Leggi regionali sulla Via, quali margini rispetto alle disposizioni europee e statali?
[29 Maggio 2013]
Eleonora Santucci
La disciplina relativa alla Valutazione di impatto ambientale (Via) rientra nell’ambito della materia di tutela ambientale di competenza esclusiva dello Stato. Quindi la regione è tenuta, nell’esercizio delle proprie competenze che interferiscano con la tutela dell’ambiente, a rispettare i livelli omogenei di tutela dell’ambiente posti dallo Stato, potendo però determinare una elevazione degli stessi ossia prevedendo limiti più restrittivi per una maggiore tutela ambientale. Comunque, sia la Regione deve “mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati dal Codice dell’ambiente”.
Lo afferma la Corte Costituzionale – con sentenza del 22 maggio 2013, n. 93 – dichiarando incostituzionale la legge delle Marche del 2012, n. 3 (Disciplina regionale della valutazione di impatto ambientale – Via) nella parte in cui non è conforme alla normativa europea e a quella nazionale, perché nell’individuare i criteri per identificare i progetti da sottoporre a Via regionale o provinciale e a verifica di assoggettabilità regionale o provinciale, non è previsto che si debba tener conto, caso per caso, di tutti i criteri indicati dalla direttiva Ue; perché non è previsto, nell’ambito della procedura di verifica di assoggettabilità a Via, per il proponente, l’obbligo di specificare tutte le informazioni prescritte dalla direttiva; perché prevede che il proponente del progetto possa provvedere alla pubblicazione dell’avviso a mezzo stampa dopo la presentazione della domanda stessa e non debba, invece, farlo contestualmente ad essa; perché, infine, sono esclusi dalle tipologie progettuali, relative alle attività di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma da sottoporre a verifica di assoggettabilità regionale, i rilievi geofisici, elementi previsti dal legislatore italiano.
La Via ha la funzione di individuare, descrivere e valutare gli effetti che un progetto privato o pubblico produce su una serie di fattori biotici (quali l’uomo, la flora e la fauna) e abiotici (quali il suolo, l’acqua, l’aria, il clima, il paesaggio, i beni materiali e il patrimonio culturale nonché sulle rispettive integrazioni), dove per progetto – alla luce della direttiva europea – si intende la realizzazione, sia di lavori di costruzione o di altri impianti od opere, sia di altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo. La direttiva europea sulla Via identifica (negli allegati I e II) le tipologie di progetti ritenuti idonei a generare un impatto ambientale importante o che possano rivelarsi tali, per le quali quindi si riveli la necessità della sottoposizione a Via o, comunque, di una verifica relativa alla loro assoggettabilità a Via.
Ai fini della conformità dell’ordinamento interno agli obblighi Ue in materia di Via, ciò che rileva non è il recepimento letterale della definizione di progetto contenuta nella disposizione della direttiva, quanto piuttosto che di tutte le tipologie di progetti contemplate negli allegati I e II della direttiva sia assicurata, da parte degli Stati membri, l’effettiva sottoposizione alla procedura vera o propria o alla verifica di assoggettabilità.
Tanto che in tale prospettiva, la definizione di progetto della legge Marche – in quanto generale ed astratta – risulta compatibile con la definizione comunitaria, nella parte in cui, qualificando come “progetto” l’”insieme di elaborati tecnici concernenti la realizzazione di impianti opere o interventi”, implicitamente include, nel generico riferimento agli interventi, sia la realizzazione di lavori di costruzione, riconducibili alle opere, che quella di interventi sull’ambiente naturale e sul paesaggio.