Acque minerali, dalla sorgente alla normativa Ue
[16 Aprile 2015]
Le “acque minerali naturali provenienti da un’unica sorgente” sono le acque provenienti da una o da più emergenze naturali o perforate, aventi origine nella medesima falda o giacimento sotterraneo, e che presentano caratteristiche identiche che si mantengono costanti per tutte tali emergenze naturali o perforate nell’ambito delle variazioni naturali.
E’ in questo modo che l’Avvocato generale Niilo Jääskinen suggerisce alla Corte di Giustizia europea di rispondere alla domanda sollevata dal giudice sloveno.
Una domanda che nasce all’intermo della controversia che vede contrapposte la società Hotel Sava Rogaška, gostinstvo, turizem in storitve, d.o.o. (Hsr) alla Repubblica di Slovenia riguardo al provvedimento con cui ha negato il riconoscimento della denominazione di “acqua minerale naturale” a favore dell’Hsr. Perché la stessa falda sotterranea alimenta due punti di emergenza, tra cui quello per il quale è stata assegnata una concessione di sfruttamento all’Hsr. L’acqua estratta dal secondo punto di emergenza è già stata riconosciuta in Slovenia con una specifica designazione ed è legalmente commercializzata come tale.
In tale contesto, il giudice chiede alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione del divieto – sancito all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2009/54 – in forza del quale è vietata la commercializzazione di “acque minerali naturali provenienti da un’unica sorgente” sotto più di una descrizione commerciale. Perché la direttiva del 2009 che disciplina la problematica del mercato delle acque minerali in bottiglia non contiene alcuna definizione della nozione di “sorgente”. Non contenendola la nozione può essere oggetto di interpretazioni diverse.
L’armonizzazione nel settore della commercializzazione dell’acqua in bottiglia è stata realizzata, nel mercato interno, attraverso un processo particolarmente lungo e complesso. Motivo di contrasto tra gli Stati membri era principalmente la nozione stessa di acqua minerale tanto che la direttiva volta ad armonizzare l’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali ha visto la luce soltanto nel 1980. La direttiva dell’80 verteva sull’utilizzazione e la commercializzazione di derrate destinate all’alimentazione umana e insisteva, in particolare, sulla necessità di proteggerle contro ogni pericolo di inquinamento, essendo in gioco la tutela della salute pubblica. D’altra parte, essa tutelava i diritti dei consumatori, garantendo loro, grazie all’imbottigliamento alla sorgente e a un idoneo dispositivo di chiusura, che il liquido conservasse le caratteristiche che ne avevano giustificato il riconoscimento come acqua minerale.
La direttiva odiernamente in vigore (2009/54) riprende quindi, per grandi linee, i medesimi orientamenti. Essa s’inserisce nel quadro del ravvicinamento delle legislazioni aventi per oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno nel settore dei prodotti alimentari. E persegue l’obiettivo prioritario di proteggere la salute del consumatore, evitare che i consumatori siano ingannati e assicurare la lealtà delle operazioni commerciali.
Tale obiettivo si riflette nella direttiva a più livelli. A livello della sua interferenza con l’obiettivo della libera circolazione delle acque minerali naturali: la direttiva impone l’emanazione di norme comuni per quanto concerne i requisiti necessari sotto il profilo microbiologico per permettere di qualificare un’acqua come acqua minerale naturale e un sistema di riconoscimento da parte dell’autorità responsabile di uno Stato membro di un’acqua conforme alle prescrizioni della direttiva. A livello della sua interferenza, con l’obiettivo della tutela della salute dei consumatori, la direttiva fissa requisiti attinenti all’indicazione della composizione analitica di un’acqua minerale naturale in linea con i requisiti generali di etichettatura. E stabilisce anche le misure d’urgenza volte a fronteggiare i rischi per la salute pubblica. Poi, andando a toccare l’obiettivo di assicurare la lealtà delle operazioni commerciali ed evitare che i consumatori siano ingannati la direttiva del 2009 insiste sull’identificazione della provenienza unica dell’acqua minerale, aspetto questo che trova espressione nel divieto.
È certamente vero che la problematica dell’acqua potabile, e dell’acqua in bottiglia in particolare, presenta una disciplina trasversale tanto che è regolata da numerosi atti. Tuttavia, secondo l’avvocato generale alla luce delle divergenze tra gli obiettivi e le materie disciplinati, la mancanza di una definizione normativa del termine “sorgente” nella direttiva del 2009 non può comunque comportare il ricorso incrociato alle definizioni presenti nella direttiva quadro acqua. Una tale scelta potrebbe integrare anche un errore di diritto.