Con Trump gli Usa sono diventati lo “Stato canaglia” del clima. Quale ruolo per Europa e Italia
Combattere le politiche climatiche ed economiche fossili di Trump, perché la Terra resti vivibile
[29 Marzo 2017]
Con il suo ordine esecutivo Donald Trump ha messo una pietra tombale sulle politiche energetiche e climatiche di Barack Obama e, come dice Joe Romm di Climate Progress, «Se non viene fermato, il punto finale di questo approccio è la rovina della vivibilità climatica e l’inutile sofferenza per miliardi di persone per i decenni a venire».
L’ordine esecutivo avvia quella che, nelle previsioni di Trump e della sua amministrazione di negazionisti climatici, dovrebbe essere una rapida rottamazione del Clean Power Plan di Obama e dei regolamenti e degli standard per le emissioni delle centrali a carbone e delle auto e dei camion, frenando così tutte le iniziative federali già in atto per ridurre il consumo di combustibili fossili e per prepararsi ad affrontare le catastrofi climatiche che stanno già pesantemente colpendo gli Usa, a cominciare dalle siccità e dalle ondate di caldo sempre più intense e frequenti e dall’acidificazione e dall’aumento del livello degli oceani, che mettono a rischio l’industria ittica e minacciano di sommergere intere città.
Romm ricorda quel che scrisse nel lontano 1951 il grande diplomatico e ambasciatore Usa in Unione Sovietica George Kennan: «La storia non perdona i nostri errori nazionali solo perché sono spiegabili in termini di politica interna. Una nazione che scusa i propri fallimenti con la sacra intoccabilità delle sue abitudini, può auto-giustificarsi fino al completo disastro».
Il problema vero, per Trump, per gli americani e per il resto del mondo è che la logica economica che sta dietro l’ordine esecutivo di Trump appartiene alla preistoria fossile di un mondo che si sta rapidamente evolvendo in tutt’altra direzione – a cominciare dalla Cina – e che la sua politica energetica isolazionistica impedirà agli Usa di competere economicamente con gli alti giganti economici mondiali. Il team reazionario di Trump e la potente lobby dei combustibili fossili a cui fa da paravento politico, prospettano milioni di posti di lavoro americani nel carbone, mentre il futuro, anche lavorativo, negli Usa è già nell’energia pulita.
L’America di Trump si sta trasformando nello “Stato canaglia” nella lotta globale contro i cambiamenti climatici, in compagnia della Russia di Vladimir Putin e ormai non più sostenuta come prima su questi temi nemmeno da Arabia Saudita, Giappone e Australia, per non parlare del Canada che ha abbandonato completamente il campo del negazionismo climatico.
Bisognerà capire se a questo passo indietro di Trump corrisponderà una reazione della Comunità internazionale che aumenterà il livello di ambizione per quanto riguarda gli obiettivi di riduzione dei gas serra, di aumento delle rinnovabili e di innovazione e diffusione delle nuove tecnologie climate-friendly, finanziando e sostenendo l’adattamento e la resilienza climatica nei Paesi in via di sviluppo.
Il leader globale del programma clima ed energia del Wwf, Manuel-Pulgar Vidal, è convinto che «Gli ostacoli posti agli interventi degli Stati Uniti per raggiungere i propri impegni internazionali sul clima avranno un impatto sulla traiettoria mondiale sul clima, ma non definiranno il suo esito. La capacità di mantenere le promesse dell’Accordo di Parigi non si basano sulle azioni di un governo da solo. Alla COP22 tenutosi a Marrakech lo scorso anno, il presidente francese Holland ha detto l’accordo di Parigi è un processo “irreversibile”. Siamo d’accordo. La velocità e la dimensione della sfida del clima ha sempre richiesto soluzioni globali che coinvolgano tutta la comunità internazionale. È compito di tutti riaffermare l’impegno per un futuro di energia pulita e di rispettare gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Le aziende e le città non sono rimaste a guardare, stanno già agendo. Portare avanti l’accordo di Parigi significa più posti di lavoro, meno problemi di salute e un maggiore accesso a fonti più pulite e più economiche di energia elettrica. Non abbiamo tempo da perdere: lo slancio rimane dalla nostra parte e, insieme, siamo inarrestabili».
Quale dovrebbe essere il ruolo dell’Europa contro la svolta fossile di Trump lo spiega il presidente della Commissione ambiente della Camera Ermete Realacci: «Se vi fossero dei dubbi sulla necessità di un’Europa protagonista delle sfide globali come quella sui mutamenti climatici, Trump ha contribuito a dissiparli. La sua decisione di revocare i provvedimenti varati dall’amministrazione Obama a tutela dell’ambiente e per la riduzione delle emissioni inquinanti, apre la strada ad un pericoloso ritorno al passato fatto di carbone, petrolio e gas serra; con il pericolo di far saltare gli sforzi per contrastare i cambiamenti del clima. L’Europa ha tenuto in vita gli accordi di Kyoto e oggi c’è ancora più bisogno di quell’Europa che scommette su un’economia pulita, sostenibile e di qualità».
Per Realacci anche l’Italia può svolgere un forte ruolo in quella che si annuncia come la grande battaglia politica, economica e ambientale globale dei prossimi anni: «Un’economia più a misura d’uomo che è già presente nel nostro Paese, purché non si guardi la realtà con gli occhi foderati dalla agenzie di rating. Basta vedere i dati forniti recentemente dal Rapporto GreenItaly di Fondazione Symbola e Unioncamere in base ai quali emerge che 385mila aziende italiane dal 2010, il 26,5% del totale, hanno investito in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Quelle stesse aziende innovano di più, esportano di più e creano più lavoro. Nel 2015, nel manifatturiero, il 46% delle imprese italiane che investono in tecnologie verdi esporta, contro il 27,7% delle imprese non investitrici; il 35,1% delle imprese green ha aumentato il fatturato a fronte del 21,8% delle altre; il 33,1% ha introdotto innovazioni, contro il 18,7% delle altre. Alla green economy si devono quasi tre milioni di posti di lavoro. 249.000 assunzioni fra green jobs in senso stretto e figure ibride con competenze green pari al 44,5% della domanda di lavoro non occasionale. Quota che sale fino al 66% nel settore ricerca e sviluppo. E’ questa l’Italia in grado di affrontare le sfide del futuro, un’Italia che fa l’Italia e che può essere esempio per l’Europa e per il mondo».
Se gli Usa si rinchiudono in un isolazionismo fossile, l’Europa non può far finta di non vedere che anche i colpi inferti dal cambiamento climatico sono responsabili delle guerre che hanno fatto nascere Stati falliti come Somalia, Siria e Yemen e che stanno dietro le turbolenze mediterranee e che non basteranno i muri di Trump per impedire ai milioni di profughi climatici di aggiungersi ai milioni di profughi dei conflitti che insanguinano il mondo. E un mondo in preda al disordine politico e climatico, un mondo assetato e affamato, inondato dal mare e sovrappopolato, spingerà centinaia di milioni di persone verso il muro messicano di Trump e verso le mortali frontiere marine e il filo spinato delle frontiere terrestri dell’Unione europea. .
Due mesi di Trump alla Casa Bianca hanno già distrutto un equilibrio difficilmente trovato in decine di anni di trattative e, anche senza farlo ufficialmente, rottamano i già modesti obiettivi dell’Accordo di Parigi per il 2025. La cosa grave è che questo pericolo per la vita e il benessere del pianeta venga dal suo più grande inquinatore che è anche il Paese più ricco e più potente del mondo. Senza gli Usa sarà difficil mantenere l’aumento del riscaldamento globale sotto livelli che potrebbero diventare catastrofici, ma è cmpito del resto del mondo provarci, per non farsi trascinare nel gorgo dell’impotenza.
Il rischio c’è, perché dversi Paesi che hanno seguito con riluttanza Obama sulla strada della lotta contro il cambiamento cliatico ora potrebbero nascondersi dietro il negazionismo climatico di Trump. Come ha scritto il Washington Post: «L’ordine esecutivo di Trump potrebbe incoraggiare altri paesi a recedere dai loro impegni: come il Brasile, un altro grande emettitore mondiale, soprattutto a causa della deforestazione».
Chi vuole che la Terra resti un pianeta vivibile, deve combattere le politiche climatiche ed economiche fossili di Donald Trump perché molto del futuro dell’umanità dipende da questo.