L’attività estrattiva? Per il Tar le regioni possono impedirla ai privati
[29 Maggio 2014]
La legge regionale può prevedere di autorizzare l’attività estrattiva solamente per la realizzazione di opere pubbliche. Di conseguenza può negare l’autorizzazione a una società privata alla quale non può essere attribuita la realizzazione di un’opera pubblica, neppure se funzionale al servizio pubblico.
Lo afferma il Tribunale amministrativo dell’Umbria – con sentenza 15 maggio 2014, n. 257 – in riferimento alla legge regionale umbra e al progetto di realizzazione di una cava di argilla nel Comune di Orvieto.
La vicenda ha inizio quando alla società proprietaria e gestore del polo impiantistico di Orvieto – attualmente destinato allo svolgimento del servizio pubblico di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilati prodotti dai Comuni dell’Ati n. 4 – viene negata dal Comune la richiesta di compatibilità urbanistica del progetto di realizzazione di una cava di argilla. Una richiesta fatta per il soddisfacimento del fabbisogno straordinario per la gestione della discarica in esercizio.
Ma negata per la mancanza del requisito soggettivo costituito dall’essere ente pubblico, od impresa appaltatrice. Infatti, secondo la legge regionale soltanto questi due soggetti sono legittimati a realizzare un’opera pubblica.
Cosa contestata dalla società secondo la quale il gestore del servizio pubblico è legittimato alla realizzazione di tutte le infrastrutture funzionali allo svolgimento del servizio che verrebbe precluso dal regolamento regionale umbro. Perché secondo la disciplina statale in materia di gestione integrata dei rifiuti i nuovi impianti possono anche essere realizzati direttamente dal soggetto affidatario del servizio.
La disciplina sulla gestione dei rifiuti è contenuta dal codice ambientale. Il codice nel disciplinare l’affidamento del servizio prevede che nuovi impianti siano realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, o mediante appalto pubblico, oppure mediante finanza di progetto. Ma oltre al fatto che si riferisce agli impianti direttamente destinati al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani nulla aggiunge in ordine alla qualificazione come pubblica dell’opera eseguita.
E sebbene nel disciplinare l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti affermi la necessità – al fine del rilascio dell’autorizzazione -della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, non qualifica in alcun modo come “pubblica” l’opera che si viene a realizzare, attributo strettamente connesso al regime proprietario della medesima.