Scarti animali ed encefalopatia spongiforme bovina (Bse), il ruolo delle regioni
[14 Aprile 2015]
La Regione non può istituire un tributo per i soggetti che gestiscono impianti di pre-trattamento e di trattamento di scarti animali a rischio specifico di encefalopatia spongiforme bovina (Bse), perché non ne ha la competenza.
Lo ricorda la Corte Costituzionale – con sentenza n. 58 – che dichiara incostituzionale la legge della Regione Piemonte (Norme per la gestione dei rifiuti) attraverso il quale la Regione ha previsto il tributo gravante sul presupposto dello svolgimento di attività rientrante nella gestione dei rifiuti, per i soggetti che gestiscono impianti di pre-trattamento e di trattamento di scarti animali tali quali ad alto rischio e a rischio specifico di encefalopatia spongiforme bovina (Bse).
La questione è stata sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Cuneo che, dubitando della legittimità costituzionale della legge Regionale sostiene che la norma sia invasiva delle competenze statali e si ponga in contrasto con i parametri costituzionali.
Gli scarti animali ricadono nella nozione di rifiuto, così come definita dal decreto legislativo 152/2006 (in così detto Codice ambientale): “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. A meno che non siano qualificati come sottoprodotti. In questo caso gli scarti di origine animale sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti e sottoposti alla disciplina contenuta nel regolamento europeo recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano (1774/2002).
Però, in ogni altro caso in cui il produttore intenda destinarli allo smaltimento, essi restano sottoposti alla disciplina sui rifiuti, vertendo il regolamento comunitario solo sui profili sanitari e di polizia veterinaria. La stessa giurisprudenza penale ha più volte rimarcato come, fra la disciplina comunitaria del 2002 e la disciplina nazionale in materia di rifiuti, esista un rapporto di complementarità e non di specialità, se non limitatamente ai rifiuti di origine animale qualificabili come sottoprodotti.
Comunque, è escluso che alla categoria dei sottoprodotti (i cui caratteri essenziali, consistono nell’originare la sostanza da un processo di produzione di cui non costituisce scopo primario e nella certezza, al momento della sua produzione, della sua riutilizzazione senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale) appartengano gli scarti animali ad alto rischio e a rischio specifico di Bse che debbano essere necessariamente inceneriti o “coinceneriti”.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte, la disciplina dei rifiuti è riconducibile alla “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, di competenza esclusiva statale (ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.) anche se interferisce con altri interessi e competenze. E’ riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali. La disciplina statale costituisce – anche in attuazione degli obblighi comunitari – un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza. Tutto ciò per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino.
In questo caso la disciplina unitaria rimessa in via esclusiva allo Stato è diretta allo scopo di individuare un quadro regolativo uniforme degli incentivi e disincentivi inevitabilmente collegati alla imposizione fiscale. Un quadro che tiene conto dell’influenza dispiegata dal tributo sulle scelte economiche di investimento e finanziamento delle imprese operanti nel settore dei rifiuti e della loro attitudine a ripercuotersi sugli equilibri ambientali.