Ambiente, stop dalla giurisprudenza al comitato che nasce in funzione della contestazione di singoli atti

[15 Marzo 2016]

I comitati e il singolo cittadino possono difendersi in giudizio contro atti lesivi dell’ambiente a certe condizioni. Il comitato quando dimostra di avere un collegamento stabile con il territorio, quando la sua attività si è protratta nel tempo e quando non nasce in funzione della impugnazione di singoli atti e provvedimenti. Mentre il cittadino può farlo quando è in stabile collegamento con il territorio, è vicino all’impianto per esempio di cogenerazione ed è portatore di interesse sostanziale.

Lo ricorda il Tribunale amministrativo della Basilicata (Tar) in riferimento al progetto di realizzazione di un impianto da biogas da biomasse nel Comune di Picerno. Un progetto contestato da un comitato nonché da alcuni cittadini, nella qualità di proprietari di fondi limitrofi a quello su cui nascerà il contestato impianto.

La giurisprudenza ha affermato che la legittimazione ad agire può essere riconosciuta non solo alle associazioni dotate di determinate caratteristiche, ma pure ai comitati spontanei che si costituiscono al preciso scopo di proteggere l’ambiente, la salute e la qualità della vita. Addirittura il Consiglio di Stato ha affermato che la legittimazione deve essere riconosciuta non soltanto alle associazioni e ai comitati stabili, “ma anche ai soggetti, da questi ultimi diversi, siano essi singoli o collettivi e, in quest’ultimo caso, sia che si tratti di meri comitati sorti spontaneamente al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su un circoscritto territorio, sia che si tratti di singole persone fisiche in posizione differenziata sulla base del criterio della vicinitas quale elemento qualificante dell’interesse a ricorrere”.

Quindi un comitato spontaneo è legittimato a impugnare provvedimenti ritenuti lesivi di interessi comuni solo se dimostra di avere un collegamento stabile con il territorio dove svolge l’attività di tutela degli interessi stessi, se la sua attività si è prolungata nel tempo e se, quindi, il comitato non nasce in funzione della contestazione di singoli atti. Se ciò non accade la legittimazione non esiste.

Anche il singolo cittadino, che intende agire in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo che ha effetti nell’ambiente in cui vive, ha l’obbligo di identificare il bene della vita che potrebbe essere pregiudicato. Deve dimostrare che rispetto ad esso si trova in una posizione differenziata tale da legittimarlo ad agire a sua difesa. Da qui il requisito della “vicinitas” in base al quale si è riconosciuta legittimazione ad agire dei soggetti che sono danneggiati dall’azione della pubblica amministrazione. Però la mera vicinanza, di per sé, non legittima il proprietario del fondo vicino ad agire in giudizio. E’ necessaria la prova del danno che il proprietario subisce dall’opera, anche con riguardo alla eventuale svalutazione delle loro aree, alla minore appetibilità delle stesse, alla salubrità dei siti.

La legittimazione a ricorrere nella materia ambientale si atteggia in modo particolare proprio perché il concetto di ambiente assume un carattere trasversale rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative. La tutela dell’ambiente non costituisce un autonomo settore d’intervento dei pubblici poteri e dunque assume il ruolo unificante, finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore dei diversi beni della vita che nell’ambiente si collocano.

Inoltre, l’ambiente è un bene pubblico non suscettibile di appropriazione individuale, è indivisibile, non attribuibile, unitario, multiforme. E ciò rende problematica la sua tutela soprattutto là dove il sistema giudiziario non conosce – se non quale eccezione – l’azione popolare e che guarda con sfavore la legittimazione di aggregazioni di individui che si facciano portatori occasionali di interessi esistenti allo stato diffuso.