L’abbruciamento di residui vegetali non è sanzionabile penalmente
[22 Gennaio 2015]
Il raggruppamento e l’abbruciamento di piccole quantità di materiale vegetale effettuate nel luogo di produzione non è sanzionato penalmente, neanche nel caso sia effettuato nei periodi di rischio per gli incendi boschivi indicati dalle Regioni.
Lo ricorda la Corte di Cassazione in riferimento alla sentenza del 2013 del Tribunale di Avellino. Il Tribunale ha ritenuto che non si dovesse parlare di attività di smaltimenti mediante incenerimento a terra, di scarti vegetali. In particolare, ha ritenuto che la cenere di legno proveniente dal bruciamento delle stoppie e degli altri residui vegetali può essere impiegata come concime, cosicché il bruciamento deve essere considerato un metodo naturale che consente di riutilizzare direttamente sul posto i residui derivanti dalla silvicoltura.
Ma di tale opinione non è stato il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino perché a suo avviso, l’incenerimento di residui vegetali sarebbe sanzionato penalmente a prescindere dalla quantità di rifiuti smaltiti illecitamente, perché essi sono qualificati come rifiuti speciali (dall’art. 184, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006). Richiama dunque una sentenza della Corte di Cassazione del 2008 secondo la quale l’utilizzazione delle ceneri come concime naturale non trova riscontro nelle tecniche di coltivazione attuali e i residui del incenerimento di rami tagliati non costituiscono materia prima secondaria, ma rifiuto.
Il Codice ambientale (Dlgs 152/2006 a più riprese modificato) prevede che non rientrino nel campo di applicazione della parte quarta del decreto la paglia, gli sfalci e potature, l’altro materiale agricolo forestale naturale non pericoloso utilizzato in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi e con metodi che non danneggiano l’ambiente ne mettono in pericolo la salute umana. E questa Corte, nel 2013, ha affermato – nell’interpretare la disposizione – che la combustione degli sfalci e dei residui di potatura rientra nella normale pratica agricola, con la conseguenza che i materiali in questione devono essere ritenuti esclusi dal novero dei rifiuti.
La modifica apportata con il decreto Competitività nel 2014 – così come modificato dalla legge di conversione – ha escluso per l’abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, l’applicazione delle sanzioni riguardanti la combustione illecita di rifiuti. Questo perché tali attività in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiore a 3 m steri per ettaro dei materiali vegetali effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti e non attività di gestione dei rifiuti.
In ogni caso, nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, il legislatore prevede che la combustione di residui vegetali agricoli e forestali sia sempre vietata e i comuni e le amministrazioni competenti in materia ambientale abbiano la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale in caso di condizioni sfavorevoli o rischi per l’incolumità e la salute umana.
Però, dalla formulazione della disposizione non emerge con chiarezza quale sia la sanzione per il suo mancato rispetto nel caso di combustione di residui vegetali nei periodi di massimo rischio o in violazioni dei limiti o dei divieti posti dalle amministrazioni territoriali. Non si fa riferimento a una disposizione sanzionatoria penale, bensì viene posto un generico divieto che può al più essere sanzionato come illecito amministrativo.