Piani ambientali, i requisiti della partecipazione del pubblico: una sentenza europea
[8 Novembre 2013]
Quando si applica la disciplina europea che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale? Visto che la trasposizione delle disposizioni nel diretto interno degli Stati avrebbe dovuto avvenire entro il 25 giugno 2005, le disposizioni nazionali adottate a tal fine dovrebbero applicarsi ai procedimenti amministrativi di autorizzazione iniziati prima del 25 giugno 2005 qualora essi abbiano comportato il rilascio di un’autorizzazione successivamente a tale data.
Lo afferma la Corte di Giustizia europea – con sentenza di ieri – chiamata in causa dal giudice tedesco nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Gemeinde Altrip (comune d’Altrip), la società di diritto civile Gebrüder Hört GbR e il sig. Schneider e, dall’altro, il Land Rheinland‑Pfalz (Land della Renania‑Palatinato). Una controversia riguardante la decisione di approvazione di un progetto di costruzione di un bacino di ritenzione delle acque alluvionali in un’antica pianura alluvionale del Reno di oltre 320 ettari.
I proprietari e i gestori dei terreni nell’area dell’opera hanno contestato la decisione di approvazione da parte dell’autorità regionale del progetto, facendo valere l’insufficienza della valutazione ambientale (Via) che l’ha preceduta. Il ricorso, però, è stato respinto, prima dal Tribunale amministrativo e successivamente dall’Oberverwaltungsgericht Rheinland‑Pfalz (Tribunale amministrativo superiore del Land della Renania‑Palatinato). Quest’ultimo ha ritenuto che i proprietari e i gestori dei terreni (ricorrenti) non avessero un diritto di ricorso in quanto, non potevano far valere l’irregolarità della Via in un procedimento amministrativo iniziato prima del 25 giugno 2005. Ma i ricorrenti non si sono arresi e hanno presentato un ricorso dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale), il quale si chiede se l’interpretazione della legge tedesca – nella parte in cui essa esclude l’applicazione di quest’ultima ai procedimenti amministrativi iniziati prima del 25 giugno 2005 anche qualora le decisioni derivanti da siffatti procedimenti siano state adottate, come nella fattispecie, successivamente a tale data – sia conforme alla direttiva 2003/35.
La direttiva del 2003 – che prevede la partecipazione del pubblico e l’accesso alla giustizia in materia ambientale – ha come obiettivo quello di contribuire all’attuazione degli obblighi derivanti dalla convenzione di Aarhus, in particolare migliorando la partecipazione del pubblico e prevedendo disposizioni sull’accesso alla giustizia. In tale contesto gli Stati membri sono tenuti a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizione europee, disposizioni che dovevano essere prese entro il 25 giugno 2005.
Quindi gli Stati sono tenuti a provvedere, nel quadro del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché il pubblico interessato abbia accesso alla giustizia. Dove per pubblico si intende coloro che
hanno un interesse sufficiente o, in alternativa che fanno valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto. E dove per accesso alla giustizia si intende la possibilità di avere accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dall’Ue.
Il legislatore europeo nel prevedere che le decisioni, gli atti o le omissioni debbano poter costituire oggetto di ricorso giurisdizionale per contestarne la legittimità sostanziale o procedurale, non ha in alcun modo limitato i motivi che possono essere invocati a sostegno dal ricorso. Di conseguenza le disposizioni nazionali di trasposizione non possono limitare la loro applicabilità al solo caso in cui la contestazione della legittimità si basi sul motivo relativo all’omissione della Via. Escludere tale applicabilità in caso di irregolarità, anche gravi, di una Via priverebbe le disposizioni alla partecipazione del pubblico di gran parte del loro effetto utile e sarebbe contraria all’obiettivo volto a garantire un ampio accesso agli organi giurisdizionali.
Agli Stati membri, comunque è attribuito il compito di stabilire cosa costituisca violazione di un diritto. Però i criteri che essi determinano a tal fine non possono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto che è conferme allo scopo di contribuire alla salvaguardia, alla protezione e al miglioramento della qualità ambientale e alla tutela della salute umana.
Quindi, la violazione di un diritto può essere esclusa solo qualora, alla luce del criterio di causalità, l’autorità giurisdizionale o l’organo siano in grado di ritenere, che la decisione contestata non sarebbe stata diversa senza il vizio di procedura richiamato dal richiedente.
Nell’ambito di tale valutazione, spetta all’autorità giurisdizionale o all’organo interessati tener conto del grado di gravità del vizio fatto valere e verificare in particolare se esso abbia privato il pubblico interessato di una delle garanzie istituite, al fine di consentirgli di accedere all’informazione e di essere autorizzato a partecipare al processo decisionale.