimane una grave minaccia per gli ecosistemi marini ed ha anche un impatto negativo sulle condizioni di vita, sulle economie locali e sull’approvvigionamento dei prodotti. La tracciabilità della catena alimentare è sempre più un requisito necessario nei principali mercati ittici, soprattutto sulla scia di recenti scandali circa errori di etichettatura dei prodotti alimentari». Per questo la Fao linee guida tecniche su certificazione ed etichettatura ecologica, «Che possono aiutare i produttori a dimostrare che il pesce è stato pescato legalmente con un tipo di pesca sostenibile, o prodotto in un impianto di acquacoltura gestito correttamente». In particolare, il rapporto sottolinea l’importanza del Codice di condotta per una Pesca Responsabile che, «fin dalla sua adozione quasi due decenni fa, rimane fondamentale per raggiungere la sostenibilità della pesca e dell’acquacoltura. Il Codice promuove l’utilizzo responsabile delle risorse acquatiche e la conservazione degli habitat per contribuire a rafforzare il contributo del settore alla sicurezza alimentare, alla riduzione della povertà e al benessere umano».