Schulz: «Non possiamo né dobbiamo “esternalizzare” i nostri problemi alla Turchia»
La miscela disoccupazione - profughi alimenta l’incendio intorno al quale balla la destra europea
[18 Marzo 2016]
Rivolgendosi ai capi di Stato e di governo europei all’inizio del vertice Ue del 17-18 marzo dedicato alla crisi migratoria e alle priorità economiche, il presidente del Parlamento europeo, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz percorso di adesione, ha avvertito che «il percorso di adesione (della Tuchia all’Ue, ndr) e la crisi dei rifugiati devono essere affrontati separatamente» e ha aggiunto che «La Turchia non avrà sconti per quanto riguarda la libertà dei mezzi d’informazione e la protezione delle minoranze, la separazione dei poteri e lo Stato di diritto».
Tutto giusto, se non che le libertà e la protezione delle minoranze che Schulz invoca per la Turchia di Erdogan sono messi a rischio anche in Paesi europei governati dalle destre come la Polonia e l’Ungheria e che il loro esempio viene seguito, seppure su alcune questioni, anche da qualche premier socialdemocratico come Schulz.
Schulz sembra sposare la linea del nostro presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’Ue e la Turchia sono partner fondamentali: «Abbiamo bisogno di collaborare e non di dipendere dalla Turchia. Non possiamo né dobbiamo “esternalizzare” i nostri problemi alla Turchia». Ma dietro i grandi principi c’è un’ancor più grande prudenza e il Parlamento europeo presieduto da Schulz sui rimpatri verso la Turchia e il reinsediamento nell’Ue dei profughi «non giunge a conclusioni affrettate ma attende piuttosto di poter esaminare i dettagli dell’accordo». Gli eurodeputati vogliono sapere «in che misura, precisamente, la Turchia rispetta le condizioni definite nella nostra legislazione affinché la Grecia possa dichiararla un “paese terzo sicuro”».
Schulz ha anche sottolineato che «L’accordo raggiunto con la Turchia non potrà mai sostituire una vera politica dell’Ue in materia di migrazione e asilo» e ha chiesto «una revisione delle norme esistenti e l’istituzione di una guardia costiera e di frontiera europea, come proposto dalla Commissione europea».
Il presidente del Parlamento europeo ha esortato gli Stati membri ad «accelerare il trasferimento dei rifugiati dalla Grecia ai loro Paesi per aiutare le migliaia di persone che vivono in condizioni terribili, al confine con la Fyrom», cioè la Macedonia ex yugoslava. Ma qui disperati ammassati ala frontiera tutto vogliono meno che tornare in un Paese in guerra come la Siria o l’Afghanistan o essere rispediti in Turchia, soprattutto i kurdi che sono scappati dalla guerra scatenata dal regime di Erdogan contro la popolazione kurda.
Ma Schulz sa bene che il flusso ininterrotto di profughi e rifugiati che arriva in Grecia e che cerca di sfondare i confini macedoni è nulla rispetto ai milioni di profughi interni siriani e ai rifugiati che vivono negli immensi campi allestiti dall’Onu e dalle organizzazioni umanitarie in Medio Oriente, per questo ha ricordato che «è necessario un maggiore sostegno a Giordania e Libano, che insieme ospitano 2,9 milioni di profughi: Una dimostrazione di generosità e di umanità! Tuttavia, entrambi i paesi hanno ormai raggiunto il limite». Se si aprisse una nuova falla nei due piccoli Paesi arabi e se la repressione turca in Kurdistan aumentasse, l’Unione europea potrebbe trovarsi a far fronte ad un’ondata di profughi che farebbe impallidire quella attuale.
Ma Schulz ha concluso ricordando che anche l’Europa ha i suoi problemi: «Sebbene la crisi migratoria sia sempre più pressante, il ruolo dell’economia rimane essenziale. Il rilancio dell’occupazione e della crescita dev’essere una delle nostre priorità. L’economia europea sta ripartendo lentamente e la disoccupazione è rimasta ancora elevata».
La miscela di impoverimento e disoccupazione in Europa e dei profughi sta alimentando l’incendio intorno al quale ballano le varie tribù della destra populista europea e per estinguere il quale la grande coalizione tra conservatori, liberali e socialdemocratici europei non sembra avere l’estintore giusto, dato che quello neoliberista sembra ormai scarico.