Corte interamericana dei diritti dell’uomo: lo Stato colombiano responsabile dello sterminio dei militanti del partito di sinistra Unión Patriótica
Dopo 30 anni una sentenza storica che condanna la persecuzione politica attuata dai governi di destra
[31 Gennaio 2023]
La sentenza sul caso “Integrantes y Militantes de la Unión Patriótica Vs. Colombia” emessa dalla Corte Interamericana de Derechos Humanos (CIDH) è un durissimo atto di accusa contro i precedenti governi di destra della Colombia de contro gli alleati – Usa in testa – che hanno fatto finta di non vedere quel che stava accadendo, denotando un doppio standard rispetto ai diritti umani in America Latina che non sembrano valere per i militanti di sinistra. Attualmente l’UP fa parte del governo di sinistra del Pacto Histórico del presidente Gustavo Petro con con Jahel Quiroga che è che è anche una vittima e un sopravvissuto è oggi il Presidente della Comisión de Paz del Congreso colombiano. E’ stato proprio Quiroga, insieme ad Aida Avella ha dare il via a un processo iniziato negli anni ’90 presentando una dettagliatissima denuncia di fronte alla CIDH, ritenendo che non vi fossero garanzie nella giustizia colombiana. Dopo 30 anni è arrivata la sentenza, forse dovuta anche alla sconfitta nelle urne della destra colombiana.
La senatrice Sandra Ramírez di Comunes, ex combattente delle FARC-EP, ha commentato: «La Corte Interamericana de Derechos Humanos ha dichiarato lo Stato Colombiano responsabile del genocidio di più di 6mila militanti dell’Unión Patriótica. Questi crimini sono stati perpetrati da agenti dello Stato e da gruppi paramilitari».
La CIDH ha infatti dichiarato che «Lo Stato della Colombia è responsabile per le violazioni dei diritti umani commesse a danno di oltre seimila vittime, iscritti e militanti del partito politico dell’Unión Patriótica (UP), a partire dal 1984 e per più di vent’anni». Lo Stato colombiano ha parzialmente riconosciuto la sua responsabilità internazionale in questo caso e la Corte ha valutato questa posizione, «In quanto costituiva un contributo positivo allo sviluppo del processo, alla validità dei principi che ispirano la Convenzione e al soddisfacimento delle esigenze risarcitorie delle vittime», ma ha ritenuto che «Numerosi elementi rimanessero controversi in merito la determinazione del quadro fattuale, dell’universo delle vittime e delle violazioni».
La Corte ha ricordato che l’UP nasce il 28 maggio 1985 come risultato di un processo di pace tra il Segretariato Nazionale delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC) e il governo nazionale e che «In conseguenza della loro rapida ascesa nella politica nazionale e, soprattutto, in alcune regioni a tradizionale presenza guerrigliera, è emersa un’alleanza tra gruppi paramilitari, con settori della politica tradizionale, della forza pubblica e gruppi imprenditoriali, per contrastare l’ascesa dell’UP nell’arena politica. Da quel momento iniziarono gli atti di violenza contro gli iscritti, simpatizzanti e militanti dell’Unione Patriottica. La Corte ha potuto verificare che la violenza sistematica contro i membri e i militanti dell’Unión Patriótica, durata più di due decenni e estesa a quasi tutto il territorio colombiano, che si è manifestata attraverso atti di diversa natura, come, tra le altre cose, le sparizioni forzate, massacri, esecuzioni extragiudiziali e omicidi, minacce, attacchi, vari atti di stigmatizzazione, azioni penali improprie, torture, spostamenti forzati. Questi atti facevano parte di un sistematico piano di sterminio contro il partito politico dell’Unión Patriótica, i suoi membri e militanti, che contava sulla partecipazione di agenti statali, e con la tolleranza e l’acquiescenza delle autorità, costituendo un crimine contro l’umanità. A loro volta, le indagini su questi atti di violenza non sono state efficaci e sono state caratterizzate da elevati livelli di impunità che hanno operato come forme di tolleranza da parte delle autorità nei loro confronti».
Quanto alla responsabilità internazionale dello Stato colombiano, la Corte Interamericana de Derechos Humanos ha ritenuto che «Nel determinare l’attribuzione allo Stato dei fatti che violano gli obblighi internazionali, si sovrappongano forme di responsabilità diretta che derivano sia dalla partecipazione diretta di agenti statali che di attori non statali, nei diversi momenti degli atti di violenza contro i membri e i militanti dell’Unión Patriótica, nonché vari meccanismi di tolleranza, acquiescenza e collaborazione affinché avvenissero».
La Corte ha invece indicato la responsabilità dello Stato per la violazione dei diritti alla libertà di espressione, di associazione e politica a danno delle vittime a causa: «a) della loro attività politica ostacolata con violenza sia fisica che simbolica contro un partito che è stato descritto come un “nemico interno”; b) le azioni e le omissioni del dovere di protezione da parte dello Stato hanno creato un clima di vittimizzazione e stigma nei loro confronti; c) l’integrità fisica e psicologica dei membri e dei militanti dell’UP a causa della stigmatizzazione creata dalla loro appartenenza a detto gruppo politico, d) il ritiro dello status giuridico dell’Unión Patriótica, sebbene questa situazione sia stata successivamente corretta dal Consiglio di Stato.
Inoltre, i diritti al riconoscimento della personalità giuridica, alla vita, all’integrità personale, alla libertà personale, alla libertà di movimento e di soggiorno, i diritti del fanciullo e la Convenzione interamericana sulla sparizione forzata delle persone sono stati violati, mediante esecuzioni, sparizioni, torture, arresti arbitrari, minacce, vessazioni e sfollamenti nei confronti di membri e militanti dell’Unione Patriottica».
La Corte ha inoltre rilevato che «Il diritto all’onore e alla dignità è stato leso dalle dichiarazioni di pubblici ufficiali contro i membri ei militanti dell’Unione Patriottica. Lo Stato non solo non ha impedito attentati alla reputazione e all’onore delle presunte vittime, ma anche, attraverso i suoi funzionari, e in particolare le sue alte autorità, vi ha contribuito e partecipato direttamente, aggravando la situazione di vulnerabilità in cui si trovavano e generando un fattore per promuovere attacchi contro di loro».
Per quanto riguarda i diritti alle garanzie giudiziarie, alla tutela giurisdizionale e al dovere di indagare sugli atti di tortura, la Corte ha verificato che: «a) l’assenza di indagini e di persecuzione penale degli atti di violenza nei confronti dell’UP ha impedito, fino ad oggi, di svolgere un processo differenziato con analisi dell’impatto che queste violazioni hanno avuto sui diversi gruppi in situazioni di vulnerabilità; b) la maggior parte di questi atti di violenza riconosciuti non ha raggiunto una definizione giudiziaria entro un termine ragionevole, c) lo Stato ha violato il diritto alla verità come diritto autonomo».
Infine, la Corte ha ritenuto che «Lo Stato si sia reso responsabile di una violazione del diritto all’integrità personale in danno dei parenti prossimi delle vittime di sparizione forzata e di esecuzioni, che sono stati individuati dalla Commissione nell’elenco dei parenti prossimi di vittime».
In ragione delle violazioni dichiarate nella Sentenza, il Tribunale, composto da Elizabeth Odio Benito, Presidente (Costa Rica); Patricio Pazmiño Freire, Vicepresidente (Ecuador); Eduardo Ferrer Mac-Gregor Poisot, giudice (Messico); Eugenio Raúl Zaffaroni, Giudice (Argentina); e Ricardo C. Pérez Manrique, giudice (Uruguay), ha disposto diversi provvedimenti risarcitori: «a) avviare, promuovere, riaprire e proseguire, entro un termine non superiore a due anni, e concludere, entro un congruo termine e con la massima diligenza, indagini, in al fine di stabilire la verità dei fatti relativi a gravi violazioni dei diritti umani e determinare le responsabilità penali che potrebbero esistere, e rimuovere tutti gli ostacoli de facto e de jure che mantengono impuniti i fatti relativi a questo caso; b) effettuare una ricerca per determinare il luogo in cui si trovano le vittime scomparse il cui destino è ancora sconosciuto; c) fornire cure mediche, psicologiche, psichiatriche o psicosociali alle vittime che ne facciano richiesta; d) pubblicare e diffondere la presente Sentenza e la sua sintesi ufficiale; e) compiere un atto pubblico di riconoscimento della responsabilità internazionale; f) istituire una giornata nazionale in commemorazione delle vittime dell’Unión Patriótica e svolgere attività per la sua diffusione, anche nelle scuole pubbliche e nei collegi; g) erigere un monumento in memoria delle vittime e degli atti commessi contro gli iscritti, militanti e simpatizzanti dell’Unione Patriottica; h) collocare targhe in almeno cinque luoghi o spazi pubblici per commemorare le vittime; i) preparare e diffondere un documentario audiovisivo sulla violenza e la stigmatizzazione contro dell’Unión Patriótica; j) realizzare una campagna nazionale sui media pubblici al fine di sensibilizzare la società colombiana riguardo alla violenza, alla persecuzione e alla stigmatizzazione a cui sono stati sottoposti i leader, i militanti, i membri e i parenti dei membri dell’Unión Patriótica; k) tenere forum accademici in almeno cinque università pubbliche in diverse parti del Paese su argomenti relativi a questo caso; l) Fornire alla Corte un rapporto in cui concorda con le autorità dell’Unión Patriótica sugli aspetti da migliorare o rafforzare nei meccanismi di protezione esistenti e su come saranno implementati, al fine di garantire adeguatamente la sicurezza e la protezione dei leader, membri e militanti dell’Unión Patriótica, m) corrispondere le somme stabilite nella Sentenza per il risarcimento del danno patrimoniale e morale».
L’Up parla di «Giornata storica per il Paese, per le vittime del genocidio contro l’Unión Patriótica, perché non ci sia mai più un genocidio». Più di 300 vittime di questa persecuzione politica e poliziesca si erano riunite al Centro de Memoria, Paz y reconciliación di Bogotá per attendere l’esito del processo e saputolo, la segretaria generale dell’UP. Claudia Florez, ha detto emozionatissima:«E’ uno scontro di sentimenti. Tutta la tragedia che è stata subita per avere una coscienza diversa da quella che è stata imposta come modello e le tante persone rimaste lungo la strada, che sono morte, vittime di quel genocidio. Queste lacrime sono per la mia famiglia, vittima di quel genocidio».
Dagoberto Chamarra, della Corporación Reiniciar e dell’Unión Patriótica, che ha perso diversi suoi parenti nel genocidio politico, ha ricordato: «Siamo stati minacciati, sfollati e assassinati nel bel mezzo di questo conflitto politico di cui non avremmo mai dovuto essere vittime».
Il deputato Gabriel Becerra Yánez dell’Unión Patriótica e del Partido Comunista Colombiano, ha concluso: «E’ una decisione attesa da 30 anni che arriva a un punto definitivo e cioè che lo Stato colombiano è responsabile del genocidio dell’Unione patriottica. I settori che hanno difeso la verità e la vita, oggi speravano in questa sentenza. Ciò deriva dai diritti di riparazione che includeranno atti di memoria in modo che le generazioni future sappiano cosa è successo. In questo modo si crea un precedente che dovrebbe servire affinché mai più uno Stato, attraverso i suoi poteri, giustifichi l’eliminazione di un cittadino o di un collettivo, inclusi due candidati presidenziali, un gruppo di deputati, perché la pensavano diversamente».