Sano è anche sostenibile?
Lo stretto legame tra la percezione della sostenibilità e le scelte alimentari sane
[21 Dicembre 2023]
Molte persone spesso identificano intuitivamente “sano” con “sostenibile” e lo studio “The “healthy = sustainable” heuristic: Do meal or individual characteristics affect the association between perceived sustainability and healthiness of meals?”, pubblicato su PLOS Sustainability and Transformation da un team di ricercatori della Johannes Kepler Universität Linz (JKU), dell’Universität Konstanz e della Hochschule für Angewandte Wissenschaften Hamburg, ha analizzato la corrispondenza o meno di questa percezione con la realtà.
La principale autrice dello studio, Gudrun Sproesser , direttrice del Dipartimento di psicologia della salute della JKU, spiega che «Abbiamo esaminato il grado di variabilità tra la percezione diffusa secondo cui i pasti sani sono anche sostenibili e se la percezione cambia o meno in base all’effettiva correlazione tra salute e sostenibilità del pasto. Abbiamo anche indagato se il tipo di pasto, ad esempio un pasto vegano, influenza questa presunta correlazione».
Lo studio ha coinvolto un totale di 5.021 partecipanti che hanno valutato 29 opzioni di pasto in una mensa pubblica in base a quella che credevano fosse una scelta alimentare sana e sostenibile. Anche i valori esatti relativi alla sostenibilità ambientale e all’alimentazione sana sono stati determinati applicando uno speciale algoritmo per analizzare le precise ricette dei pasti. I risultati hanno rivelato che «I partecipanti hanno chiaramente stabilito una correlazione significativa tra sostenibilità e cibo sano, nel senso che credevano automaticamente che anche il cibo sano fosse sostenibile».
La Sprosser evidenzia che «E’ interessante notare, tuttavia, che non vi è alcuna correlazione tra questa percezione e l’effettivo legame tra sostenibilità ambientale e quanto sia sano il pasto. Questo perché gli alimenti ricchi di vitamine possono essere prodotti anche utilizzando metodi ritenuti dannosi per l’ambiente e, a loro volta, gli alimenti sostenibili possono essere malsani».
Quando il team di ricerca ha confrontato le sue classifiche algoritmiche con quelle degli studenti, è rimasto colpito dall’emergere di un modello molto robusto: quando gli studenti assegnavano a un’opzione pasto un punteggio di salute più alto, era quasi sempre accompagnato anche da un punteggio di sostenibilità altrettanto elevato. Sembrava che stessero creando un nesso causale tra questi due tratti. Per una manciata di pasti questo corrispondeva alla realtà: gli studenti hanno classificato in modo simile una pasta al pomodoro e basilico come salutare e sostenibile, e questo corrispondeva all’algoritmo che ha assegnato al piatto lo stesso punteggio elevato di salute e sostenibilità, ma per quasi tutti gli altri pasti l’intuizione degli studenti era sbagliata, come per uno stufato di noodles e carne di manzo che gli studenti pensavano che fosse abbastanza salutare e altrettanto sostenibile, ma che in realtà aveva ricevuto un punteggio di sostenibilità basso dall’algoritmo. Gli studenti hanno valutato uno stufato di peperoni e gyros come relativamente salutare e sostenibile, ma questo piatto presentava il più grande gap tra le due caratteristiche: era molto alto dal punto di vista nutrizionale, ma molto basso nella scala della sostenibilità. Un piatto di zuppa cremosa di funghi è stato un raro caso in cui gli studenti hanno classificato il piatto più in alto in termini di sostenibilità ma più in basso in termini di salute, quando in realtà era vero il contrario.
Su Anthropocene, Emma Bryce ricorda che «Queste discrepanze possono essere spiegate da cose che molti di noi comprendono intuitivamente: un alimento potrebbe essere sano ma richiedere molte risorse, come i fertilizzanti, per crescere, il che aumenta la sua impronta. Allo stesso modo, un piatto potrebbe contenere molti alimenti trasformati e poco salutari, ma avere un’impronta ecologica ridotta. Eppure, nonostante questi punti logici, è come se il desiderio di mangiare sano creasse un punto cieco, o forse un pio desiderio, riguardo alle scelte che facciamo. I ricercatori lo descrivono come un “effetto alone”, in cui i benefici percepiti di una cosa si diffondono in altri ambiti».
I ricercatori hanno anche scoperto che la percezione di “sano = sostenibile” non era influenzata da altre caratteristiche dei pasti (come gli ingredienti vegani o vegetariani) o da attributi individuali come il sesso o lo stile alimentare del consumatore. Tuttavia, la correlazione tra la sostenibilità percepita e un’alimentazione sana era più elevata tra i partecipanti più anziani che tra i partecipanti più giovani, che erano un po’ meno propensi a stabilire questa connessione.
La Sproesser conclude: «I risultati indicano chiaramente che i consumatori devono essere maggiormente consapevoli del legame tra sostenibilità alimentare e cibo sano.In futuro, ad esempio, le etichette di sostenibilità sugli alimenti rappresenterebbero un approccio pratico, consentendo ai consumatori di prendere decisioni più informate su ciò che mangiano e allo stesso tempo facendo la loro parte per proteggere l’ambiente».